Manifesto. Così Francesco Rutelli tenta un nuovo inizio partendo dal bivio del Partito democratico
Nei suoi venti mesi di vita, il Partito Democratico ha amministrato ciò che aveva ereditato, piuttosto che imporre una nuova visione e nuove proposte di riforma per il futuro dell'Italia. Persino più grave della perdita di milioni di voti, appare l'incapacità di presentarsi all'intera società come alternativa credibile a una Destra che, intanto, ha continuato a radicarsi.
Nei suoi venti mesi di vita, il Partito Democratico ha amministrato ciò che aveva ereditato, piuttosto che imporre una nuova visione e nuove proposte di riforma per il futuro dell'Italia.
Persino più grave della perdita di milioni di voti, appare l'incapacità di presentarsi all'intera società come alternativa credibile a una Destra che, intanto, ha continuato a radicarsi.
Il PD è nato per risolvere la crisi di un'ingovernabile Unione di centrosinistra; perché le tradizioni democratiche italiane – incluse quelle della sinistra riformista – puntassero al cuore, al centro della nostra società, per sconfiggere il populismo di destra e guidare una coalizione che non subisse il condizionamento delle tendenze minoritarie di sinistra (conservatrici, demagogiche, giustizialiste).
Una minaccia pesa sul prossimo congresso del PD: che sia una battaglia per prevalere nella ricerca dei consensi interni. Occorre invece dar vita a un progetto appassionante e convincente che prepari la strada per la prossima maggioranza democratica nel paese.
LIBERI DEMOCRATICI
In Italia, questo è il momento delle riforme. A una crisi strutturalmente profonda debbono corrispondere riforme strategiche, se vogliamo che il paese riparta una volta terminata la recessione.
Affrontare la crisi con il consenso popolare è difficile per tutti, nel mondo; per la complessità delle sfide, per la molteplicità degli attori in campo, per il moto incessante e veloce dei cambiamenti globali. In Italia è molto difficile varare le profonde riforme necessarie (non meno che applicarle e controllarne l'attuazione). I governi di destra, pur avendo ottenuto maggioranze ampie, finora non l'hanno fatto; senza dare giudizi negativi su tutti i provvedimenti, è evidente l'assenza di una strategia per uscire dalla spirale che inchioda l'Italia a una crescita vicina allo zero.
Compito dei democratici è costruire il consenso delle vaste forze sociali che trarrebbero vantaggio dalle riforme, a partire dal Nord del paese, e sconfiggere i conservatori.
Se la politica, come ha scritto Hannah Arendt, è “la facoltà di dare inizio”, questo in effetti dovrebbe essere il PD: un nuovo inizio.
Raccogliere valori e ideali che, con il trascorrere del tempo, restano forti; ma sbarazzarsi dei lasciti che strangolano. Fare della minoranza di oggi l'artefice della maggioranza democratica di domani.
La porta d'ingresso dei cittadini alla politica è chiusa. Se prima esistevano partiti popolari che, nei momenti migliori, si aprivano alla società e promuovevano nuove classi dirigenti, oggi la sfiducia sembra impermeabile; il cittadino è, al massimo, uno spettatore vivace dell'arena pubblica. Ma il tesoro futuro della politica sta proprio tra le persone che oggi non la cercano. Dobbiamo far emergere nuove energie: tra gli imprenditori, le donne (ancora troppo escluse dal lavoro), i giovani, i professionisti e i dirigenti (a rischio di precarietà), i lavoratori senza tutele, le classi creative. Tra i molti anziani che desiderano una vecchiaia attiva. Dalla massa ancora disorganizzata dei consumatori.
L'Italia deve riprendere a crescere. Dopo la sbornia della finanza tossica senza regole, l'economia sociale di mercato torna protagonista. Più di ieri, “la competizione è sociale e la politica sociale è produttiva” (1). Compito dei regolatori è chiudere i “buchi neri” del sistema finanziario; compito della politica è difendere il buon funzionamento del mercato: un'economia liberale aperta e dinamica – non il pauperismo! – è il miglior modo per l'uscita dalla povertà e dal degrado umano.
Riformare significa: più liberalizzazioni (nei servizi locali, nelle grandi reti, nei sistemi di trasporto, nell'energia) e più concorrenza. Rigore per ridurre la spesa e risanare la finanza pubblica ed investire per ammodernare e infrastrutturare il paese e promuovere conoscenza, ricerca, innovazione scientifica e tecnologica. Priorità per la piccola impresa, artigianato, cooperazione: semplificazioni burocratiche, accesso al credito, garanzie per i pagamenti dalla P.A. e incentivi mirati a crescita dimensionale, competitività, creazione di occupazione. La dignità del lavoro si promuove tagliando finalmente le tasse sul lavoro, con la contrattazione di secondo livello e assicurando tutele efficaci a chi perde l'occupazione.
