Il Lambrusco alla conquista della Russia
C'è qualcosa in Russia che sta avendo successo tra le donne più del maschio italiano: il Lambrusco. Viziate dallo stile e dall'abbigliamento Made in Italy, poi dalla buona tavola tricolore e ancora dall'abitudine del cappuccino, ormai impeccabile se sorseggiato sulla Piazza Rossa al Bosco Cafè, le fanciulle moscovite sono ora passate al ‘paradosso emiliano'.
C'è qualcosa in Russia che sta avendo successo tra le donne più del maschio italiano: il Lambrusco. Viziate dallo stile e dall'abbigliamento Made in Italy, poi dalla buona tavola tricolore e ancora dall'abitudine del cappuccino, ormai impeccabile se sorseggiato sulla Piazza Rossa al Bosco Cafè, le fanciulle moscovite sono ora passate al ‘paradosso emiliano'. Calici alzati e più lucidità vista la sostanziosa differenza rispetto alla gradazione elevata della vodka. Insomma qualcosa che non fa girare la testa più di tanto e offre piena fiducia, perché il rosso fa bene al cuore, se degustato con misura. “Fino a pochi anni fa il Lambrusco da noi non esisteva” afferma Oleg Sciogolev, vicedirettore della Camera di Commercio italo-russa e tra gli artefici del piccolo miracolo di mercato con Alianta Group e Lambrusco Cantine Riunite. Un miracolo possibile perché “il Lambrusco è amabile, un vino leggero; si beve senza le conseguenze dei superalcolici o dei rossi di gradazione più elevata; piace alle donne e sono le donne a creare le tendenze. E in questi 3-4 anni siamo passati da 0 a decine di milioni di bottiglie vendute”.
In generale il vino italiano già nel 2007 stava attraversando in Russia un momento d'oro. Le esportazioni dopo aver messo a segno un +30% nel corso del 2006 avevano proseguito il trend positivo registrando nei primi mesi dell'annata successiva un ulteriore balzo dell'81%. Un'accelerazione sostenuta anche dall'inaspettata apertura di nuovi spazi di mercato in seguito allo stop che Mosca aveva imposto alle importazioni da Georgia e Moldova. Circostanza che fece volare l'Italia nel giro di pochi mesi dal quinto al secondo posto (alle spalle della Francia) fra i principali fornitori. La volata proseguì nel periodo gennaio-ottobre 2008, prima dell'arrivo della crisi in Russia: secondo i dati Istat, , l'esportazione di vino dal nostro Paese è aumentata del 38% in quantità (27,2 milioni di litri) e del 21,3% in valore, riconfermando ancora una volta il Paese come uno dei mercati più dinamici per il settore. Poi nella categoria del vino spumante, l'Italia si è addirittura dimostrata leader incontrastato con il 57% delle vendite, superando di gran lunga persino la Francia. “Il vino è il vostro petrolio” sintetizza Sciogolev. “Ma il problema di alcuni fornitori è non capire che si rivolgono a un mercato che ha 11 fusi orari e dalle dimensioni troppo grandi per affermarsi senza piani concreti e investimenti seri”.
Intanto però il fenomeno Lambrusco vive uno sviluppo inatteso sulle rive della Moscova: “La società Vinexport ha iniziato a produrlo qua: ha creato un marchio, Santo Stefano, anche per Sangiovese e Negroamaro”. Prodotti venduti sfusi, in bottiglia, con uve rigorosamente italiane ma per le quali l'ultima fermentazione avviene nella terra di Putin. Mentre per le importazioni rema a favore la legge russa che per i vini a bassa gradazione alcolica non prevede una tassazione. Ma il pregio del Lambrusco è forse un altro, visti i tempi di magra, anche nella ‘Mosca da bere': si è proposto come un vino anticrisi – una bottiglia costa 200 rubli, poco meno di 5 euro – riallacciandosi alle vecchie tradizioni sovietiche e contemporaneamente al rinnovato amore per il nostro Paese. E forse nel suo essere semplice e sanguigno, ha da insegnare qualcosa ad altri vini italiani, pure più nobili, perché come sostengono diversi imprenditori sbarcati in Russia, una più accurata e oculata politica dei prezzi per il ‘nostro petrolio' avrebbe permesso risultati migliori.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
Fare esercizio fisico va bene, ma non allenatevi troppo
