Ettore Gotti Tedeschi nominato direttore
Ecco chi decide (e come cambia) il peso futuro dello Ior
Passata, almeno all'apparenza, la tempesta del “caso Boffo”, la chiesa italiana e il Vaticano si dedicano alle consuete attività. Il direttivo della banca vaticana, si riunirà con lo scopo di valutare tempi e modi di quell'“operazione trasparenza” che non più di due mesi fa una commissione di 15 porporati chiamata a sovrintendere alle questioni organizzative ed economiche della Santa Sede aveva chiesto venisse messa in pratica.
Dal Foglio di venerdì 11 settembre 2009
Passata, almeno all'apparenza, la tempesta del “caso Boffo”, la chiesa italiana e il Vaticano si dedicano alle consuete attività. Nella curia romana a tenere banco è un appuntamento importante: è alla fine della settimana prossima, infatti, probabilmente venerdì 18, che l'amministrazione dell'Istituto per le Opere di Religione (Ior), e cioè il direttivo della banca vaticana, si riunirà con lo scopo di valutare tempi e modi di quell'“operazione trasparenza” che non più di due mesi fa una commissione di 15 porporati chiamata a sovrintendere alle questioni organizzative ed economiche della Santa Sede aveva chiesto venisse messa in pratica. I 15, dopo aver ragionato sui conti della Santa Sede – 253.953.869 euro di entrate, 254.865.383 euro di uscite, per un disavanzo di esercizio di 911.514 euro –, e aver ascoltato il Papa offrire indicazioni di carattere pastorale, conversero su un punto: d'ora in avanti sarebbe stato opportuno lavorare, grazie al supporto di capacità tecniche adeguate, in un regime di trasparenza assoluta e la cosa avrebbe dovuto riguardare anche la banca vaticana, la quale, a onor del vero, con presidente Angelo Caloia è proprio la prerogativa avanzata dai porporati che ha con tutte le forze cercato di fare propria. Prima di Caloia non fu così: l'Istituto ha dovuto subire operazioni non del tutto lecite portate avanti dall'arcivescovo Paul Marcinkus (per diversi anni presidente) ma anche, una volta che questi fu sostituito dal banchiere Angelo Caloia, quelle discutibili di monsignor Donato De Bonis, ovvero colui che una volta uscito di scena Marcinkus continuò a lavorare alle spalle di Caloia creando, grazie all'incarico di prelato dello Ior, una sorta di banca parallela all'interno dell'Istituto. Caloia ha combattuto questo “modus operandi” e la cosa è stata apprezzata dai diretti superiori. E' in scia a quanto lui ha fatto che i cardinali desiderano la banca vaticana continui a lavorare.
Le varie anime. Convocato per settimana prossima è tutto l'organo dirigenziale: la commissione cardinalizia di Vigilanza presieduta dal segretario di stato, il cardinale Tarcisio Bertone, e composta dai cardinali Attilio Nicora, Jean-Louis Tauran, Telesphore Placidus Toppo e Odilo Pedro Scherer; il consiglio di sovrintendenza formato, oltre cha da Caloia, anche dai “membri laici” Virgil Dechant (vicepresidente), Robert Studer, Manuel Soto Serrano e Ronaldo Hermann Schmitz; e, infine, la direzione generale al completo, la quale, dal 19 giugno del 2007, ha Paolo Cipriani quale direttore e Massimo Tulli come vice.
