Stato, segreto e servitori
Sono ormai numerosi i casi di inchieste giudiziarie e di condanne che colpiscono servitori dello stato impegnati in attività delicate e complesse, operazioni di intelligence svolte sotto copertura per combattere il terrorismo internazionale, la criminalità organizzata, lo spaccio di stupefacenti o altre tipologie di reato che è difficile, se non impossibile, perseguire secondo le normali procedure. Si tratta di un fenomeno diverso da quello delle iniziative giudiziarie ispirate da interessi politici e rivolte direttamente a esponenti dei partiti o dei governi.
Sono ormai numerosi i casi di inchieste giudiziarie e di condanne che colpiscono servitori dello stato impegnati in attività delicate e complesse, operazioni di intelligence svolte sotto copertura per combattere il terrorismo internazionale, la criminalità organizzata, lo spaccio di stupefacenti o altre tipologie di reato che è difficile, se non impossibile, perseguire secondo le normali procedure. Si tratta di un fenomeno diverso da quello delle iniziative giudiziarie ispirate da interessi politici e rivolte direttamente a esponenti dei partiti o dei governi. Qui si tratta di un ordine dello stato che non riconosce ad altri organismi, anch'essi dello stato, il diritto di operare ai margini della legge per perseguire i loro scopi istituzionali.
Indipendentemente dall'analisi dei casi specifici, come quello di Siracusa di cui trattiamo in questo numero del Foglio, quel che colpisce è la mutazione sistemica. Operazioni delicate si sono sempre svolte nella storia italiana, a cominciare, per citarne una celebre, da quella che portò alla cattura di Salvatore Giuliano, condotta come ha scritto Emanuele Macaluso, d'intesa con le cosche mafiose. In seguito il patto con il terrorismo palestinese, cui veniva consentito di far attraversare il nostro territorio con carichi di armi purché non si ripetessero attentati come quello di Fiumicino, sarebbe stato impossibile senza una sostanziale connivenza della magistratura, che perfino quando furono trovati carichi di missili si voltò dall'altra parte. La decisione di Bettino Craxi di impedire alle forze Nato di fermare un terrorista, letta con le lenti della magistratura attuale, avrebbe portato all'incriminazione del premier almeno per favoreggiamento.
La vendetta, invece, fu politica, non giudiziaria, e non si può certo dire che la magistratura avesse un occhio di riguardo per il leader socialista. Fino ad allora, reggeva l'idea di un interesse prevalente dello stato, che veniva perseguito da organismi diversi anche con metodi non impeccabili. Poi, forse per l'egemonia culturale acquisita dalle teorie del “doppio stato”, forse per la convinzione che si è diffusa nella magistratura di essere l'unico presidio della legalità e della sicurezza, è cambiato tutto. I servizi di sicurezza non sono più sicuri, l'Arma non è più benemerita, chi ha catturato Totò Riina non è più un eroe, lo stesso segreto di stato è considerato un abuso politico e non un presidio di sicurezza. E' una nuova Costituzione materiale e fa davvero paura.


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