Come può risollevarsi il Cav.?/ 3
Cambi registro, dal comico al tragico
L'unica scelta che gli resta è tentare il salto dal registro comico (commedia umana) al registro tragico (solitudine e follia del tiranno): se desse anche soltanto un segno di ricredersi e scendere a patti, mediare, correggersi, inibirsi, allora la sua immagine crollerebbe. Il principe tornerebbe nei panni del rospo. Il populismo non è calcolo razionale, negoziazione politica, senso del limite, ma potenza delle superstizioni, arbitrio e idolatria.
di Alberto Abruzzese
L'unica scelta che gli resta è tentare il salto dal registro comico (commedia umana) al registro tragico (solitudine e follia del tiranno): se desse anche soltanto un segno di ricredersi e scendere a patti, mediare, correggersi, inibirsi, allora la sua immagine crollerebbe. Il principe tornerebbe nei panni del rospo. Il populismo non è calcolo razionale, negoziazione politica, senso del limite, ma potenza delle superstizioni, arbitrio e idolatria. Incanto. Dunque Berlusconi può ancora fare solo se stesso: se si salva di nuovo, durerà quel poco o tanto che potrà durare una democrazia avvilita, mortificata, estinta.
Se perde, c'è il rischio che possa nominare la sua fine all'insegna catastrofica del “muoia Sansone con tutti i filistei”. Di fatto, ora possiamo dire che per lui – di fronte al logorio dei suoi rapporti con molti tra i suoi stessi compagni di cordata, e grazie al meglio e al peggio delle nostre tradizioni e tecnicalità politiche – si sta facendo impossibile quello che gli è stato più congeniale sin nella culla dei suoi primi deliri di potenza: fare il sovrano assoluto, garantendosi ministri e clientele fedeli che lo proteggessero e conservassero intoccabile (e lasciassero intangibili le sue ricchezze materiali e immateriali, insieme ai modi per ottenerle), ovviamente in cambio del consenso popolare da loro ottenuto e sfruttato grazie alla sua istintiva somiglianza con la plebe dei sudditi. Ma nel momento in cui riconoscesse i punti di difficoltà, cadrebbe ancor più nella rete delle tecnicalità politiche, che sono la sua morte.
La situazione è piuttosto tragica, per lui e per il paese, ma non può che andare avanti così. Berlusconi è un grande creatore di consenso, ma il consenso è solo la premessa su cui fare politica e Berlusconi non può scendere a patti con la realtà. La domanda da porsi di fronte all'irreversibile destino che Berlusconi incarna è allora questa: c'è qualcosa che si salva davvero con la sua morte ovvero con il suo necessario suicidio? C'è – e vorrei tanto che qualcuno mi rispondesse affermativamente – un leader, un partito, un movimento, un ceto, una cultura, una situazione, un insieme di relazioni che sappiano cosa fare “a babbo morto”? Lo spirito democratico, così a lungo vilipeso, pensa di rinascere solo perché il suo nemico pubblico – il suo fantasma, il suo perturbante – si è fatto fuori da solo? E il corpo martoriato della politica crede che la scelta giusta sia rinascere come era prima di avere in Berlusconi un ottimo alibi per dirsi vivo e sano?
di Alberto Abruzzese - sociologo e saggista, è ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi e direttore dell'Istituto di comunicazione all'Università Iulm di Milano


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