Il paese invecchia, mentre nel blocco dell'ascensore sociale resta intrappolato il capitale umano di milioni di giovani. Fuori, nell'inverno demografico, sembra quasi pazzo chi forma una famiglia con più figli. Così, si rompe la coesione del paese.
La crescita dell'economia è indispensabile; non vogliamo però inchiodarci al PIL per definire la felicità, la salute e la qualità della vita delle persone e della comunità nazionale. Ecco una sfida innovativa e matura: mettere al lavoro economisti, scienziati, sociologi indipendenti per creare un migliore termometro del benessere degli italiani. Un IBN, Indicatore del Benessere Nazionale. Volontariato e terzo settore hanno dimostrato di essere motore di arricchimento umano ed economico. Da tempo si studiano i cambiamenti negli stili di vita come fattore anche di innovazione produttiva. Noi desideriamo riflettere su numeri e tendenze per capire e far capire meglio i costi e le opportunità, i guasti e i progressi del vivere contemporaneo.
Parte decisiva dell'innovazione è la trasformazione verde del paese. Finito l'ambientalismo negativo e predicatorio, è tempo di costruire un'identità nazionale del XXI secolo che leghi il paesaggio, l'unicità del patrimonio storico-artistico e le produzioni culturali con la scommessa ecologica, le sue opportunità economiche e di lavoro. L'Amministrazione Obama punta su un'economia a basso carbonio; cresce la consapevolezza delle minacce dei cambiamenti climatici. Dobbiamo progettare la riorganizzazione sostenibile di trasporti, edilizia, sviluppo urbano. Interventi edilizi e ricostruzioni ad alta efficienza vanno incentivati nelle periferie ed in aree già urbanizzate. Per l'autosufficienza energetica, puntiamo su nuove reti nazionali e transnazionali, pluralità delle fonti – senza scelte ideologiche, ma solo di affidabilità e convenienza – incentivi per una generazione incessante di energie rinnovabili.
Non crescerà l'Italia, comunque, senza il Sud. Le criticità locali (mafie, debolezza di classi dirigenti, scarsa qualità amministrativa) esigono una fortissima risposta di volontà politica, non che il Governo definanzi progetti ed opere. Non possiamo accettare la spaccatura dell'Italia nel XXI secolo. Due “vincoli esterni” possono aiutare: l'Europa, per la selezione di investimenti strategici, e un moderno federalismo, per migliorare l'efficienza senza uscire dalla corresponsabilità nazionale. Tocca allo Stato garantire nuove visioni, generazioni e gestioni di programmi di sviluppo.
Secondo alcuni, a sinistra, è sbagliato prendere di petto le politiche per la sicurezza. I Sindaci che le promuovono sarebbero aspiranti-sceriffi; i politici, vani inseguitori delle Destre. Inutile immaginare di conquistare la maggioranza, invece – in un'epoca in cui tra i ceti popolari, e spesso tra i giovani, cresce in modo inquietante la rassicurazione-scorciatoia che assimila crimine a immigrazione – senza chiare azioni contro la criminalità e per la certezza della pena. Occorrono più severità e giustizia a tutela delle vittime dei delitti; serve costruire più carceri, civili e dignitosi; difendere l'efficienza e l'autonomia e non la politicizzazione della magistratura.
L'italiano medio conosce perfettamente i benefici dell'immigrazione e la dignità dell'integrazione. Dobbiamo comprendere l'astrattezza sbagliata del “multiculturalismo” e la saggezza dell'interculturalismo. Occorre distinguere, in modo semplice, il contrasto della tratta di esseri umani e dell'immigrazione clandestina dalla lotta senza quartiere ad un razzismo che sta crescendo in profondità. Dall'indignazione ufficiale alla tolleranza per l'intollerabile: troppi, a destra, stanno passando questo confine.
La crescita dell'Europa è ancora una volta decisiva per la crescita dell'Italia. E' nel nostro interesse – dopo la vittoria euroscettica nelle elezioni europee e prima che insorgano seri problemi dal Regno Unito – accelerare il completamento del mercato unico, dare più razionalità alla concorrenza fiscale, lanciare gli eurobond per realizzare un forte piano di investimenti in ricerca, innovazione, infrastrutture; e promuovere politiche a due velocità, cominciando dall'esercito europeo integrato con i nuovi sviluppi della NATO e da una Comunità europea dell'energia.
Allargando lo sguardo, il ritorno americano al multilateralismo è positivo, ma non eviterà l'arrivo di tempi difficili. Tempi di instabilità regionali e minacce – anche terroristiche – diffuse. Tempi in cui non arretrare da motivazioni etiche e umanitarie di fronte alle dittature. Tempi di ascesa di una Cina con cui sono necessari dialogo e competizione (a fronte del dumping ecologico, dei diritti umani e del lavoro, e del più generale “dumping democratico”). Tempi di crescita di miserie e fame (che accresceranno anche le pressioni migratorie), a partire dall'Africa.
