Le farfalle di Sierra Leone/11

Lorenzo innamorato decide di aprire casa a Londra e si lancia all'inseguimento dei ladri della carrozza di Alvise

Sandro Fusina

“Grazie signori. Buon viaggio”, grida un piccolo mendicante ai due cavalieri che si allontanano al passo lungo la strada di Bath. “Grazie signori, buon viaggio” gli fa eco un mendicante ancora più scricciolo stringendo con emozione nel pugnetto una moneta d'argento. “Hai visto che belle pistole? Sono spagnoli”. “Non sono spagnoli, stupido, sono francesi”.

    “Grazie signori. Buon viaggio”, grida un piccolo mendicante ai due cavalieri che si allontanano al passo lungo la strada di Bath. “Grazie signori, buon viaggio” gli fa eco un mendicante ancora più scricciolo stringendo con emozione nel pugnetto una moneta d'argento. “Hai visto che belle pistole? Sono spagnoli”. “Non sono spagnoli, stupido, sono francesi”. Sono spagnoli. Sono francesi. Lo stupido sei tu. I due piccoli mendicanti si stanno ancora azzuffando quando i cavalieri italiani sono già lontani. Su un elegante cavallo baio, Lorenzo sta discutendo come il solito con Alvise su un vigoroso morello. Il motivo della discussione è lo stesso da giorni, i disegni del Vauban. “Te l'ho già detto, mi è venuto un colpo quando ho dovuto onorare il tuo impegno, mi sembri matto, io ti faccio ricoverare, faccio anch'io la figura del mona, sarà un anno che la cavaliera cerca di vendere quei disegni a tutti, li hanno visti tutti gli architetti di Londra, tutti i direttori della Società reale, tutti i collezionisti, non le davano neanche un decimo di quello che chiedeva, arriva quel mona di mio nipote e se li fa rifilare, la brutta figura la faccio io, tanto te non ti conosce nessuno, robe da pazzi, i disegni del Vauban e un servo negro, adesso che hanno abolito la schiavitù, cosa te ne fai di un servo negro che non c'hai neanche la casa qui, lo porti a Biandronno così tutti ti prendono per il culo?

    - Ho deciso di aprire casa a Londra. - Da quando? non dovevi fare il giro d'Europa, benedetto? cosa c'ha Londra di speciale? torna a Parigi, no? torna a Vienna, va a Madrid, no? cosa c'ha Londra di speciale? - Tu ci vivi, no? - Io ci lavoro, ma tu se vuoi occuparti dei tuoi affari e non lasciarli andare in malora come mi sembra che fai, ti conviene invece tornare a Milano, Francesco è quasi più ciula di te se è possibile - Francesco era il gemello marchese di Lorenzo. - Ho già trovato una casa. Devo concludere quando torniamo. Chi stiamo andando a trovare? - Adesso me lo domandi? prima non volevi venire, non potevi muoverti da Londra, come se avessi da fare chissà che cosa, poi ieri hai cambiato parere, mi sembri sempre più mona, sai cosa ti dico, mi sembri innamorato - Lorenzo arrossì- Non è che mi sembri, te sei innamorato, non diventare rosso, non c'è niente di male, così smetti di andare con le puttane, sei andato poi dalla signora Philips? li hai comperati i guanti? si può sapere chi è? è una brava ragazza? è una che sta bene di soldi? - Non lo so, zio. Non ho intenzione di sposarmi. Non la conosco neanche. So solo come si chiama. - Come si chiama? - Cosa ti interessa? Non la conosci. - Sarà qualche donna sposata, niente di male, se il marito è uno di mondo, se no sta attento, ma non farti fregare i soldi. - Per adesso sono io che le ho fregato due sterline. - Come? è ancora più mona di te? - Avevo scommesso contro la cavaliera. - Ho capito chi è, me la ricordo, non è più mona di te, è solo sfortunata, e ho capito anche perché hai comperato i disegni, a te delle fortificazioni non te ne frega niente, volevi l'indirizzo, per l'indirizzo di una che non sai neanche se te la dà ti sei portato a casa i disegni e il servo negro, cosa fai adesso, gli metti il turbante come fanno le marchese? lo sai che con quei soldi ti potevi comperare una carrozza come la mia? più bella della mia? - Padrone, padrone - arrivava da lontano, ma era la voce inconfondibile di Jacques.

