La Francia secondo le Crapouillot, foglio realista e di battaglia

Sandro Fusina

In apertura di un nuovo processo per diffamazione a carico di Jean Galtier-Boissière nella sua funzione di direttore del Crapouillot, il giudice di turno fece notare che in quella circostanza era improprio parlare come al solito di ennesimo processo, essendo quella esattamente la centesima volta che il suddetto Galtier-Boissière, più noto nel suo ambiente come Venerato Direttore, era citato a giudizio.

    In apertura di un nuovo processo per diffamazione a carico di Jean Galtier-Boissière nella sua funzione di direttore del Crapouillot, il giudice di turno fece notare che in quella circostanza era improprio parlare come al solito di ennesimo processo, essendo quella esattamente la centesima volta che il suddetto Galtier-Boissière, più noto nel suo ambiente come Venerato Direttore, era citato a giudizio. Il brillante avvocato del Venerato Direttore non perse l'occasione per una battuta: “Signor giudice, come si può non celebrare una ricorrenza così significativa?”. Il giudice, uomo di spirito, aderì. Il procedimento fu archiviato. Tanto condannare Galtier-Boissière per diffamazione era un'impresa: il Venerato Direttore ai suoi collaboratori concedeva di parlare di chi e di cosa credevano, ma esigeva che verificassero i fatti con il massimo scrupolo.
    Cento processi in quarantanove anni di direzione di un giornale come il Crapouillot, che aveva nell'anticonformismo una bandiera, non erano poi molti.

    Il caporale di fanteria ventiquattrenne Jean Galtier-Boissière aveva concepito e fondato il Crapouillot nel 1915, nella trincea di Neuville-Saint-Vast, nell'Artois, dove i poilus, i fanti francesi, rassegnati al coraggio e disposti al sacrificio, ma non al silenzio, avevano vanificato il sogno tedesco della guerra lampo. Crapouillot, che nel francese civile vuol dire rospetto, nel gergo militare era un nome di un tozzo mortaio, particolarmente efficace per fare danni e morti nelle trincee. I giornali di guerra erano numerosi e anche eleganti. In Francia per esempio c'era la Baïonette, con sontuose illustrazioni a colori che mostravano signore seducenti vestite secondo i dettami del grande sarto Paul Poiret (il quale partecipava peraltro allo sforzo bellico disegnando uniformi per l'esercito) o addirittura, in copertina, una specie di Giovanna d'Arco in armatura luccicante che sotto i pennacchi di piume di struzzo sfoggiava un sorriso da mannequin di maison de mode. Sorrideva, ma a chi? Ai poilus nel fango o agli imboscati rimasti a casa ad arricchirsi? Anche i giornali nati in trincea si erano proposti fino ad allora di distrarre i soldati, di fare credere loro che la vera guerra non era quella che vivevano giorno dopo giorno, ma quella che era rappresentata nelle illustrazioni popolari, raccontata dai reportage dal fronte, cantata dai poeti e dagli chansonnier patriottici.

    “Galtier-Boissière – racconta un cronista –, sotto il camuffamento del buon umore voleva un foglio realista e di battaglia. Per i collaboratori, che si trovavano in prima linea, i rischi con la gerarchia militare non mancavano. Ma il Crapouillot era edito a Parigi. Il dottor Galtier-Boissière, padre del caporale, molto al corrente dei problemi editoriali, riceveva a Parigi testi e disegni (la redazione era già in place de la Sorbonne, l'abitazione dei Galtier, dove sarebbe rimasta per i prossimi sessant'anni) e si occupava della stampa e della diffusione. L'esercito non aveva molta voce in capitolo in quanto il foglio, anche se era scritto nelle trincee, era pubblicato da un direttore responsabile civile. Inoltre la modestia della tiratura faceva chiudere un occhio alla censura”.
    Nel 1916 il Crapouillot allargò il giro dei collaboratori pescando, cosa strana per un foglio di trincea, in tutte le armi, neonata aviazione compresa.

