I conti che non tornano nelle accuse dei pentiti al Cav.

Redazione

Le nuove (presunte) rivelazioni del pentito Pietro Romeo sul rapporto tra Berlusconi e la mafia non convincono Massimo Bordin, direttore di Radio Radicale e storico cronista di giudiziaria. “Non ho letto ancora gli atti, ma le due testimonianze, quella di Gaspare Spatuzza al processo Dell'Utri del prossimo 4 dicembre, assieme a quelle riportate da Repubblica su Romeo, pur avendo effetti diretti su Dell'Utri hanno un secondo ambito obiettivo: Silvio Berlusconi”.

    Le nuove (presunte) rivelazioni del pentito Pietro Romeo sul rapporto tra Berlusconi e la mafia non convincono Massimo Bordin, direttore di Radio Radicale e storico cronista di giudiziaria. “Non ho letto ancora gli atti, ma le due testimonianze, quella di Gaspare Spatuzza al processo Dell'Utri del prossimo 4 dicembre, assieme a quelle riportate da Repubblica su Romeo, pur avendo effetti diretti su Dell'Utri hanno un secondo ambito obiettivo: Silvio Berlusconi”, spiega al Foglio Bordin. La storia non è nuova e Repubblica stessa ricorda che Romeo, condannato in via definitiva per la strage di Firenze, era stato già sentito, a proposito del mandanti esterni di mafia, nel lontano 1996. “L'inchiesta sull'ipotesi che Berlusconi attraverso Dell'Utri abbia manovrato la mafia, al fine di destabilizzare la situazione politica e favorire Forza Italia, fu la stessa su cui si mosse la procura di Palermo dieci anni fa”, dice Bordin. “Dopo infinita serie di proroghe, i magistrati archiviarono, non trovando nulla che potesse arrivare non dico a sentenza, ma al semplice rinvio a giudizio. Non avevano niente in mano dopo lunghi anni di inchieste. Oggi l'ipotesi torna di attualità attraverso un percorso ancora meno chiaro e la figura di Massimo Ciancimino. Nel processo a Dell'Utri però il tribunale ha escluso Ciancimino contro la richiesta della procura”.

    Secondo Bordin, “si tratta di giocare sulle date”.
    Il pezzo forte di Spatuzza, che potrebbe servire a una riapertura delle indagini su Berlusconi, sta nell'ultima dichiarazione del pentito. “Spatuzza racconta di una conversazione in un bar romano di via Veneto, dove era stato convocato dal suo capo mafia, Giuseppe Graviano. Questo gli dà la notizia, seguita da abbondanti bevute, secondo cui la mafia avrebbe stretto accordi con un industriale televisivo che sarebbe sceso in politica. Spatuzza gli chiede se è quello di Canale 5. Graviano gli risponde di sì. E' come dare al capo mafia una strana dote di preveggenza, visto che nel gennaio 1994 pochissimi in Italia potevano scommettere su Berlusconi politico. Graviano sembra invece che parli con il nuovo presidente del Consiglio”. Altro fatto. “Se il patto con Berlusconi è andato come dicono i pentiti, che senso hanno le stragi del 1993 ordite da Berlusconi? Romeo allora retrodata la vicenda, dice che già nel 1993, quando ci fu la strage di Firenze, gli dissero che il mandante era Berlusconi. Parla di ‘politico milanese'. Le date hanno sempre una certa importanza, visto che allora Berlusconi tutto voleva essere tranne che un politico”.

    C'è un altro aspetto delicato di quella che Bordin chiama “labile scienza mafiologica”: “Spatuzza e Romeo fanno parte della cosca dei Brancaccio, i loro capi sono i fratelli Graviano, gli ultimi stragisti, più vicini a Riina che a Provenzano. Molti giornali ci hanno parlato di confronti che si sono già svolti fra Spatuzza, i Graviano e Romeo. Bene, in tutti questi confronti i capi mafia non hanno trattato mai male o accusato oppure offeso gli ex affiliati poi pentiti, anzi hanno ostentato grande serenità e rispetto per Spatuzza. Dovrebbe far riflettere. In galera di quelli che hanno fatto la strage di Capaci ce ne sono pochi, per via D'Amelio devono rifare il processo soltanto perché hanno sbagliato pentito, adesso sembra pentirsi anche l'ultima propaggine stragista. Sono riverberi pirandelliani, i magistrati vanno cercando trattative fra stato e mafia quando la più grande trattativa ce l'hanno davanti. Ed è quella con i pentiti”.


    La testimonianza di Spatuzza verrà letta sulle prime pagine dei giornali
    il 5 dicembre prossimo, quando a Roma si svolgerà il “No Berlusconi Day”. “E' quanto mai singolare la cronologia fra il 4 e il 5 dicembre, se fossi berlusconiano lo farei notare”, commenta Bordin. Il direttore di Radio Radicale infine parla del concorso esterno in associazione mafiosa. “Il nostro codice prevedeva già il reato associativo slegato da altri reati, mentre gli altri codici all'estero non lo contemplano se non come una possibile aggravante. Noi abbiamo introdotto anche il concorso, chiamandolo perfino esterno. Siamo all'impalpabilità. Certi aspetti del rapporto fra mafia e politica, e lo dico io che sono un non innocentista, vanno risolti con la politica, non con il codice. Il codice serve a perseguire i reati, non i comportamenti”.