A bordo del Vtml

“E' morto un parà giù a Bala Baluk”, là dove si taglia la via ai talebani

Redazione

Kabul, dal nostro inviato. “E' morto un parà giù a Bala Baluk”. Le facce dei paracadutisti tutte attorno mentre arriva la notizia non tradiscono emozioni. La voce passa mentre sono fermi a un checkpoint afghano nel centro di Kabul, per dare la precedenza al convoglio di massima priorità che sta trasportando l'invisibile presidente Hamid Karzai attraverso le strade piene di gente e di armi.

    Kabul, dal nostro inviato. “E' morto un parà giù a Bala Baluk”. Le facce dei paracadutisti tutte attorno mentre arriva la notizia non tradiscono emozioni. La voce passa mentre sono fermi a un checkpoint afghano nel centro di Kabul, per dare la precedenza al convoglio di massima priorità che sta trasportando l'invisibile presidente Hamid Karzai attraverso le strade piene di gente e di armi. “Che cosa è successo, capitano?”. A piedi, in mezzo ai blindati con le portiere riempite con bottigliette d'acqua che era ghiacciata all'inizio della pattuglia quattro ore fa, assieme all'inviato del Foglio ascoltano gli aggiornamenti che arrivano via telefonino. Nascondono quello che provano. Oppure hanno imparato a considerare la morte come un aspetto oscuro, insondabile ma possibile della loro professione. I poveri figli di mamma della leva mandati per ragioni politiche in missioni più grandi di loro non esistono più. Si sono congedati otto anni fa e hanno lasciato il posto a questi professionisti che hanno sulle facce un'espressione di concentrazione tranquilla.

    A bordo del Vtml, un mezzo della Folgore identico a quello saltato a Bala Baluk, il soldato più giovane ha 24 anni: forse l'età più bassa anche fra tutti i membri della pattuglia. Ma ha già sulle spalle cinque anni da paracadutista e una missione di sicurezza in Libano. “Mina anticarro, sei chilogrammi di esplosivo collegata con due fili elettrici a una piastra a pressione interrata”. Al mattino, a pochi minuti dalla partenza, la radio dentro il mezzo scandisce un paio di volte la notizia del ritrovamento sulla strada per la base avanzata di Musahi, sud di Kabul, di una trappola esplosiva, probabilmente simile per costruzione e funzionamento a quella che ieri ha ucciso il caporalmaggiore Alessandro Di Lisio, un esperto artificiere di 25 anni. “Una ogni quattro giorni, in media, trovate prima che esplodano qui nella nostra zona di operazioni. Che è comunque meno turbolenta della zona ovest, di Herat e Farah, dove è avvenuta l'esplosione”, dicono i paracadutisti. A scoprire la trappola sono stati proprio i commilitoni di Di Lisio nel genio guastatori, 187o Reggimento Paracadutisti, come lui in missione mattutina di “route clearance” con l'obiettivo di bonificare le strade. Poche ore dopo, alle dodici e trenta, è andata peggio. “La bomba ha investito il primo mezzo del convoglio misto, paracadutisti e bersaglieri – dice al Foglio il capitano Vincenzo Lipari – al cinquantesimo chilometro della strada che collega Farah alla Ring Road.

    Oltre all'ucciso ci sono altri tre militari feriti, due sono seri anche se non in pericolo di vita, ricoverati all'ospedale militare di Farah”. I parà che conoscono Di Lisio spiegano che lui durante la missione precedente in Iraq era anche “rallista”, ovvero il mitragliere che sta su in ralla, mezzo sporto, a brandeggiare la mitragliatrice. E' l'uomo più esposto della squadra di quattro che conduce i “Lince”, San Lince in bocca ai soldati per la capacità di neutralizzare gli attacchi nemici. Anche se ieri il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, ha detto che ora ci vuole “una riflessione su mezzi e attrezzature”, i Vtml sono il meglio della loro categoria. Visti da fuori sono mezzi alti e massicci, che persino gli americani con i loro Humvee tracagnotti ci invidiano. Visti da dentro sono ancora più rassicuranti, con un abitacolo ricavato da tubi d'acciaio colossali che avvolge gli uomini.

    Le rotte di fuga dei guerriglieri. La morte del caporalmaggiore Di Lisio e la violenza in crescita contro i parà fanno parte del cambio di strategia in corso in Afghanistan. Prima americani e inglesi attaccavano dal centro in direzione dei confini: ai talebani era sufficiente riparare in Pakistan per poi affluire di nuovo verso il fronte. Ora americani e inglesi attaccano da sud e premono i talebani verso il centro del paese. Per questo le altre truppe Nato che prima giocavano un ruolo di controllo e retrovia ora si trovano in prima linea, a tagliare la strada ai guerriglieri che si spostano. Una delle rotte è quella che da Logar porta verso Kabul: ma nell'area circoscritta ci sono undicimila soldati. Un'altra rotta per scampare è quella da Helmand a nord verso Farah, l'area del comando ovest italiano. In questa seconda area, vasta come il nord Italia, i soldati Isaf sono soltanto 3.500 perché l'annunciato rafforzamento americano deve ancora arrivare. Il 29 maggio, i paracadutisti italiani hanno combattuto una battaglia contro guerriglieri ben armati, ben organizzati e con addestramento militare. Secondo fonti anonime, lo scontro – che non è stato ripreso molto dai media in Italia – ha lasciato sul terreno duecento morti.