Money League/9

Il Manchester United ha già battuto il Milan (nella sfida dei debiti)

Francesco Caremani

Mentre si gioca il ritorno degli ottavi di finale di Champions League e nel momento in cui si celebrano i ricavi dei primi venti club europei, il football del Vecchio Continente pare essersi dimenticato il pozzo di debiti che gravita come una pesante zavorra sul suo presente e sul suo futuro, a parte quei pochi fortunati che possono contare su magnati pronti a ricapitalizzare, ogni dodici mesi, per evitare il fallimento. L'esempio più eclatante è quello del Chelsea: gli 821 milioni di euro di debiti sono stati azzerati da Roman Abramovich che li ha trasformati in azioni oggi da lui detenute.

    Mentre si gioca il ritorno degli ottavi di finale di Champions League e nel momento in cui si celebrano i ricavi dei primi venti club europei, il football del Vecchio Continente pare essersi dimenticato il pozzo di debiti che gravita come una pesante zavorra sul suo presente e sul suo futuro, a parte quei pochi fortunati che possono contare su magnati pronti a ricapitalizzare, ogni dodici mesi, per evitare il fallimento.

    L'esempio più eclatante è quello del Chelsea: gli 821 milioni di euro di debiti sono stati azzerati da Roman Abramovich che li ha trasformati in azioni oggi da lui detenute. Operazione che ha fatto diventare i Blues virtuosi relegando i rivali del Manchester United al primo posto della classifica dei club più indebitati d'Europa (fonte sporteconomy.it) con 770 milioni di euro. La situazione dei Red Devils è grave ma non seria, tanto che il proprietario statunitense, Malcolm Glazer, ha emesso obbligazioni da 50.000 sterline con una rendita annua del 7 PER CENTO, sperando che i giocatori e i tifosi facessero a cazzotti per acquistarle e ripianare il debito del club. Una mossa che gli ha permesso di toccare con mano l'attaccamento alla maglia dei calciatori e l'odio che i tifosi di Manchester nutrono per lui. Nel 2005 è diventato proprietario dello United grazie a un leveraged buy-out (operazione che permette di entrare nella compagine sociale non solo attraverso capitale sociale, ma anche tramite indebitamento finanziario) da 790 milioni di sterline. Il club è meno indebitato rispetto a cinque anni fa, ma insieme ai 770 milioni di euro ce ne sono quasi 76 d'interessi annui. La cessione di Cristiano Ronaldo per 94 milioni è stata solamente la prima mossa di mercato dettata dal bilancio, seguita dal mancato riscatto di Tevez e dalla rinuncia all'asta per Karim Benzema, finito anche lui al Real Madrid. Pare che il prossimo sarà Wayne Rooney e le ultime indiscrezioni parlano della possibile vendita del centro sportivo di Carrington e, addirittura, dell'Old Trafford, un affronto che i tifosi non possono accettare.

    L'unica cosa che non è in vendita è proprio il Manchester United, nonostante un gruppo di notabili della City, ribattezzato Red Knights (Cavalieri rossi), stia mettendo a punto l'offerta di un miliardo di sterline, sostenuti dalla potente Manchester United Supporters Trust che da tempo sventola striscioni contro Glazer.
    Nella classifica europea dei debiti buon secondo è il Real Madrid, 563 milioni di euro, da poco esaltato per i 401,4 milioni di fatturato (fonte Deloitte), seguito dai cugini dell'Atletico, 510, dal Valencia, 500, e dal Barcellona, 438 milioni di euro. Dati che sottolineano un forte indebitamento del calcio spagnolo nonostante la forza delle vittorie, dell'appeal, degli stadi, del merchandising e dei diritti televisivi. Al sesto posto c'è l'Inter con 395 milioni, al settimo il Milan con 390, poi Arsenal, 354, e Liverpool, 334.

    A ben guardare la graduatoria ben sei club si stanno giocando l'accesso ai quarti di finale di Champions League e di questi quasi tutti potrebbero aspirare a vincerla, mentre gli altri tre saranno presto impegnati negli ottavi dell'Europa League con identiche prospettive. Ma c'è di più: nelle ultime dieci stagioni otto volte hanno vinto la Champions, cosa che evidentemente non basta per rimanere sulla cresta dell'onda e diminuire il debito, anzi pare proprio che per continuare a vincere serva indebitarsi, creando così un meccanismo vizioso, che è stato brillantemente definito: "Un mondo di follia contabile". L'analisi sui fatturati della Deloitte ha sottolineato come la crescita degli stessi nell'ultima stagione sia stata solo dello 0,67 per cento contro il 6 di quella precedente.

    In entrambe le classifiche e nelle analisi più approfondite emerge il gap del calcio nostrano, con poche eccezioni. Attualmente il debito delle venti squadre di serie A è pari a 1.881,72 milioni di euro, con l'Inter che da sola rappresenta il 22,9% della fetta indigesta. Il patrimonio netto del nostro massimo campionato è di 302 milioni e, a parte Juventus, Fiorentina e poche altre, è troppo poco per fare fronte all'indebitamento finanziario. C'è chi si salva con i diritti televisivi, la Juve è terza in Europa per ricavi da questa singola voce, chi grazie alla continua ricapitalizzazione: è il caso dell'Inter che nell'ultimo bilancio aveva un patrimonio negativo di 28,32 milioni di euro e che senza Moratti fallirebbe. Con il Milan rappresentano il 42,2 per cento del debito di tutta la serie A.

    Naturalmente il problema più grande sono gli stadi, ma tutti questi grandi imprenditori di calcio e non solo aspettano l'assegnazione di Euro 2016 e gli aiuti statali. Per di più, è appena ripartita la Champions e, fantozzianamente, ci siederemo ancora una volta a tifare davanti alla televisione; in fondo, Manchester a parte, ai tifosi che gliene frega del debito!?