    I disegnatori, tra i quali c'era Dunoyer de Segonzac, Gus Bofa, lo stesso Jean Galtier-Boissière e Jean-Loup Forain, figlio del più famoso Jean-Louis Forain (sarebbe diventato il teorico di un'École Française, di ispirazione tradizionalista e nazionalista, in quanto contrapposta all'École de Paris, composta perlopiù da stranieri di “fede comunista”), organizzarono in una galleria di Parigi una mostra dei loro lavori per il Crapouillot. Le “riflessioni” pacifiste di George Fabri divennero celebri. “Il dopoguerra: se i fiammiferi diventeranno migliori, allora sì che sarà cambiato qualcosa per la Francia”; “Il rancio ideale: un tozzo di pane secco con attorno casa nostra”; “La pace: un incubo la cui prospettiva ci ha guastato il piacere della guerra”. Pierre Mac Orlan e Pierre Drieu La Rochelle ne divennero collaboratori. Una Marianna con un sorriso mesto e un ramoscello d'ulivo abbandonato in mano celebrò la vittoria sulla copertina del novembre del 1918, ottavo numero del quarto anno del Crapouillot. Avrebbe potuto essere l'ultimo numero.

    I giornali di guerra si estinguono di solito con la pace,
    il Crapouillot sopravvisse. Il piccolo mortaio aveva ancora bersagli sui quali scagliare le sue bombe: “Le canaglie, i profittatori di ogni specie, specialmente i grandi patrioti in pantofole”. Sorprese il direttore e i suoi collaboratori la naturalezza con cui i poilus che avevano vinto la guerra con i loro sacrifici riconoscevano la supremazia di chi dalla guerra aveva tratto profitto. A confusione dello stile di vita degli arricchiti di guerra, Galtier pubblicò un lungo articolo sull'autobiografia di un impoverito, il marchese Boni(face) de Castellane. Il marchese, cui il matrimonio con una Gould, della famiglia dei robber baron americani, stortignaccola e di cattivo carattere, aveva negli anni della Belle époque procurato una gran vita e una quantità di amici eleganti, vi raccontava il suo modo di affrontare con stile la povertà e la scomparsa degli amici cui il divorzio lo aveva condannato.

    Ma l'euforia di una pace addolcita dalla vendetta, con i boche, gli eterni nemici, ridotti alla fame dall'imposizione di gravosi risarcimenti di guerra, attenuò anche nella redazione (è un modo di dire, poiché Galtier-Boissière restò sempre il redattore unico) il ricordo delle trincee. Nel Crapouillot di pace confluirono molti scrittori e disegnatori, spesso collaboratori costanti del più diffuso Canard Enchaîné. Con il settimanale politico satirico fondato da Maurice e Jeanne Maréchal nel 1915 i rapporti del Crapouillot furono fraterni, in nome dell'anticonformismo e della libertà di pensiero e di stampa, almeno fino alla Guerra di Spagna, quando il Canard prese una posizione intransigente a favore della Repubblica, mentre il Crapouillot restò legato alla sua tradizione di equidistanza. Negli anni Venti il Canard, che di regola non accettava pubblicità, a titolo gratuito pubblicò inserzioni del concorrente Crapouillot. Il Crapouillot contraccambiava. Con lo stesso spirito i due fogli si passavano volentieri i collaboratori.

    Il 30 gennaio del 1919 nella mansarda del numero 3 di place de la Sorbonne Galtier-Boissière chiuse il numero uno di una nuova serie. Periodicità quindicinale, prezzo 60 centesimi. Il sottotitolo era “Arti, lettere, spettacoli”. In copertina un disegno di Jean-Loup Forain stabiliva la posizione nei confronti delle arti figurative che il Crapouillot conservò a lungo: una coppia grottesca di borghesi impellicciati osservava un quadro cubista. Nuovi ricchi e avanguardie artistiche furono i bersagli preferiti dei collaboratori di Galtier-Boissière. “Ero sentimentalmente deciso a conservare il nome Crapouillot. Quella fedeltà non era che un'assurda sfida, quando il pubblico non chiedeva altro che dimenticare gli orrori e i disagi della guerra… Mi nominai presuntuosamente direttore di un giornale, quando non avevo alcuna esperienza di giornalismo e di editoria”. Il successo del primo numero attirò collaboratori come lo scrittore Francis Carco, il giornalista Henri Béraud (firma affermata del Canard, allora di estrema sinistra, poi di estrema destra, fino a partecipare ai disordini inscenati per l'affaire Stavisky nel febbraio 1934, fino a essere processato per collaborazionismo alla fine della guerra ed essere graziato da Charles de Gaulle), il sarto patriottico Paul Poiret, il grafico Claude Roger-Marx e grandi disegnatori come Gus Bofa o George Lepape, collaboratore della più elegante e preziosa rivista di moda mai pubblicata, la Gazette du bon ton, che aveva l'esclusiva dei modelli dei sette sarti più importanti di Francia, da Worth a Poiret.

