Girotondo sul Tremonti-lib

La norma rivoluzionaria del ganzo Giulio: tutto è libero se non è vietato

Marco Valerio Lo Prete

“Tutto è libero tranne ciò che è vietato dalla legge penale o europea”. Applichiamo questa norma “rivoluzionaria” in Italia, magari “per due o tre anni”, e ridiamo così al paese “l'effetto spinta necessario per rimetterci in pista nella globalizzazione”. L'idea è del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, racchiusa nelle ultime righe di una lunga intervista rilasciata ieri al Corriere della Sera. Una semplice boutade o piuttosto il tentativo di riguadagnare terreno?

    “Tutto è libero tranne ciò che è vietato dalla legge penale o europea”. Applichiamo questa norma “rivoluzionaria” in Italia, magari “per due o tre anni”, e ridiamo così al paese “l'effetto spinta necessario per rimetterci in pista nella globalizzazione”. L'idea è del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, racchiusa nelle ultime righe di una lunga intervista rilasciata ieri al Corriere della Sera. Una semplice boutade o piuttosto il tentativo di riguadagnare terreno rispetto agli scatti in avanti degli “sviluppisti” Mario Draghi ed Emma Marcegaglia? Acqua gettata sui bollenti spiriti pro crescita della maggioranza o invece un inaspettato ritorno alle origini?

    Perché l'idea della vacanza regolatoria era già contenuta,
    nel 1997, in un libro del ministro dal titolo chiaro: “Lo Stato criminogeno”. Quattordici anni dopo, la ricetta non pare superata: “Sarebbe più potente di una qualunque ‘lenzuolata' di liberalizzazioni”, dice al Foglio Alberto Mingardi, direttore generale dell'Istituto Bruno Leoni, “anche perché affronterebbe il vero grande problema italiano ed europeo: l'eccesso di regolamentazione pretestuoso e inutile”. E' pur vero che dal lancio di quello che Tremonti allora definì “un atto di accusa allo stato giacobino che tutto vorrebbe controllare”, di tempo ne è passato: “Però oggi queste parole vengono pur sempre da un ministro – aggiunge Mingardi – senza dimenticare che per la prima volta Tremonti torna a parlare di liberalizzazioni, di imprese e di crescita”. Proibire poco, solo nel caso ci sia il rischio di arrecare danni a terzi.

    Suona così bene alle orecchie di un liberale, da non sembrare possibile: “E' la classica battuta di una persona a corto di idee”, commenta a caldo Michele Boldrin, docente alla Washington University di St. Louis e autore di un'irriverente disamina – in ottica liberista – del pensiero tremontiano, “Tremonti, istruzioni per il disuso”. Poi aggiunge: “Evitiamo semplificazioni: dopo l'entrata in vigore di questa ‘norma', saremmo liberi di parcheggiare in quinta fila? Per il sistema legislativo che ci ritroviamo, se Tremonti intende veramente perseguire un'agenda liberale inizi semplificando o abolendo procedure amministrative”. “Davanti a noi c'è ancora la lunga strada del sacrificio – dice Marco Fortis, economista e vicepresidente della Fondazione Edison – ma se è vero che di crescita ne vedremo ben poca nei prossimi anni, è giusta anche la convinzione che in Italia si debbano tagliare lacci e lacciuoli”

    D'altronde l'idea di fondo del ministro dell'Economia,
    formule immaginifiche a parte, sembra essere proprio questa: “La macchina politica statale – scriveva infatti in ‘Lo Stato criminogeno' – assorbe o spreca una quantità di ‘energia' economica superiore a quella che produce”. Concetto simile a quello ribadito di recente da Tremonti a proposito della riforma fiscale: non basta abbassare il “carico fiscale”, occorre sfoltire anche gli “adempimenti fiscali”. Vero, osservano gli analisti, considerato che la Banca mondiale stima che in Italia un'azienda impiega 334 ore l'anno per adempiere ai propri obblighi fiscali a fronte delle 105 ore necessarie nel Regno Unito.

    “Un tema caro a Tremonti”, nota un accademico
    che in passato fu stretto collaboratore del ministro: “E' il portato della sua esperienza professionale come avvocato tributarista e come politico, oltre che il frutto delle sue letture illuministiche”. Ma affinché tutto quello che non è vietato sia consentito, Tremonti ritiene sia necessario un diverso assetto istituzionale e quindi una legge di modifica costituzionale della quale intende “essere tra i firmatari”. “L'idea di fondo, per un liberale, non può che essere condivisibile – dice al Foglio Giuseppe Di Gaspare, ordinario di Diritto dell'economia alla Luiss – ma prima bisognerebbe passare da un sistema ad alto tasso di legislazione orientato al legislatore (come quello italiano) a un sistema a basso tasso di legislazione orientato al giudice”. Come avviene negli Stati Uniti, “l'esercizio dell'iniziativa economica si risolverebbe, giuridicamente, entro lo schema lecito/illecito: se non ci sono potenziali danneggiati, il comportamento è giuridicamente corretto”. E' evidente che così “i costi e i tempi dell'iniziativa economica si abbasserebbero rispetto al nostro modello centrato su una valutazione più complicata da fare, quella interna allo schema legittimo/illegittimo. Ovviamente c'è molto lavoro da fare”.