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Perché Lance Armstrong è come Barack Obama

Francesco Vergani

Non è un lieto fine. Ma un nuovo inizio. L'ennesimo. Terzo Lance Armstrong, primo Alberto Contador, secondo Andy Schleck: l'ordine d'arrivo del 96° Tour de France va letto così. Partendo dal gradino più basso del podio.

    Non è un lieto fine. Ma un nuovo inizio. L'ennesimo. Terzo Lance Armstrong, primo Alberto Contador, secondo Andy Schleck: l'ordine d'arrivo del 96° Tour de France va letto così. Partendo dal gradino più basso del podio. Scrivendo di una rentrée all'altezza delle aspettative (una media tra le sue, minime e le nostre, massime). Armstrong è tornato e ha fatto la sua figura. Molto meglio che Michael Jordan battitore o Edwin Moses bobbista. Meno peggio che Bjon Borg, Ray Sugar Leonard, Evander Holyfield, Mike Tyson, Pietro Mennea, Mark Spitz, Katarina Witt. Più o meno come Dana Torres e Jury Chechi. L'elenco - sommario - è di Emanuela Audisio. Che aveva scritto mesi fa, come tutti: “I segnali, dopo quattro anni di stop, annunciano un disastro” di ritorno.

    Lance invece non si smentisce. E solo la sua proverbiale straordinarietà fa passare per ordinario, poi, il fatto che a 37 anni/quasi 38 e dopo tre e mezzo di inattività, il sette volte vincitore della Grande Boucle (sette volte di fila) dopo essere sopravvissuto a un cancro e neanche piccolo, il fatto che lui sia ancora fortemente competitivo. In sella a una bicicletta. Mentre per quanto riguarda l'ascesa del suo status di personaggio pubblico mondiale, qui non basta più calcolare la Velocità Ascensionale Media verso la vetta del Mont Ventoux. Né parlare da suiveurs, ma semmai di followers. In numero di 1.579.006 su Twitter.com (aggiornamento delle 6:23 del 27 luglio). Appena sotto Shaquille O'Neal, molto sopra Serena Williams. Livello Britney Spears e Barack Obama, altro che Al Gore e i Coldplay.

    Da tempo oramai Lance Armstrong non fa più notizia, perché la notizia è lui. Lui che comunica carismatico, consapevole, furbetto. Come un outsider ben inserito. Amico, lui, di Bono degli U2 e di Ted Kennedy. Amica la sua fondazione internazionale di quella di Bill Clinton. Ieri amico silenzioso di George W. Bush, oggi dichiaratamente amico dei riformatori - a parole - del sistema sanitario Usa, nel nome della “giustizia sociale”. Addirittura. Di questo passo ne farà ancora di strada, il capitano designato della nuova RadioShack, in maglia Nike & Livestrong. Non solo nel ciclismo e forse nel triathlon, si pensa, non solo nello sport e nel non profit, si immagina. Chi lo ama o chi lo odia, perciò, lo segua. Ripartendo dal gradino più basso del podio di Parigi, per arrivare chissà dove.