Che noia la pancia di Adriano

Ridateci il calciomercato estivo di una volta, quello dei bidoni da sogno

Rio Paladoro

C'era una volta il calciomercato estivo. Che coi suoi bidoni, le sue promesse presto sfiorite, faceva sognare gli italiani. Li teneva incollati il 15 di agosto davanti a Juve A-Juve B, la classica di Villar Perosa, con Gianni Agnelli a bordo campo a gustare i primi (e unici) gol di Ian Rush, il gallese coi baffi. Britannico come Joseph (detto Joe) Jordan, “lo squalo” lo chiamavano i tifosi del Manchester United perché non aveva i due incisivi superiori. Arrivò al Milan nel 1981. Vinse la Mitropa Cup.

    C'era una volta il calciomercato estivo. Che coi suoi bidoni, le sue promesse presto sfiorite, faceva sognare gli italiani. Li teneva incollati il 15 di agosto davanti a Juve A-Juve B, la classica di Villar Perosa, con Gianni Agnelli a bordo campo a gustare i primi (e unici) gol di Ian Rush, il gallese coi baffi. Britannico come Joseph (detto Joe) Jordan, “lo squalo” lo chiamavano i tifosi del Manchester United perché non aveva i due incisivi superiori. Arrivò al Milan nel 1981. Vinse la Mitropa Cup. Segnò un gran gol in un derby di coppa Italia e altri memorabili di mano (la sua specialità). Appena dieci, venti anni fa. Altri tempi. Un'altra Italia. Il calcio d'agosto era il termometro del paese. L'onda lunga degli anni Ottanta: tanti soldi sperperati con gioia e senza sensi di colpa.

    E' il 1985 quando la Juve gioca la finale di Coppa Intercontinentale contro l'Argentinos Juniors. Claudio Daniel Borghi ammalia tutti. Anche Silvio Berlusconi che guarda la partita in tv. Al Milan Borghi gioca il Mundialito per club (un'invenzione di Canale 5). Davanti a un San Siro strapieno incanta con la rabona (una sua invenzione). E poi? Niente più. Sacchi lo scarta. Meglio di lui c'è un certo Ruud Gullit. Parli dell'Argentinos Juniors e non puoi non pensare a Maradona. Non Diego, ma il fratellino sfortunato: Hugo Hernan.

    E' il 1985 quando Diego minaccia Ferlaino: o dai i soldi all'Ascoli per prendere Hugo o me ne vado. Ferlaino obbedisce. E un altro piccolo bidone arriva in Italia. Le cronache dell'epoca sono fin troppo buone: “Il baby Maradona si è installato in un appartamento con un'amica napoletana. Ha diciotto anni, la faccia imberbe, una tecnica semi-squisita che sciorina al debutto ma nessuna voglia di soffrire”. Il popolo viola soffre ancora, se gli si fanno due nomi: Edmundo e Dertycia. Il primo è “un atleta dalla forza bestiale”. “O animal” lo chiamano. Una forza che – lo si capirà presto – sa usare solo in patria, a Rio, quando c'è da scatenarsi durante il Carnevale. Dertycia venne accolto dalla stampa italiana con i soliti entusiasmi: “In campo è una belva. Ha il naso da pugile, le guance scavate, i riccioli tempestosi. Le sue baruffe fanno epoca”. Poi più niente. Panchina e ancora panchina. Fino all'approdo in Perù dove si dice abbia chiuso la carriera, prima al Temuco e poi al Coopsol.

    Sono pochi i tifosi capaci di soffrire come quelli del Torino. La sfiga li perseguita. Ma loro continuano a crederci. Ci credettero anche quando vendettero Antonino Asta (che era in Nazionale) e presero Magallanes, definito dal presidente Romero “un mix tra George Best e Gigi Meroni”. Meglio non dire che fine ha fatto. Non contenti, quelli del Toro, comprarono per 18 miliardi (di lire) Franco Ramallo detto “Franco”. L'operazione la condusse Sandro Mazzola (quello che Costanzo e Galeazzi vogliono presidente della Figc). Si accorse troppo tardi che non prese il vero Ramallo. Ma un suo omonimo. Leggermente più scarso. Leggermente.

    Parlare di Renato Portaluppi (detto Renato) e delle sue promesse di scudetto non ha più senso da quando nella Roma ha giocato Fabio Junior, detto “Fabietto”. “E' più forte di Ronaldo e Romario messi assieme” dicevano le radio della Capitale. Bastarono pochi minuti per capire tutto: palla lunga per Fabietto che si trova isolato nella tre quarti avversaria. Lo “stop and go” è talmente tanto “go” e poco “stop” che la palla finisce trenta metri più in là, nelle braccia del portiere. Accetterà la “sfida” della serie B tedesca, per poi finire in Israele. Ci vorrebbero dieci pagine per parlare di tutti: Mark Hateley detto “Attila”, Jorge Caraballo (da “nuovo Schiaffino” a tassista), Carlos Bianchezi che di Evair non aveva nulla, Ivan De La Pena, Luther Blissett, Darko Pancev, Vampeta, Gustavo Javier Bartelt (quello che venne preferito a Trezeguet). Ci vorrebbero fiumi d'inchiostro ma oramai non ha più senso. Tutto questo non c'è più. Oggi non c'è più nulla se non le pance improponibili di brasiliani già visti. Ronaldinho resta a vita, Adriano sta dimagrendo… Troppo poco per sognare.