La dottrina del rullo compressore
Sei mesi e il Pakistan sarà collassato. Così diceva ad aprile David Kilcullen, il geniale ufficiale dell'esercito australiano che il generale americano David Petraeus si portò nel 2007 a Baghdad, perché era il migliore consulente di counterinsurgency che potesse trovare su piazza. Kilcullen è un antropologo con le cicatrici di guerra, ha definito “fucking stupid” la guerra in Iraq, ha pubblicato all'inizio dell'anno un libro che s'intitola “The Accidental Guerrilla".
Sei mesi e il Pakistan sarà collassato. Così diceva ad aprile David Kilcullen, il geniale ufficiale dell'esercito australiano che il generale americano David Petraeus si portò nel 2007 a Baghdad, perché era il migliore consulente di counterinsurgency che potesse trovare su piazza. Kilcullen è un antropologo con le cicatrici di guerra, ha definito “fucking stupid” la guerra in Iraq, ha pubblicato all'inizio dell'anno un libro che s'intitola “The Accidental Guerrilla. Fighting Small Wars in the Midst of a Big One” e, proprio perché è un outsider, trova molte orecchie pronte ad ascoltarlo negli ambienti militari (americani, inglesi e australiani). Sull'ultimo numero dello Spectator britannico, il magazine che dà voce ai New Tory di David Cameron, Kilcullen firma l'articolo di copertina, in cui propone una strategia per il conflitto afghano e, soprattutto, pachistano.
Gli inglesi in Afghanistan sono impegnati nell'operazione Panchai Palang per estendere il controllo della Coalizione nella valle del fiume Helmand. Subiscono attacchi sempre più feroci, e il triste via vai di bare a Wootton Bassett, nel Regno Unito, è diventato un momento di quotidiana riflessione nazionale. I pericoli, giù al sud, sono altissimi e lo stanno diventando anche a ovest, nelle aree controllate da noi italiani e dai tedeschi, come ha ammesso il comandante delle Forze in Afghanistan, il generale Stanley McChrystal e come testimoniava il feretro del parà Alessandro Di Lisio arrivato ieri a Roma. Ma, scrive Kilcullen, nella prossima stagione di guerra – “gli scontri in Afghanistan, come per l'agricoltura, hanno un preciso carattere stagionale” – si potrebbe cominciare a vedere qualche miglioramento. Il problema è che nulla potrà essere risolto al di qua del confine se contestualmente non si vince “la più importante battaglia nel mondo” in Pakistan.
Questa battaglia è già stata combattuta, ricorda Kilcullen, alla fine dell'Ottocento. Il viceré dell'India George Nathaniel Curzon, uno dei più importanti amministratori delle colonie britanniche, prese il comando durante una spaventosa guerra tribale. La grande guerra di frontiera del 1897 mise le truppe inglesi e indiane contro i signorotti locali e gli estremisti islamici in quelle stesse terre in cui oggi l'esercito pachistano cerca di combattere i talebani: Bajaur, Dir, Malakand, Swat. Di Lord Curzon è rimasta famosa una frase: “Nessuno schema ‘patchwork' – e noi abbiamo soltanto un miscuglio di strategie, blocchi, sussidi, tutti ‘patchwork' – potrà mai risolvere il problema del Waziristan. Fino a che un rullo compressore militare non attarverserà la zona da parte a parte, non ci sarà la pace. Ma io non voglio essere la persona che fa partire il rullo”.
Ali Zardari, l'ambiguo presidente pachistano, è l'uomo in grado di far partire il rullo o si limiterà a gestire un miscuglio disordinato di strategie? “Stranamente – risponde Kilcullen – potrebbe essere entrambe le cose, un rullo compressore ‘patchwork'”. Perché, nonostante l'esercito pachistano stia picchiando duro (spingendo via i miliziani da Buner e Swat e preparando un'operazione nel Waziristan), l'esercito di Islamabad tratta la battaglia come un'offensiva convenzionale, attaccando pesantemente e alienando le popolazioni locali.
L'esercito ripulisce le aree dai talebani, ma poi le riperde subito: la polizia è intimidita, sottopagata e senza armi; i servizi locali non esistono e, come accade a Gaza e nel sud del Libano, i terroristi si occupano del welfare, dando assistenza e radicalizzando la popolazione. Gli attacchi dei talebani a Peshawar, Islamabad, Lahore e Karachi servono a distrarre l'esercito e facilitare l'infiltrazione nelle aree tribali. Intanto, racconta uno delle Forze speciali sul confine, “ogni notte, quando cala il sole, le montagne si riempiono di talebani che si spostano per andare a combattere in Afghanistan”. L'unico modo per fermarli, conclude Kilcullen, è un rullo compressore – azioni militari accompagnate a una strategia di controterrorismo che coinvolga la popolazione – e qualcuno che si prenda la responsabilità di azionarlo.


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