    Alvise si guardò intorno. Lorenzo si guardò intorno. Fu Lorenzo a vedere per primo Jacques seduto sotto l'olmo. Alvise si fermò accanto allo steccato. -Cosa fai lì? vieni - urlò -Non posso. Sono legato. -Non fare lo scemo, il negro dov'è? ha rubato la carrozza? - No, è legato anche lui. Dietro l'albero. - Cristo -, disse tra i denti Alvise. Fece rinculare il morello per portarlo oltre la recinzione. Saltò. Il baio invece rifiutò due volte l'ostacolo. Lorenzo smontò. Legò il cavallo, scavalcò con un balzo il recinto e raggiunse l'olmo a piedi. Alvise aveva fatto due volte il giro dell'albero a cavallo. Ora era a piedi. Incombeva su Jacques, incerto se tagliere le corde o tagliargli la gola. - Che fine ha fatto la carrozza? Jacques gli snocciolò la versione che aveva imposto a Francis, che per tutto il racconto si massaggiò i polsi, tenendo gli occhi fissi a terra per la vergogna. Procedevano di buon passo quando proprio all'altezza dell'olmo avevano visto un uomo disteso. Sembrava morto. Jacques aveva arrestato i cavalli. Aveva chiamato Francis che era all'interno della carrozza. Francis era sceso a vedere. Si era inginocchiato accanto all'uomo. Che non era affatto morto, visto che gli stava puntando una pistola nella pancia. Intanto da destra e sinistra era spuntata tutta la banda. Quanti saranno stati? “Una decina”, esagerò Jac- ques.

    Francis alzò gli occhi e lo guardò stupito. Si erano accordati su quattro uomini. In realtà i banditi erano solo due. Quello sulla strada e uno che si era nascosto probabilmente dietro il grande olmo. Non erano neppure armati fino ai denti, come nel racconto di Jacques. Nessuno puntava un terribile trombone caricato a rosa, che Jacques, per rendere il racconto più realistico, descrisse con la canna di ottone luccicante al sole. Avevano due pistole antiquate, che sembravano fatte in casa. Se Jacques le avesse descritte, Alvise avrebbe capito che si trattava di scozzesi. Solo loro usavano pistole tutte di ferro. Dopo la rapina i banditi erano armati meglio. Sulla carrozza c'erano i due fucili da caccia di Lorenzo e quattro dei fucili di Alvise. Alvise guardò Francis: teneva sempre gli occhi a terra; guardò Lorenzo: aveva la faccia del mona; guardò Francis: aveva gli occhi inchiodati a terra.- Francis, quanti erano? Francis non rispondeva, non alzava gli occhi. Il suo primo padrone, un quacchero, gli aveva insegnato che non c'era azione peggiore di mentire. - Francis, parlo con te, quanti erano? Jacques seguiva allarmato, Lorenzo stupito. - Quattro - farfugliò Francis, - Quattro - ripeté più distintamente, senza alzare gli occhi. - Quanti erano, Francis? guardami negli occhi. Francis alzò gli occhi. Guardò Alvise, guardò Francis. Guardò Lorenzo. Tremava. - Quanti erano?, disse Alvise monotono. - Erano due, padrone - Disse Francis, mettendosi a piangere e cadendo in ginocchio.

    Guardava Alvise con occhi imploranti. Jacques gli occhi li aveva abbassati. Alvise sentì un impulso che gli faceva alzare la destra che stringeva il frustino. Jacques, che seguiva con la coda dell'occhio, alzò il braccio per coprirsi il volto. Il braccio di Alvise si arrestò a mezz'aria e ricadde. Il frustino batté sullo stivale. - Cosa c'è da aspettarsi da uno stronzo come questo qui-, disse Alvise, rivolto a tutti e a nessuno.- Era a Pondicheri, quando gli inglesi si sono pappati l'India- Alvise era già calmo, aveva già ritrovato il senso dell'umorismo. L'espressione contrita assicurò che anche Jacques era convinto di essere il più stronzo del mondo. - E tu cosa fai a piedi?- chiese a Lorenzo - vieni, presto. Lorenzo corse al cavallo. Francis e Jacques corsero alla staccionata, Alvise era già sulla strada. - Quanto vantaggio hanno? Sono passate altre carrozze? (11. continua)