Così composto l'organigramma dell'amministrazione garantisce pluralità di vedute in rappresentanza di mondi diversi. E, grazie alla presenza di laici impegnati, garantisce che quella riforma che Giovanni Paolo II mise in opera nel 1990 (fu Caloia a redigere i nuovi statuti) non sia tradita. Wojtyla diede una nuova configurazione allo Ior imponendo che posti di responsabilità fossero affidati a “laici cattolici competenti”. Affinché lo scopo per il quale l'Istituto nacque nel 1942 per volere di Pio XII fosse meglio perseguito: “Provvedere alla custodia e all'amministrazione dei beni mobili e immobili trasferiti o affidati all'Istituto medesimo da persone fisiche o giuridiche e destinati a opere di religione o di carità”. Tante galassie, dunque, ruotano attorno alla gestione d'una sola banca. Galassie che Bertone vuole dialoghino tra loro proficuamente al fine di arrivare a soluzioni il più possibile condivise. Tra queste, la scelta del successore di Caloia. Anche se non è detto che la cosa sia decisa a breve: il mandato del banchiere lombardo scade nel 2011 e potrebbe essere onorato fino in fondo. Una cosa è certa: sarà nella scelta del nuovo presidente e nella modalità tramite le quale l'intera banca si rimodellerà nel segno della “trasparenza” auspicata a inizio luglio che i mondi antichi e nuovi che ruotano attorno all'Istituto proveranno a dialogare.
All'interno del torrione di Niccolò V, sede della banca, è senz'altro Bertone a rappresentare la novità principale. Salesiano poco avvezzo al mondo della diplomazia, della politica come pure della finanza, ha gestito con stile l'uscita di scena del suo predecessore, il cardinale Angelo Sodano, accettando che il segretario personale di quest'ultimo, monsignor Piero Pioppo, fosse nominato “prelato dello Ior”, incarico caduto in disuso dopo gli anni di De Bonis. Bertone ha dalla sua il pregio di lasciarsi consigliare di volta in volta da esperti di fiducia, personalità conosciute e stimate fuori le sacre mura. Chi siano queste personalità lo si è visto bene nel lavorio di stesura della terza enciclica papale, quella dedicata alle tematiche sociali, la “Caritas in Veritate”. Bertone non ha coadiuvato il Pontefice in solitaria. Fondamentali sono stati i suggerimenti di Mario Toso (rettore magnifico dell'Università Pontificia salesiana, grande esperto di dottrina sociale della chiesa), del banchiere Ettore Gotti Tedeschi (rappresentante in Italia del Banco di Santander, fondatore del Centro Studi Tocqueville-Acton, è anche editorialista dell'Osservatore Romano) e di Stefano Zamagni (docente all'Università di Bologna, presidente dell'Autorità per le onlus e il volontariato, voce molto ascoltata all'interno della Conferenza episcopale italiana). Si devono a Bertone nomine importanti all'interno della curia romana nei settori chiave della gestione economica. Oltre agli arrivi in segreteria di stato nel ruolo di gestore dell'Obolo di san Pietro (la colletta annuale in favore del Papa) di monsignor Alberto Perlasca al posto di monsignor Gianfranco Piovano e all'ospedale Bambino Gesù di Giuseppe Profiti quale direttore amministrativo, è da registrare la nomina di un nuovo revisore internazionale dei conti della Santa Sede: l'economista e politologo coreano Thomas Hong-Soon Han. Docente di Politica internazionale alla Hankuk University di Seul, fu lui nell'ultimo sinodo dei vescovi a dichiarare, davanti a un Benedetto XVI attento, che “i capi della chiesa devono fare un serio esame degli stili di vita e dei beni in seno alla chiesa alla luce della parola di Dio e prendere ogni possibile misura per promuovere la dottrina sociale”.
