Il soccorso mondiale è l'ultimo rito per scongiurare che Haiti scompaia come Atlantide
C'è un punto di non ritorno per uno stato debole come Haiti? Esiste un'offesa suprema dell'uomo o della natura oltre la quale non si torna e non si hanno le forze per risollevarsi più, dopo 34 colpi di stato in due secoli, intrapresi nel mezzo del corridoio di mare battuto dagli uragani tropicali più violenti? Ieri la mezza isola di Haiti distrutta dal terremoto di tre giorni fa ha visto il prodigio: un'invasione pacifica dei soccorsi internazionali guidata al suo meglio dall'America.
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C'è un punto di non ritorno per uno stato debole come Haiti? Esiste un'offesa suprema dell'uomo o della natura oltre la quale non si torna e non si hanno le forze per risollevarsi più, dopo 34 colpi di stato in due secoli, intrapresi nel mezzo del corridoio di mare battuto dagli uragani tropicali più violenti? Ieri la mezza isola di Haiti distrutta dal terremoto di tre giorni fa ha visto il prodigio: un'invasione pacifica dei soccorsi internazionali guidata al suo meglio dall'America.
Duemila marine e altri tremilacinquecento soldati della 82 divisione aerotrasportata mandati dal presidente Barack Obama per aiutare – “è diventata la nostra priorità assoluta e ne ho informato la mia Amministrazione”, ha detto – , due aerei cargo già atterrati a Port-au-Prince con squadre di esperti per capire che situazione c'è sul terreno e guidare meglio gli altri soccorsi in arrivo, una squadra delle forze speciali dell'aeronautica che ha preso possesso dell'aeroporto disastrato, l'ha rimesso in funzione, l'ha fatto diventare il cuore dell'organizzazione dei primi aiuti e ora dirige il traffico aereo. Seguono navi da guerra, elicotteri, una portaerei. Persino la base di Guantanamo bay è stata dichiarata disponibile per accogliere feriti scampati alla catastrofe: si tratterebbe di una clamorosa conversione – anche se temporanea – a scopi pacifici della base che è il simbolo oscuro della guerra americana contro i terroristi. Ma forse è soltanto un annuncio lasciato cadere con sapienza a Washington e che poi non avrà seguito, perché Gitmo è vicina ma non è attrezzata per i grandi numeri.
All'aeroporto di Port-au-Prince è arrivato anche il Falcon italiano con gli uomini della Protezione civile, della Farnesina e della Croce rossa: l'obbiettivo è naturalmente prestare aiuto alla popolazione, ma anche ritrovare le decine di italiani ancora dispersi in mezzo al caos della capitale spappolata. E ancora: è atterrato il primo volo Unicef, con mezzo milione di dollari di aiuti per 10 mila persone, e anche il primo di sette previsti di Medici senza frontiere con 25 tonnellate di materiale. E altri voli, fino a quando il governo di Haiti ha chiuso lo spazio aereo per evitare la pur benintenzionata congestione delle piste.
Tutto questo viaggiare di aiuti tra e sopra le case della capitale afflosciate su se stesse con i tetti che toccano i marciapiedi come se la terra le avesse succhiate da sotto e la gente che conta i morti impolverati – la stima dice ormai centomila e nessuno può ancora contestarla – non toglie l'interrogativo. Haiti sarà la nuova Atlantide dei Caraibi, sparita “in un singolo giorno e notte di disgrazia” come racconta Platone dell'originale? La fibra di ogni popolo e di ogni governo ha un suo punto di rottura e ora anche i discendenti di schiavi neri strappati alla zona meno sismica del mondo, il centro dell'Africa, per finire invece sulla mezza isola più sfortunata del mondo e il loro stato – nato con l'orgoglio del “siamo il primo governo nero” – potrebbero non essere più capaci di riprendersi. Le strade ingombre di cadaveri e di vivi che dormono fuori per la terza notte consecutiva.
Tre milioni di sfollati. I feriti che non trovano posto nel solo ospedale rimasto in piedi. La mancanza di acqua. Gli intrappolati sotto le macerie. Obama dice: “Non vi dimenticheremo” e il presidente francese, Nicolas Sarkozy, anche lui pronuncia la stessa promessa: “Haiti non rimarrà un paese devastato”. Ma è come se ci fosse un codice anarchico e violento scritto dentro la popolazione, che ha sempre impedito la stabilizzazione nel paese dei Tonton Macute: ieri nella capitale sono cominciati i saccheggi. Il terremoto è una mazzata che arriva su Haiti proprio quando le cose stavano migliorando. Nel 2009 è stato l'unico paese dell'area ad avere un'economia in positivo a dispetto della crisi mondiale. “Molto sorprendente, se si pensa agli choc politici e ai quattro uragani devastanti passati da poco sull'isola”, avevano detto al Fondo monetario internazionale. “E' il risultato di milioni di dollari di investimento nelle strade, nei ponti e nell'agricoltura”, avevano risposto dalla piccola Banca centrale di Haiti. Ora s'è sbriciolato tutto.
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