Il papello si giudica dai risultati
Le “rivelazioni” su una presunta pattuizione dello stato con la mafia stragista dei primi anni Novanta scandalizzano i professionisti dell'indignazione, che ci costruiscono sopra anche incredibili scenari. La pubblicazione del cosiddetto “papello” contenente le rivendicazioni della mafia di Totò Riina, invece, dovrebbe produrre una volta tanto un po' di apprezzamento per la capacità di tenuta dello stato.
Le “rivelazioni” su una presunta pattuizione dello stato con la mafia stragista dei primi anni Novanta scandalizzano i professionisti dell'indignazione, che ci costruiscono sopra anche incredibili scenari. La pubblicazione del cosiddetto “papello” contenente le rivendicazioni della mafia di Totò Riina, invece, dovrebbe produrre una volta tanto un po' di apprezzamento per la capacità di tenuta dello stato. Non solo nessuna di quelle richieste è stata esaudita, ma i governi che si sono succeduti da allora in poi hanno operato in direzione esattamente contraria. Anche superando non infondate preoccupazioni sul rispetto dei diritti dei condannati, il carcere duro è diventato sempre più duro, le carceri speciali, alle quali alla data presunta di stesura del papello non erano ancora stati avviati i condannati per mafia, sono state riempite. Insomma lo stato, seppure in una fase di debolezza politica estrema e di crisi profonda delle classi dirigenti politiche, sulla lotta alla mafia ha tenuto, e tutt'ora, a parte qualche patetica vociferazione, su questo terreno c'è una sostanziale convergenza politica.
Però, si dice, anche se non ha ceduto, lo stato ha trattato e già questo è imperdonabile. A parte il fatto che non c'è alcun riscontro all'ipotesi che quel pezzo di carta sia stato davvero preso sul serio da qualche autorità responsabile, bisogna capire che cosa vuol dire “trattare”. Il mandante della trattativa, Totò Riina, è stato catturato e sta scontando non si sa quanti ergastoli in un carcere di massima sicurezza e in un regime carcerario tra i più severi esistenti in un paese civile. Può darsi che i rapporti degli investigatori con Vito Ciancimino siano serviti a ottenere qualche informazione che poi ha portato alla cattura di quello che si sentiva il capo dei capi della mafia.
Questa, in realtà, è un po' più di un'ipotesi, ma in ogni caso è evidente che l'Intelligence antimafia aveva ogni interesse a cercare tutte le strade per decapitare la mafia stragista, magari anche facendo intendere di essere disponibile a recapitare qualche pezzo di carta. Una vicenda si valuta soprattutto per com'è andata a finire, e quella della battaglia tra lo stato e la mafia dei Corleonesi è finita con una vittoria. Se, per ottenere questa vittoria, si è impiegata un po' di astuzia, si sono compiuti atti e accettati contatti riservati che, non violando la legge, hanno permesso di entrare in possesso di informazioni essenziali, bisogna solo dire che si è fatto un buon lavoro.


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