La vecchia guardia. Nella commissione cardinalizia di Vigilanza la vecchia guardia è in qualche modo rappresentata dal cardinale Attilio Nicora. Presidente dell'Amministrazione del patrimonio della sede apostolica (Apsa), viene dalla diocesi milanese. Fu anche lui, anni fa, quando ancora era vescovo ausiliare a Milano del cardinale Carlo Maria Martini, a dar vita a quel Gruppo cultura etica finanza che si contrappose a quella finanza laica che ai tempi era identificata con un solo nome: Enrico Cuccia. Del Gruppo facevano parte, oltre a Caloia, il giornalista Giancarlo Galli – che non a caso ha scritto per Mondadori nel 2004 il libro “Finanza Bianca. La chiesa, i soldi, il potere” – il gesuita GianPaolo Salvini (direttore della Civiltà Cattolica), Lorenzo Ornaghi (rettore dell'Università Cattolica del Sacro Cuore) e il banchiere Giovanni Bazoli. Meno peso, nella commissione cardinalizia, hanno gli altri tre porporati che la compongono: Jean-Louis Tauran, Telesphore Placidus Toppo e Odilo Pedro Scherer. Rappresentano il carattere internazionale della commissione ma gli onerosi impegni a cui sono chiamati (il primo è il responsabile del dialogo interreligioso della Santa Sede, il secondo è arcivescovo di Ranchi, in India, il terzo è arcivescovo di San Paolo, in Brasile) li costringono a essere meno incisivi all'interno dell'organo dirigenziale della banca.
In parallelo alla commissione cardinalizia, lavora il consiglio di Sovrintendenza: il ramo laico dello Ior. Tra i suoi membri spicca il nome di Virgil Dechant, il quale, per il 25° anniversario di pontificato di Giovanni Paolo II, si distinse per la donazione di un assegno da 2,5 milioni di dollari. Una cifra di poco conto se paragonata a quegli oltre 45 miliardi di dollari del fondo assicurativo sulla vita – un fondo al quale Standard & Poor's assegna da anni il rating più elevato – gestito dall'associazione della quale Dechant è membro: l'ordine dei Cavalieri di Colombo, più di un milione e mezzo di aderenti sparsi tra Stati Uniti, Canada, Messico, Porto Rico, Repubblica Dominicana, Filippine, Bahamas, Guatemala, Guam, Saipan e Isole Vergini. L'ordine, nato 122 anni fa, ha legami stretti con la Santa Sede e non solo per questioni economiche: la congregazione per le Cause dei santi ha avviato il processo di beatificazione e canonizzazione del suo fondatore, Michael McGivney. Robert Studer rappresenta un mondo che col Vaticano ha legami consolidati. Studer è stato fino al 1998 al vertice dell'Unione banche svizzere. E prima di lui nel consiglio di Sovrintendenza sedeva un altro ex presidente della banca elvetica: Philippe De Weck, legato all'Opus Dei e frequentatore dell'ambrosiano Gruppo cultura etica finanza. Diverso il discorso da fare per Manuel Soto Serrano e Ronaldo Hermann Schmitz. Entrambi sono banchieri esperti, rappresentanti a loro modo di due istituti consolidati: il Santander il primo, la Deutsche Bank il secondo. In caso si dovesse da subito decidere un nome del successore di Caloia, i due potrebbero proporre candidati vicini ai gruppi per i quali lavorano.
Le informazioni al Papa e al segretario di stato. Infine Caloia. Il suo addio, imminente o prossimo che sia, è nella logica delle cose. Dopo 19 anni in sella allo Ior, è tempo di lasciare spazio ad altri. Illustre rappresentante della finanza cattolica ambrosiana, “sponsorizzato” oltre il Tevere da Philippe De Weck, è chiamato a Roma dall'allora segretario di stato Agostino Casaroli per scrivere la parola fine all'era Marcinkus. Caloia inizia a operare in un mondo difficile e solo dopo qualche anno e non senza fatica ha la meglio su De Bonis: Wojtyla, con coraggio, allontana De Bonis dalla curia promuovendolo a cappellano dell'ordine di Malta. Di lì a oggi è una gestione virtuosa, quella che Caloia, forte della collaborazione dell'Apsa guidata dall'amico Nicora, mette in campo. E che sia virtuosa non lo smentisce nemmeno Gian Luigi Nuzzi in “Vatican Spa”. Qui si mostra la mala gestione di Marcinkus e De Bonis. Ma i fatti evidenziano come l'arrivo di Caloia allo Ior fosse motivato dalla necessità di fare pulizia. E come Caloia abbia fatto proprio il progetto informando quotidianamente della propria attività e dell'attività di chi aveva a fianco il Papa e il segretario di stato.


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