L'oracolo di Melfi

Così Marchionne mette sotto esame il sistema Italia

Redazione

Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha risposto a stretto giro alla lettera dei tre operai dello stabilimento di Melfi, licenziati dalla Fiat con l'accusa di aver sabotato la linea di montaggio e per i quali il giudice del Lavoro ha chiesto il reintegro. Ha parlato proprio di “mancata reintegrazione”, Napolitano, poi di “gravissimo episodio”, ha detto di comprendere gli operai che ritengono “lesivo della dignità” il fatto di essere pagati senza lavorare.

    Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha risposto a stretto giro alla lettera dei tre operai dello stabilimento di Melfi, licenziati dalla Fiat con l'accusa di aver sabotato la linea di montaggio e per i quali il giudice del Lavoro ha chiesto il reintegro. Ha parlato proprio di “mancata reintegrazione”, Napolitano, poi di “gravissimo episodio”, ha detto di comprendere gli operai che ritengono “lesivo della dignità” il fatto di essere pagati senza lavorare. Infine però si è rimesso all'autorità giudiziaria e ha auspicato “un confronto pacato e serio su questioni di grande rilievo come quelle del futuro dell'attività della maggiore azienda manifatturiera italiana”.

    Lo stesso futuro, in definitiva, che sta più a cuore a Sergio Marchionne; al punto che secondo alcuni osservatori la vertenza di Melfi può essere considerata uno degli ultimi test cui l'ad del Lingotto sta sottoponendo il paese prima di decidere sul definitivo rilancio dell'azienda in Italia. “Il caso dei tre operai dell'impianto della Basilicata non avrebbe peso se non fosse stato preceduto dal caso Pomigliano”, dice al Foglio Giuseppe Berta, storico e a lungo responsabile dell'archivio storico Fiat: “Marchionne è tornato a testare il nostro sistema, non solo quello delle relazioni sindacali, ma più complessivamente il modello giuridico-istituzionale italiano”. E l'esame come sta andando? “Per ora la situazione getta ombre su Fabbrica Italia”. Ovvero sul piano di rafforzamento dell'azienda nel nostro paese: “Ma Melfi non è l'ultima spiaggia – dice Berta – In Fiat si valuterà l'accoglienza di Marchionne al Meeting di Rimini, poi soprattutto l'eventuale pioggia di ricorsi una volta che partirà la newco di Pomigliano”.

    Certo che se a Torino, o meglio a Detroit, qualcuno dovesse decidere in base ai “sostegni esterni” sondati in queste ore, non c'è da stare tranquilli. La Cgil ha parlato di “inaccettabile prevaricazione”, ma poi, senza bisogno di arrivare al pronunciamento di Napolitano, anche Cisl e Uil hanno rimproverato al Lingotto di inseguire la Fiom sul terreno delle provocazioni; l'opposizione ha fatto capire di non riconoscere più l'idolo riformista venuto dal Canada; pure il governo, per bocca del ministro dei Trasporti, Altero Matteoli, non è parso del tutto simpatetico: “Il nostro è uno stato di diritto, le sentenze vanno rispettate”. Il tutto mentre Marchionne continua a sottolineare il feeling con Washington, fanno notare in Confindustria (che oggi prenderà posizione sulla vertenza). Insomma, Melfi è la goccia che farà traboccare Fiat fuori dai confini? “I lavori di ristrutturazione di Pomigliano sono già partiti. Torino ha confermato l'intenzione di restare e investire”, rassicura Giuseppe Farina, segretario di Fim Cisl. Che tuttavia ammette come “il test da parte di Marchionne è ancora in corso, anche perché sulla stabilità dei rapporti sindacali Fiat non ha ottenuto piene garanzie”. Le otterrà? “Sì, con l'accordo di settembre sul contratto auto. Ma se segue Fiom sullo scontro politico, è impossibile”.