Il tendine rotto e l'improbabile ritorno in campo
Lo sparo a tradimento che ha riportato Beckham nel mondo degli umani
Uno sparo patafisico che arriva a tradimento, da chissà quale mondo. Questo è il tendine d'Achille che si rompe. Un fattaccio. Horror puro. A voler fissare l'onomatopea, si avvicina più al “clac” che al “crac”, il suono fesso di una cinghia che si strappa di netto. Arriva e ti fulmina. In un baleno, da quell'ossesso cacciatore di palloni, eccoti trasformato nella marionetta spezzata di un teatrino in liquidazione. Se la cosa ti succede in un campo di calcio, che tu sia un fuoriclasse o un dopolavorista, la prima cosa che fai d'istinto è guardarti alle spalle per giustiziare la carogna che ti è entrata a piedi uniti.
Uno sparo patafisico che arriva a tradimento, da chissà quale mondo. Questo è il tendine d'Achille che si rompe. Un fattaccio. Horror puro. A voler fissare l'onomatopea, si avvicina più al “clac” che al “crac”, il suono fesso di una cinghia che si strappa di netto. Arriva e ti fulmina. In un baleno, da quell'ossesso cacciatore di palloni, eccoti trasformato nella marionetta spezzata di un teatrino in liquidazione. Se la cosa ti succede in un campo di calcio, che tu sia un fuoriclasse o un dopolavorista, la prima cosa che fai d'istinto è guardarti alle spalle per giustiziare la carogna che ti è entrata a piedi uniti. Quando realizzi che non c'è nessuno, che il più vicino a te è a cinque metri, l'imprecazione ti muore in gola, la tua faccia assetata di sangue diventa la smorfia di un animale ferito, spaesato e spaventato. Era la smorfia di David Beckham, domenica sera a San Siro.
La domenica del suo calvario. Faccia che buttava sangue, prima ancora che buttare lacrime. Sfregiata dalla tacchettata di un tale che non per caso si chiama Pinzi. Beckham incassava il colpo, si rialzava e riprendeva a fare il suo mestiere, senza battere ciglio. Come fa un vero inglese cresciuto in un sobborgo popolare di Londra, anche se nel frattempo ha trasferito le sue natiche milionarie in un villone con otto domestici di Beverly Hills. Era solo un Beckham, quello in versione Scarface, stranamente frenetico. Invasato. Come se lo sfregio lo avesse incattivito. O spacciato. Quell'inglese in fregola stava correndo addosso al suo destino.
Riguardatela la scena. Spettacolo puro, in due atti. Atto primo, come si squaglia in mondovisione una statua di puro glamour. Il ragazzo sente lo sparo, esita, si guarda intorno, non capisce, fa per riprendere il suo mestiere. Non può. Non è più lui. E' un'altra cosa, dopo quel “clac” stereofonico. Atto secondo, il pudore nel suo manifestarsi. Che meraviglia. La sua fuga dal campo, la morbosità delle telecamere. L'icona planetaria, già sfregiata e ora azzoppata, si capisce, vorrebbe sparire da San Siro, piuttosto che esporre in diretta televisiva il suo corpo umiliato. C'è sempre un tendine di mezzo, quando si tratta di un invulnerabile, vulnerabilissimo semidio.
Non si accascia a terra come fanno tutti, David, come ho fatto anch'io a mio tempo, come avrebbe fatto chiunque. Non potendo rifugiarsi in una tenda amica o farsi inghiottire dalla terra, si lancia nell'impresa più struggente. Prende a saltellare come un passerotto ferito, su una sola zampa, dissimulando quanto poteva, come fanno i bambini dignitosi che non vogliono schiamazzi compassionevoli attorno a loro. Peggio di un passerotto ferito, un uomo solo in mutande. Mai così lontano dal fashionista tutto balocchi e profumi che compra da Bulgari, veste Burberry, posa Armani e fa colpo sulle donne, incluse le indiane e le giapponesi, che s'ispirano al suo ultimo taglio di capelli per pettinarsi il pube. Arriva saltellando fino a bordo campo, dove l'erba sta per finire e comincia il mondo degli umani, quello dove non è scandalo mostrarsi per quello che si è, dove scoppiare finalmente in lacrime, consolato da chiunque, dall'ultimo dei barellieri, anche se non è la Spice Girl e non somiglia a Tom Cruise ma a Massimo Boldi. E sta lì anche per spiegargli, se solo avesse le parole per farlo, che quei venti metri percorsi da uccello sciancato, sono l'apice della sua storia. Fatti straordinari che di solito non accadono nella stupida vita delle icone. Addio Sudafrica. Addio e basta. Non tornerà più a giocare a pallone, Beckham. Non credeteci. A 35 anni non si torna e anche se torni non sei più quello di prima. Quello prima dello sparo.


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