La fragilizzazione della società ha bisogno di un maggiore ordine, a partire dall'educazione. Lo spaesamento che spinge quasi un giovanissimo su due all'abuso di droghe, alcol, sostanze chimiche, è destinato a produrre gravi effetti sociali. Ci vuole più educazione nelle nostre scuole (non solo più istruzione), e anche più severità per far rispettare regole e beni della comunità. Investiamo sulla dignità e professionalità dei nostri insegnanti, cui vanno destinate più risorse e più valutazione dei meriti.
La fragilizzazione dei poteri esige una forte neutralità delle Istituzioni. E di archiviare l'insofferenza che risuona da destra contro la democrazia parlamentare. La riforma per l'efficienza del sistema istituzionale è matura; per molti aspetti, è già condivisa; è necessario che si affermi un federalismo coerente con l'attualissima idea di Carlo Cattaneo: che esso unisca, anziché dividere; che sia fortemente imperniato sui Comuni. Soprattutto dai Comuni gli italiani si aspettano l'esempio del buon servizio pubblico, e l'emergere di una nuova classe dirigente.
Non c'è, però, riforma delle istituzioni senza ripristino dell'onore della politica. E' possibile iniziare con la riduzione del numero dei legislatori, che sono 2.000, tra Parlamento e regioni. Stroncando le occupazioni partigiane nelle amministrazioni, che si estendono persino nei settori tecnici: chi le fa, dev'essere sanzionato nel partito di appartenenza. Etica, sobrietà e legalità restano parole se non si distingue il buon servizio pubblico dall'incapacità, la corruzione e l'arricchimento personale. Ma ci sono tantissime competenze e onestà da apprezzare. Deve aiutarci anche l'autorevolezza dello stimolo critico che in una democrazia moderna spetta a media liberi.
Secolarizzazione della società e persistenza di un cattolicesimo di popolo possono convivere nell'Italia moderna. Dobbiamo tutti rimuovere gli errori compiuti negli ultimi anni, con una retrocessione a contrapposizioni aspre e inconcludenti: la moderna laicità attualizza la separazione tra Dio e Cesare, esclude il clericalismo, apprezza i talenti che le fedi danno alla vita pubblica. Dobbiamo scoprire un nuovo umanesimo laico, se vogliamo il dialogo e poi le decisioni sullo spazio di confine, in continua trasformazione, tra scienza ed etica.
Se per una lingua non trasformarsi è morire (2), per l'Italia la continuità dell'azione riformatrice è indispensabile per vivere.
Perciò occorre il coraggio delle riforme.
Il paese, se non si dà obiettivi ambiziosi, è gravemente a rischio di retrocessione, per il costo del debito, le inefficienze della spesa e delle amministrazioni pubbliche, l'infedeltà fiscale e la pesantezza della tassazione, l'impoverimento del capitale collettivo sommati al duro impatto della crisi.
Non basta l'invettiva per sfidare un centrodestra populista che ha vinto tra i ceti popolari.
Non basta esistere, per il PD. Occorre affermare un'identità, plurale e forte. Come per le persone, anche in politica “l'identità non è data una volta per tutte; si costruisce e si trasforma durante tutta l'esistenza” (3).
L'identità del PD deve affermarsi subito come prodotto di idee, obiettivi, battaglie, dedizione civica, passione repubblicana.
Quando è nato il PD, non era scritto che i Democratici americani avrebbero aperto una nuova stagione. Né che la sinistra europea sarebbe stata sopravanzata e messa in crisi dalle destre. Avere incrociato la novità di Obama e la storica fine dell'autosufficienza della socialdemocrazia nel nostro continente sottolinea ancora l'opportunità e il valore del nuovo inizio democratico in Italia. Ma non ci dà alcuna rendita di posizione; siamo arrivati al bivio: tra un partito che si accomodi a essere per lungo tempo minoranza, e un partito che si batte per formare un'alleanza credibile ed essere maggioranza, conquistando milioni di voti andati al centrodestra, alla protesta, alle astensioni.
Per fare le riforme indispensabili. Per rendere alla politica l'onore smarrito. Per sfidare la destra senza odio. Sul campo delle proposte e delle migliori soluzioni per l'Italia.
Noi, come Liberi Democratici, condividiamo questi indirizzi e ci impegneremo in progetti e iniziative nelle istituzioni, concrete azioni amministrative, incontri e attività nella società civile per contribuire insieme a realizzare queste speranze.
(1) Competition, Responsibility and Solidarity – The Social Market Economy; Bertelsmann, Heinz Nixdorf, Ludwig-Erhard Foundations, 1997
(2) Massimo Cacciari
(3) Amin Maalouf


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