Anche a sinistra del Pd il voto fa paura (sull'onda di Flores D'Arcais)

Marianna Rizzini

Un Silvio Berlusconi con maggioranza pericolante e con legislatura accorciatissima: sembrava essere il sogno della sinistra che sta a sinistra del Pd, l'obiettivo delle piazze viola, dei vaffa-day e dei presidi anticasta e antiCav. (almeno a giudicare dagli slogan e dalle facce pronte all'osanna al solo sentire nominare Gianfranco Fini). E invece, nel day after del voto parlamentare che ha fatto intravedere la prossima nascita di un terzo polo, si scopre che nella sinistra a sinistra del Pd l'ipotesi elezioni non entusiasma.

    Un Silvio Berlusconi con maggioranza pericolante e con legislatura accorciatissima: sembrava essere il sogno della sinistra che sta a sinistra del Pd, l'obiettivo delle piazze viola, dei vaffa-day e dei presidi anticasta e antiCav. (almeno a giudicare dagli slogan e dalle facce pronte all'osanna al solo sentire nominare Gianfranco Fini). E invece, nel day after del voto parlamentare che ha fatto intravedere la prossima nascita di un terzo polo (Concita De Gregorio sull'Unità lo chiama “balena”, in omaggio e in spregio alla vecchia Dc), si scopre che nella sinistra a sinistra del Pd, nonostante Antonio Di Pietro insista sul “voto subito”, l'ipotesi elezioni non entusiasma, e anzi spaventa almeno quanto spaventa il Pd (accusato però a sinistra di codardia e abulia). Sarà forse che Fini, finora un eroe per l'antiberlusconismo militante, improvvisamente viene visto come competitor elettorale, assieme alla suddetta “balena”. Sarà che tra Nichi Vendola, Antonio Di Pietro e Beppe Grillo l'elettore finora attirato dal “dàgli al Caimano” rischia di confondersi e finire preda di altre sirene. Fatto sta che gli analisti d'area e i frequentatori dei blog di settore si mostrano perplessi all'idea dell'urna facile.

    Paolo Flores D'Arcais, dalle colonne del Fatto Quotidiano, lanciava ieri un appello a Vendola e a Di Pietro. Titolo: “Per un governo di salute pubblica”. Contenuto: “Con un governo Berlusconi dimissionario ma in carica per ‘l'ordinaria amministrazione', le elezioni sarebbero democratiche? Io credo di no”, scrive Flores. Segue paginata per suggerire l'idea di uno stop per procedere alla conquista delle “condizioni perché le elezioni non siano una truffa”: “Restituzione al pluralismo dell'etere televisivo… legge elettorale… legge sul conflitto d'interessi”. Il tutto per ribadire l'idea che le elezioni subito siano un orizzonte non auspicabile: “Limitarsi a dire ‘elezioni'… a me sembra comporti assenza e sudditanza… pagheremo per una generazione”, dice Flores, prefigurando cosa accadrebbe se Berlusconi “vincesse di nuovo”. Completa il quadro l'editoriale di Furio Colombo, sempre sul Fatto: “Silvio Berlusconi è debole. Ma tutti gli altri sono più deboli… Separati o insieme… sono più deboli… Nonostante i numeri”. Scenario reso ancor più fosco dal formarsi di quella che Colombo descrive come una “folla centrista che blocca il vicolo” (figurarsi se al suo lettore viene voglia di votare).

    Elezioni subito, meglio di no: sul blog di Antonio Di Pietro, su quello di Beppe Grillo e sul sito dello stesso Fatto molti autori di post si schierano sulla linea Flores D'Arcais. Il signor Vanni M. scrive: “Con questa legge mi sembra non sia possibile ottenere un Parlamento rappresentativo… inoltre se la gestione delle elezioni viene lasciata all'attuale governo” è facile “che le rivinca”. Tom J. pensa che “per levarsi definitivamente dalle palle” il premier “bisogna farlo governare”. Marco A. vede l'opposizione “come un'armata brancaleone verso la catastrofe” e Tommaso N. dice “niente elezioni per ora, sarebbe una follia…”. Più analitico, Carlo R. commenta: “Berlusconi sa di poter contare sulla sua potenza mediatica… il Pd è in crollo verticale, Idv, Vendola e Movimento cinque stelle si scannano a vicenda. Bossi probabilmente prenderebbe ancora più voti… La fine dell'Italia è sempre più vicina”. Paolo F. rincara: “Se andiamo alle elezioni con questi partiti dell'opposizione, così disorganizzati e privi di una visione politica di ampio respiro, incapaci di guardare al di là del proprio orticello elettorale, il Pdl e la Lega, con tutti i loro piccoli, ma preziosi alleati vinceranno nuovamente e allora per altri cinque anni continueremo a piangerci addosso invocando un leader di statura internazionale”. Ma è la metafora letterario-esistenziale del signor Fabio G. a tradire vero terrore dell'urna: “Meglio tenerci Berlusconi, che ormai abbiamo imparato a conoscerlo, e prima o poi impareremo anche a sconfiggerlo, che cambiare gattopardescamente per rimanere sempre allo stesso punto”.

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.