Perché non c'è nulla di eroico in un ammaraggio ben riuscito

Redazione

Era la fredda sera del 15 gennaio 2009 quando, ai comandi dell'Airbus da NY-La Guardia a Charlotte, il capitano ha realizzato di trovarsi in un guaio, e di avere tra le mani il destino dei 155 passeggeri inconsapevoli che uno stormo di oche, infilandosi nei motori del jet in decollo, li aveva messi fuori uso. Nel volgere di pochi secondi Sullenberger ha dato fondo alla qualità del suo carattere, inteso come prodotto delle sue capacità professionali e del suo valore decisionale.

    Lo chiamano “defining moment”. E' quella decisione, frutto di una performance straordinaria, da sola sufficiente a giustificare il senso d'una carriera o d'una vita. Prendete Chesley “Sully” Sullenberger. Figlio di un dentista, è venuto su con la passione per il volo, prima come pilota militare, poi accasandosi alla US Airways, diventando uno dei veterani. Certo, col passare degli anni, la routine per Sully aveva preso il sopravvento. Ma poi è arrivato l'istante decisivo. Era la fredda sera del 15 gennaio 2009 quando, ai comandi dell'Airbus da NY-La Guardia a Charlotte, il capitano ha realizzato di trovarsi in un guaio, e di avere tra le mani il destino dei 155 passeggeri inconsapevoli che uno stormo di oche, infilandosi nei motori del jet in decollo, li aveva messi fuori uso. Nel volgere di pochi secondi Sullenberger ha dato fondo alla qualità del suo carattere, inteso come prodotto delle sue capacità professionali e del suo valore decisionale.

    Contraddicendo le indicazioni spasmodiche che arrivavano dalla torre di controllo, il pilota decideva di non puntare su un aeroporto nel New Jersey, difficilmente raggiungibile in quelle condizioni. Piuttosto allineava il jet sul fiume Hudson, e utilizzandolo come pista, vi planava morbidamente. Poco dopo i passeggeri erano in salvo e cominciava la travolgente love story tra l'America e il capitano. Un americano come non li fanno più, gongolavano i baby boomers, orgogliosi di questo quasi sessantenne che mostrava come si comporta il purosangue a stelle e strisce. Sully si vedeva consegnare le chiavi della città, i biglietti per il Superbowl, l'invito per l'inaugurazione di Obama. Diventava il darling delle tv, l'eroe della porta accanto. Lui si prestava con docilità alla santificazione: scriveva articoli, ricostruiva in tv il momento leggendario, ribadiva la sua normalità di americano che sa fare il suo lavoro. Non si lamentava che la sua vita fosse cambiata: in fondo il contratto editoriale da 3 milioni di dollari era la sua assicurazione per una pensione dorata. Il libro che ha pubblicato, poi, è perfino bello:  si chiama “Highest Duty”, il dovere più alto, e coniuga il diario del giorno perfetto con riflessioni non banali sulle qualità che una persona deve affinare per renderle operative nel momento del bisogno. Sully, nel giro dell'annata obamiana, è diventato l'eroe di tutti.

    Ma ecco che spunta chi vuole rovinare questa corrispondenza affettiva nazionale. E' un pilota anche lui, per quanto abbia lasciato le ali per fare il giornalista. Si chiama William Langewiesche, si è costruito una reputazione sull'Atlantic Monthly, con reportage dalle aree di crisi e con un libro su un altro volo disgraziato, l'Egypt Air 990 del 2002, che un pilota depresso fece precipitare. Ora Langewiesche spende la sua competenza per attaccare Sullenberger. In “Fly By Wire. The Geese, the Glide and the Miracle on the Hudson” Langewiesche destruttura il mito: Sully non ha fatto niente d'eccezionale, la macchina ai suoi comandi era in grado di rispondere all'emergenza. L'unico fattore che ne poteva compromettere il salvataggio era quello umano, ovvero un pilota che si fosse fatto prendere da un insensato decisionismo. Per il resto – sostiene Langewiesche – oggi nel volo la superiorità della macchina sull'uomo è conclamata. Ciò che ha fatto Sullenberger era alla portata di qualsiasi pilota, sostiene in “Fly By Wire”, titolo che cita la tecnologia di controllo dei nuovi jet. Sullenberger “non è Chuck Yeager che rompe la barriera del suono. L'aviazione dei superuomini è superata”.