“Macché centrale del malaffare”

La versione di Denis

Redazione

Tra i rilievi formulati dalla Banca d'Italia sul Credito cooperativo fiorentino (Ccf) e le accuse velenose mosse da alcuni giornali – secondo i quali la banca sarebbe stata trasformata addirittura in una “centrale del malaffare” –, la differenza non è poca. Denis Verdini, coordinatore del Pdl ed ex presidente dell'istituto di credito oggi commissariato, ci tiene a farlo notare subito.

    Tra i rilievi formulati dalla Banca d'Italia sul Credito cooperativo fiorentino (Ccf) e le accuse velenose mosse da alcuni giornali – secondo i quali la banca sarebbe stata trasformata addirittura in una “centrale del malaffare” –, la differenza non è poca. Denis Verdini, coordinatore del Pdl ed ex presidente dell'istituto di credito oggi commissariato, ci tiene a farlo notare subito: “Le cartelline con i rilievi della Vigilanza rappresentano solo l'inizio di un procedimento amministrativo al quale risponderemo puntualmente e adeguatamente. Anche a voler leggere con malevolenza queste prime osservazioni di Bankitalia, esse comunque smontano tanti titoli velenosi sparati in questi giorni dalla stampa antiberlusconiana”. Ma andiamo con ordine. Verdini fa un primo esempio: “Per quanto riguarda la ricapitalizzazione del Giornale di Toscana, nel documento sottoscritto dal governatore Mario Draghi si parla esattamente degli 800 mila euro cui avevo accennato apertamente in conferenza stampa.

    Il documento di Bankitalia quindi spazza via tutte le illazioni e le cifre iperboliche sparate per mesi e mesi dai soliti giornali militanti”. Ma al di là delle questioni di merito, Verdini sottolinea anche una questione di metodo. “Le verifiche dell'Autorità di vigilanza riguardano ciclicamente tutti gli istituti. E proprio per la natura particolare dell'attività bancaria, estremamente sensibile a timori e incertezze da parte dei clienti, in Banca d'Italia si è sempre fatto affidamento su una nobile tradizione: la riservatezza. Stavolta però il segreto, come in certe procure, non è stato mantenuto e le agenzie stampa hanno diffuso ampi brani della delibera: fa parte anche questo della campagna mediatico-giudiziaria?”. Verdini non ha dubbi: “I giornali che mi attaccano dimenticano artatamente di dire che le osservazioni di Bankitalia non rappresentano né una verità né una sentenza, tanto è vero che molti di quei rilievi dovranno fare i conti con la documentazione che andremo a presentare”.

    La dirigenza del Ccf avrà 30 giorni di tempo, a partire dalla data di notifica, per replicare. Dopodiché starà alla Vigilanza decidere e comminare eventuali sanzioni. Nel rapporto degli ispettori, per esempio, si parla di “gravi carenze” degli organi aziendali, con “totale accentramento di poteri”  nelle mani dell'allora presidente. Cosa ne pensa Verdini? Non accetta di sentirsi definito “padre-padrone” e punta il dito sui risultati di lungo termine ottenuti da tutta la dirigenza, “inclusi il consiglio d'amministrazione, sempre presente” e  all'interno del quale si sono avvicendati sia membri storici che new entry, e “il collegio sindacale, al suo posto da 14 anni, oltre alle diverse direzioni che si sono succedute nel tempo”.

    Sempre secondo la Banca d'Italia, il Credito cooperativo avrebbe perso terreno. Ma Verdini contesta anche questa considerazione: “Quando sono arrivato, nel 1990, il Ccf aveva 3,5 milioni di euro di capitale e 2 milioni di perdite; la raccolta del risparmio era inferiore a 40 milioni di euro, gli impieghi pari a 15 milioni e vi era una sola filiale”. Venti anni dopo, la banca “ha sette filiali, 450 milioni di raccolta diretta, impieghi per 400 milioni. Il patrimonio inoltre è passato a 57 milioni di euro e 20 milioni di fondi”. Verdini comunque ribadisce che quelle di Banca d'Italia sono “valutazioni”, per correggere le quali dal Ccf arriverà “una gran mole di dati e informazioni”. Nessun motivo di allarme, dunque. Anche perché non si tratta della prima ispezione nell'istituto fiorentino: “Ce ne sono state per esempio nel 2002 e nel 2006. Fu sollevato già allora il mio attivismo nel ruolo di presidente, ma non soltanto in chiave negativa. E comunque quattro anni fa non vi fu alcuna sanzione”.

    Legittimo chiedersi, pertanto, cosa abbia spinto i tenici di Bankitalia a mutare opinione. Qui entra in gioco il contestato “conflitto d'interessi”. “Potenziale conflitto d'interessi, di questo parla la Banca d'Italia”, precisa subito Verdini. All'ex presidente si fa carico di avere “omesso di fornire piena informativa sulla sussistenza di propri interessi potenzialmente in conflitto con quelli della banca, per affidamenti complessivamente ammontanti a 60,5 milioni”. In particolare si tratterebbe di finanziamenti concessi dal Ccf all'imprenditore Riccardo Fusi, con il quale lo stesso Verdini sarebbe stato in affari. Secondo il coordinatore del Pdl, però, quel conflitto di interessi non è mai esistito: “Nel 2005 ho fondato una società, la Parved, e pensai di acquistare una quota della società Una Hotel & Resort Spa (Gruppo Fusi). Poi ho cambiato idea. Posso essere colpevole di non avere fornito informazioni su un affare che avevo pensato di intraprendere ma che poi non ho portato a termine?”. Quanto alla presunta concentrazione degli impieghi, ovvero il fatto che pochi clienti siano destinatari di una quota significativa dei finanziamenti – nel caso in specie ci si riferisce soprattutto ai prestiti concessi alla Btp di Riccardo Fusi – l'ex presidente del Credito cooperativo nota innanzitutto che “la Btp è una grande azienda nel settore edilizio e immobiliare, da anni cliente del Ccf.

    Inoltre i fidi alla Btp e alle sue controllate erano all'origine finanziamenti destinati a singole imprese separate giuridicamente;  in un secondo momento, quando il gruppo si è trovato in difficoltà, è venuta la richiesta di iscrivere tutta la massa debitoria alla sola Btp e così la ‘concentrazione' degli impieghi è aumentata, ma solo da un punto di vista contabile. Questo tuttavia non vale solo per il Ccf: la Btp ha rapporti con 55 banche italiane e un'esposizione globale di 900 milioni di euro”. Da considerare inoltre – e di questo è consapevole anche Bankitalia –  che la crisi economica ha aggravato in tutto il mondo “le difficoltà del settore immobiliare, quello in cui opera prevalentemente la mia banca”, osserva Verdini. In ogni caso, “i crediti accordati sono stati in massima parte concessi a fronte di garanzie reali, cioè ipoteche”.
    Tra le contestazioni vi è anche quella di non aver fatto abbastanza in materia di antiriciclaggio: “Il capitolo in proposito è breve e generico. Posso dire che siamo stati una delle banche che – in proporzione alla nostra dimensione – ha fatto più segnalazioni in materia. Le operazioni ritenute   ‘sospette' dagli ispettori sono cinque su migliaia che sono state esaminate. Pure su questo farò chiarezza, anche nell'interesse della banca e dei risparmiatori”.