Un testo ungherese sul patimento teologico di Dostoevskij

Leggere Hegel in Siberia e scoprire che la terra d'esilio è fuori dal Logos

Pietrangelo Buttafuoco

Come si può sopportare l'orrore dell'esistenza? Ciascuno lo sperimenta e trova un modo per venirci a patti. Trovare la modalità per la sopravvivenza è, in fondo, lo sforzo di vivere. Laszlo F. Foldényi, professore di Letteratura comparata all'Università di Budapest, ha scritto un piccolo libro tradotto in Italia da Il Melangolo (8 euro), “Dostoevskij legge Hegel in Siberia e scoppia a piangere”, la prima delle sue opere tradotte in italiano.

    Come si può sopportare l'orrore dell'esistenza? Ciascuno lo sperimenta e trova un modo per venirci a patti. Trovare la modalità per la sopravvivenza è, in fondo, lo sforzo di vivere. Laszlo F. Foldényi, professore di Letteratura comparata all'Università di Budapest, ha scritto un piccolo libro tradotto in Italia da Il Melangolo (8 euro), “Dostoevskij legge Hegel in Siberia e scoppia a piangere”, la prima delle sue opere tradotte in italiano. Dostoevskij legge “Le lezioni di Filosofia della storia” tenute a Berlino da Hegel tra il 1822 e il 1831, anno della sua morte, mentre si trova in Siberia, nella primavera del 1854. Il grande scrittore russo, dopo quattro anni di lavori forzati, era stato trasferito come soldato semplice in uno sperduto paese di circa cinquemila anime, Semipalatinsk, nella Siberia meridionale. Ciò che vi legge lo fa trasecolare.

    Hegel scrive di considerare la Siberia un luogo che “giace fuori dalla storia”, dunque di nessun interesse. Dal punto di vista del più grande filosofo tedesco del primo Ottocento, la Siberia non conta nulla, appartiene a quella vasta regione “accidentale”, a quel regno del fortuito nel quale l'Assoluto hegeliano non dimora. Apparentemente lontanissimi, entrambi si sforzano, in modo diverso, di far fronte al dolore dell'esistenza. Dostoevskij era stato dapprima condannato a morte per le sue idee sovversive e portato davanti al plotone d'esecuzione, in extremis la condanna era stata commutata nell'ergastolo e successivamente in quattro anni di lavori forzati in Siberia. Solo nel 1860 gli sarà permesso di tornare a Mosca. Hegel dopo gli studi di filosofia svolge per breve tempo l'attività di precettore, ma presto può vivere dell'eredità paterna e dedicarsi interamente alla sua filosofia. Dal 1818 diventa professore a Berlino e poi rettore dell'Università.

    Per Hegel la storia, le vicende degli uomini, i fatti, sono espressione del divenire della Ragione. La Ragione, l'Assoluto secondo Hegel, dialetticamente diviene inverando il reale, secondo il logorato assunto: “Tutto ciò che è reale e razionale e tutto ciò che è razionale è reale”. Il divenire dell'Assoluto però lascia fuori, esclude, ambiti dell'esistere non razionalizzabili. Così è per la Siberia, ma anche per il continente africano, “il continente bambino”, che agli occhi del filosofo non sono comprensibili con il lume della ragione, dunque vanno ignorati. Dostoevskij legge in quest'analisi, una rimozione del dolore da parte di Hegel. La convinzione hegeliana che tutto – dalla natura all'uomo, dall'arte alla religione alla filosofia, dal diritto alla morale, dalla politica allo stato, e certamente le vicende storiche – si debba leggere come una progressiva e sempre più ricca manifestazione della ragione, cela un grande patimento personale.

    La costruzione magnifica di un sapere onnicomprensivo è una sorta di gigantesca rimozione di ciò che non si lascia ridurre alle categorie dello spiegabile. L'orrore di esistere, di essere gettato nella vita, la kierkegaardiana angoscia di vivere nella disperazione di esserne consapevoli, è per Hegel talmente insostenibile da doverla cacciare oltre il limite del comprensibile. Ciò che non è razionale è indefinibile, inspiegabile, dunque da ignorare. Sicuramente il dolore non è spiegabile. Per Dostoevskij, al contrario, l'esperienza del dolore personale, la smisuratezza delle sofferenze umane, il precipitare all'Inferno come dovette essere l'esperienza siberiana, è l'unica via di accesso al Paradiso.

    Afferma lo scrittore russo che gli anni di esilio siberiani, i lavori forzati, gli hanno permesso di comprendere se stesso, di trovare nella fede in Dio il senso del mistero della vita. La mediazione hegeliana come cifra della sua filosofia, è l'espressione di un rifiuto personale a confrontarsi con il dolore. “La dialettica aiuta Hegel a respingere”. Aver trovato anche a Dio una collocazione all'interno del suo sistema diviene, per Hegel, un modo sofisticato di detronizzarlo, esprime la tracotanza dell'uomo razionale che non esita a ingabbiare pure Dio. Più si precipita a capofitto nell'Inferno del dolore, più si riesce, poi, a volare alto. La grigia razionalità del professor Hegel è paradossalmente l'inferno vero, quello senza redenzione, terribile.

    • Pietrangelo Buttafuoco
    • Nato a Catania – originario di Leonforte e di Nissoria – è di Agira. Scrive per il Foglio.