Il teologo-commercialista, ultima novità del moralismo italiano
Alice era piena di fantasia, esplorava mondi, voleva l'impossibile e lo trovava nel nonsense; in quel Paese delle Meraviglie che è per lui la militanza etico-politica, abbracciata di fresco con la collaborazione a Repubblica, Vito Mancuso è diventato un contabile della propria coscienza, che misura e quantifica sul piano morale con il tassametro fiscale della Mondadori. Già che c'è contabilizza anche le coscienze degli altri, da Citati a Scalfari.
Alice era piena di fantasia, esplorava mondi, voleva l'impossibile e lo trovava nel nonsense; in quel Paese delle Meraviglie che è per lui la militanza etico-politica, abbracciata di fresco con la collaborazione a Repubblica, Vito Mancuso è diventato un contabile della propria coscienza, che misura e quantifica sul piano morale con il tassametro fiscale della Mondadori. Già che c'è contabilizza anche le coscienze degli altri, da Citati a Scalfari, comprendendoli in un appello obliquo a rivoltarsi contro un editore che dice di amare, in nome della battaglia contro un politico che non dice mai di odiare, ma legittimamente detesta.
Spero che Citati o altri, una volta registrati nella partita doppia dell'etica ragionieristica mancusiana, vogliano spiegare al volenteroso tributarista e teologo dove sta non si dica la sapienza del mondo, ma almeno il common sense, amico del nonsense e dell'ironia e inimicissimo dei sillogismi sghembi e dei paralogismi morali considerati in tutta la loro tetraggine. Uno può certo disfarsi di un editore perché regola a modo suo una vecchia partita fiscale, approfittando di uno dei milioni di conflitti di interessi che sono il sale del mercato, del credito bancario, dell'industria manifatturiera, del mondo cooperativo: ma è sicuro Mancuso di ritrovarsi un'anima amministrativamente impeccabile nell'Università per cui lavora, capoluogo morale di un vasto sistema commerciale e sanitario il cui scopo precipuo è far vivere 120 anni almeno Berlusconi, il premier mandato all'Italia dalla Provvidenza secondo il datore di lavoro universitario del professor Mancuso, il sempre da lodare don Verzè?
Possibile che un uomo così intelligente, e buon scrittore, non capisca gli elementi fondamentali di un'etica che intenda essere credibile, dunque universale come i suoi imperativi? Ma su un altro piano nemmeno sospetti del fatto che, come diceva Hume, “le regole della morale non sono le conclusioni della nostra ragione”? Uno scrittore può ben porsi un aut aut, ma deve stare attento a farlo valere sempre, deve essere sicuro che il suo giudizio di coscienza non vale in un caso per poi restare senza effetti in un altro caso contiguo. Gli intellettuali, i professori, i pubblicisti non sono monaci, non hanno un microcosmo da coltivare con le mani del corpo e dello spirito, hanno davanti a sé il mondo reale, ci vivono e lo migliorano quando riescano a definire un'adesione alla norma estetica e morale, pratica e di ragione, con gli strumenti loro propri: il pensiero, la scrittura, la diffusione e circolazione delle idee. Il teologo-commercialista è una figura assolutamente nuova nel panorama morale italiano, ma ecco, c'è anche quella.
Mancuso si domandi che cosa facciano nella vita coloro che si occupano di far tornare i bilanci, di difendere le aziende dall'invadenza fiscale dello stato, di negoziare diritti e doveri del contribuente e applicare al meglio le leggi e le altre norme pubbliche.
E vedrà che fanno il loro sporco mestiere, come il teologo che si occupa dell'anima e dei novissimi, come lo scrittore o il critico, l'attore e il musicista e il pittore. Gli italiani, secondo gli ultimi dati, sono quelli che pagano più tasse al mondo. La società è figura complessa, non riducibile alle pulsioni di giustizia di un'anima in equivoca pena. Che dovrebbe, per corripondere ai propri istinti settari, isolarsi dal mondo sedendo su un trespolo o cercandosi una grotta, ché il mondo reale è tutto un po' sporco e bisognoso di redenzione, mica la sola Mondadori.


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