I colpi del governo alla mafia

Redazione

Ieri due grossi pezzi di mafia siciliana sono stati smantellati in due punti diversi dell'isola. La prima operazione ha investito il gruppo mafioso Piacenti di Catania, conosciuto anche come il clan Ceusa, “i gelsi”. Il suo nucleo storico è stato azzerato con 25 arresti in Sicilia, a Roma, Pisa e Biella e con 12 avvisi di garanzia notificati a professionisti, medici e poliziotti.

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    Ieri due grossi pezzi di mafia siciliana sono stati smantellati in due punti diversi dell'isola. La prima operazione ha investito il gruppo mafioso Piacenti di Catania, conosciuto anche come il clan Ceusa, “i gelsi”. Il suo nucleo storico è stato azzerato con 25 arresti in Sicilia, a Roma, Pisa e Biella e con 12 avvisi di garanzia notificati a professionisti, medici e poliziotti. I Piacenti sono – erano – da tempo un'istituzione consolidata della mafia siciliana: all'interno del proprio territorio sulla costa orientale erano capaci di comandare e di imporre le regole; all'esterno di quel territorio sapevano come contrapporsi al “governo centrale” dei corleonesi. A Catania, con centro nel quartiere violento di Picanello, i Piacenti non soltanto controllavano la consueta gamma di reati mafiosi, dal traffico di droga al taglieggiamento e usura alle corse clandestine di cavalli, ma erano anche diventati i mediatori sociali della città, fino a occuparsi della risoluzione di piccole beghe: un poliziotto  si rivolge a loro perché convincano sua moglie a non chiedere la separazione; un ginecologo chiede il loro aiuto perché ha bisogno di visionare la cartella clinica di una propria paziente finita d'urgenza in ospedale (al boss basta alzare la cornetta e telefonare a un infermiere).

    La seconda operazione ha azzerato i vertici delle famiglie di Agrigento con otto arresti, quasi tutti contro mafiosi con copertura da imprenditori edili che erano – spiega la Direzione investigativa antimafia – “il riferimento territoriale per l'inviato di Cosa nostra nell'agrigentino”, l'ancora latitante Giovanni Falsone. Il sistema smantellato funzionava così: l'imprenditore vincitore di un appalto che arrivava dall'esterno poteva lavorare soltanto dopo il pagamento di un pizzo del 4 per cento, con macchinari e uomini messi a disposizione dalle “imprese” locali.
    “La criminalità organizzata è molto allarmata, e giustamente, dalle misure che il governo ha messo in atto per combatterla – ha detto ieri il ministro dell'Interno, Roberto Maroni – Non passa giorno senza un'operazione contro la mafia. Anche oggi sono state portate a termine due grandi operazioni della Direzione investigativa antimafia, ottenendo notevoli risultati”. C'è anche una terza maxi-operazione: i carabinieri hanno arrestato nel napoletano 33 affiliati a quattro clan della camorra.

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