Italia-Nuova Zelanda 1-1
L'Italia è un romanzo brutto. Speriamo che almeno il finale sia dignitoso
Quando Cannavaro s'inventa uno degli interventi meno commentabili della storia recente della difesa calcistica, si capisce che l'Italia è in campo è la caricatura di se stessa, una squadra in grado di far paura alla Nuova Zelanda con qualche tiro da fuori, un palo e poco altro. Il resto è parte del grande romanzo dell'Italia di Lippi del dopo Germania.
Quando Cannavaro s'inventa uno degli interventi meno commentabili della storia recente della difesa calcistica, si capisce che l'Italia è in campo è la caricatura di se stessa, una squadra in grado di far paura alla Nuova Zelanda con qualche tiro da fuori, un palo e poco altro. Il resto è parte del grande romanzo dell'Italia di Lippi del dopo Germania, un romanzo brutto che ha ancora coltiva qualche misera speranza di una fine almeno dignitosa, visto che l'happy ending è cosa dura da credere.
Dopo il solito modulo con l'unica punta – Gilardino, l'unico attaccante che rimane a ciuffo asciutto anche sotto la pioggia – Lippi torna al più ragionevole 4-4-2 con Iaquinta che dovrebbe essere finalmente a suo agio nel ruolo naturale. Invece a suo agio non sembra, come nessun altro in quest'Italia che in campo non c'è, e se c'è non si vede. Gli azzurri partono piano – e la cosa potrebbe essere anche tollerabile – e finiscono piano, il che preoccupa di più.
E non è soltanto il problema di Montolivo che non detta i tempi, De Rossi che sbaglia una quantità di appoggi da far rabbrividire un Gattuso, Marchisio che non è mai nell'azione, Pepe che non dà quella carica vista nella mediocrità generalizzata della prima partita; in campo non c'è traccia di grinta e cuore, nessuna lucidità e il benché minimo indizio di quella cosa indefinibile che rende undici giocatori una squadra. Magari una squadra che ha una coppa da difendere. Nulla di tutto questo si vede fra i titolari e chi entra invece di ribaltare l'inerzia, imbolsisce ancora di più il gioco. Di Natale sbaglia cose che non sbagliava dai tempi delle scuole medie; Camoranesi è quello a cui ci siamo abituati in tempi recenti; Pazzini sgomita nella difesa neozelandese, ma non c'è molto da fare.
Giustificarsi con l'argomento che il gol di Smeltz è in fuorigioco è come sputare sul rigore gentilmente concesso per il fallo su De Rossi e realizzato da Iaquinta. La morale è che la squadra dell'oratorio della Nuova Zelanda ruba poco, ci mette della sostanza e verso la fine arriva a tanto così da fare il colpaccio. Certo, non è mica il Pizzighettone – direbbe De Rossi – però i campioni del mondo dovrebbero far passare agli ragazzi neozelandesi novanta minuti così brutti da convincerli tutti a darsi al rugby.


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