    Già in ottobre esce al prezzo di un franco e con una copertina irriverente
    che fa il verso ai disegni cubisti, un numero speciale intitolato “Crapouillot-pastiche”. Oggetto dell'attenzione della banda allargata del Crapouillot è questa volta la stampa periodica francese, dai Débats agli Annales, da l'Action française al Figaro. Un disegno di Gus Bofa prende in giro la retorica patriottica di Georges Scott, coi pennelli e la matita magniloquente cronista di guerra per l'Illustration (una sorta di Achille Beltrame king size e parecchio trombone). I numeri speciali diventeranno la caratteristica più famosa del Crapouillot. Nel numero intitolato semplicemente “Paris”, Mac Orlan visita la città sulla scorta delle fotografie di Atget, il grande fotografo appartato, alla cui morte l'opera sarebbe andata dispersa se, su suggerimento proprio di Mac Orlan, l'altrettanto grande fotografa americana Berenice Abbot non avesse comperato l'intero archivio. (L'archivio di Atget è ora patrimonio del Metropolitan Museum di New York, mentre il numero del Crapouillot è un pezzo imprescindibile in ogni collezione di fotografie).

    Con una copertina di Jean Oberlé esce nel marzo del 1920 il numero speciale “Le Crapouillot parle du cinéma”. Galtier trova il tempo per scrivere tre pagine su Charlot. Ha una vitalità straordinaria. Oltre che della direzione, redazione e qualche volta compilazione del giornale, si occupa di una libreria specializzata in edizioni originali. In Francia l'edizione originale è una tiratura limitata e numerata di testa, su carta speciale, della prima edizione. E' un concetto molto chiaro, che può però essere aggirato nella pratica. Per motivi speculativi si può di un libro pubblicare solo l'edizione originale. Il che significa che i lettori non bibliofili, che non spenderebbero mai tanti soldi per il possesso di un'edizione pregiata, sono costretti a sborsare cifre considerevoli per avere quel testo. Cosa avrebbero dovuto spendere i lettori che volessero leggere l'opera completa di Paul Valéry, incarnazione negli anni tra le due guerre della poesia in Francia e non solo, Galtier-Boissière, da buon libraio, calcolò al centesimo. Da buon giornalista che non si lascia intimidire dai mostri sacri pubblicò il conto della spesa.

    Dell'antipatia di Galtier per André Gide e Paul Valéry si parla e si scrive ancora. Dall'alto della sua posizione nell'olimpo delle lettere francesi, Valéry poteva permettersi di non ricambiare e mostrare verso il giornalista libraio condiscendenza. Galtier del resto non attaccava nel merito l'opera di Valéry. Di poesia ammetteva di non capire niente. Del resto proprio il valore dell'opera poetica rendeva la pratica editoriale di Valéry ancora più discutibile. A lungo l'editoria francese non ha adottato il prezzo fisso di copertina. Ogni libraio scriveva il suo prezzo a matita, a seconda della sua politica commerciale. A determinare il prezzo delle edizioni originali era una sorta di listino di Borsa, con le quotazioni che salivano mano a mano che la tiratura andava esaurendosi. Galtier dimostra, tirature e quotazioni alla mano, che la politica editoriale di Valéry, che pubblicava per lo più solo edizioni originali e spesso mandava in libreria edizioni originali numerate che non erano che ristampe, era onerosa per gli amanti della poesia e neppure vantaggiosa per gli speculatori in edizioni rare. L'attacco a Valéry, poeta laureato dall'accademia, non fece che attirare su Galtier-Boissière l'antipatia dei comitati di redazione delle case editrici.