Le ragioni di De Benedetti (sul Web)

Redazione

Le nuove riflessioni dell'Ingegner Carlo De Benedetti sul rapporto tra l'industria editoriale dei giornali cartacei e la libera circolazione delle notizie via Internet sono molto interessanti perché vanno oltre le semplici, trite e stanche lagnanze dell'editore in difficoltà che si sente defraudato dei suoi contenuti da un'orda di giovani e scostumati consumatori di notizie a sbafo.

    Le nuove riflessioni dell'Ingegner Carlo De Benedetti sul rapporto tra l'industria editoriale dei giornali cartacei e la libera circolazione delle notizie via Internet, ospitate ancora una volta sul Sole 24 Ore di Gianni Riotta, sono molto interessanti perché vanno oltre le semplici, trite e stanche lagnanze dell'editore in difficoltà che si sente defraudato dei suoi contenuti da un'orda di giovani e scostumati consumatori di notizie a sbafo. In genere l'editore si lamenta del furto di notizie, ma non sa bene che cosa fare, un po' perché la diffusione virtuale dei propri contenuti genera comunque traffico e un'attenzione sul prodotto editoriale altrimenti ineguagliabile, un po' perché chiunque conosca la rete sa benissimo che le minacce di far pagare i contenuti, ove non fossero già a pagamento, dirotterebbero utenti e pubblicità verso siti che invece continuano a fornire informazioni gratuite.

    Un sondaggio appena pubblicato dal Guardian di Londra ha chiesto a un campione di utenti come si sarebbe comportato nel caso in cui il sito preferito avesse cominciato a far pagare l'accesso on line. La risposta è stata chiara: il 74 per cento cercherebbe un altro sito gratuito e soltanto il 5 per cento sarebbe disposto a pagare. La proposta di De Benedetti sembra seria e certamente più praticabile delle astruse ipotesi di micropagamento degli articoli, sul modello sviluppato dalla Apple con iTunes per la musica in formato digitale, lanciate un anno fa da Walter Isaacson su Time magazine.

    De Benedetti parte da un dato di fatto che, punto di percentuale più o meno, è inattaccabile: i siti di informazione tradizionale generano il 30 per cento del traffico della rete, ma mentre le industrie editoriali ci guadagnano poco o niente sono i gestori che forniscono la connessione internet, cioè le compagnie telefoniche, a incamerare margini elevatissimi di guadagno sugli abbonamenti alla rete adsl o sui contratti per gli smart phone (iPhone e Blackberry) con accesso al Web. In Italia, dice il patron di Repubblica, è un giro d'affari superiore a 4 miliardi l'anno. De Benedetti vorrebbe salvare il giornalismo di qualità con una ripartizione di questa torta, prendendo spunto dal modello di business della tv satellitare, dove i gestori delle piattaforme girano una parte del fatturato creato dagli abbonamenti ai singoli fornitori di canali e di contenuti che arricchiscono l'offerta. Le compagnie telefoniche non saranno d'accordo, ma il problema c'è ed è meglio cominciare a discuterne.