L'Iran funesto

I numeri dell'imbroglio

Redazione

Ieri il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Hassan Qashqavi, ha detto che il risultato delle elezioni del 12 giugno “è la gemma scintillante che brilla in cima alla vetta della dignità iraniana”. Il governo – ha minacciato Qashqavi – non permetterà “ai media occidentali di trasformare questa gemma in una pietra senza valore”.

    Ieri il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Hassan Qashqavi, ha detto che il risultato delle elezioni del 12 giugno “è la gemma scintillante che brilla in cima alla vetta della dignità iraniana”. Il governo – ha minacciato Qashqavi – non permetterà “ai media occidentali di trasformare questa gemma in una pietra senza valore”. Venerdì scorso, la Guida Suprema dell'Iran, l'ayatollah Ali Khamenei, aveva sottolineato nel suo sermone davanti alla folla che “mai la popolazione ha preso parte alle elezioni in così gran numero, fin dalla fondazione della Repubblica islamica. E' il segno dell'amore che gli iraniani portano verso il sistema elettorale”. “Ci sono 11 milioni di voti di scarto, come è possibile parlare di brogli?”. Il giorno dopo le elezioni, l'imam aveva consacrato al volo il risultato chiamandolo: “L'indicazione di Dio”.

    Contestare queste elezioni, è l'avvertimento implicito, trascende le faccende terrene della politica e sfida la religione.
    Ieri però contro l'indicazione di Dio s'è levata – un accadimento inaudito – l'ammissione cauta del Consiglio dei Guardiani, la commissione religiosa che si occupa anche di sorvegliare il meccanismo elettorale: “Ci sono discrepanze nei risultati, in cinquanta città il numero dei voti supera il numero possibile dei votanti”.

    Dai seggi sono uscite più schede elettorali di quanti elettori sono entrati: “L'amore degli iraniani per le elezioni” celebrato da Khamenei quattro giorni fa è stato troppo straripante, e ora sta finendo con il tradire in modo matematico i brogli del regime. In alcuni seggi avrebbe votato il 140 per cento degli elettori registrati. Può succedere soltanto se un folto gruppo di votanti si presenta più volte a votare allo stesso seggio o se le urne sono riempite con quantità eccessive di schede finte. Entrambi i casi sono brogli. Anche se, dicono a testa bassa i Guardiani, “queste discrepanze non violano la legge iraniana”. Altri dati denunciati dai candidati perdenti. Il candidato Karroubi ha preso meno voti nella sua città natale di Oligudarz di quanti erano i suoi volontari per la campagna elettorale. Mir Hossein Moussavi, che in questi giorni guida le proteste, ha perso anche nella sua città natale, Tabriz, dove vive la minoranza azera a cui lui appartiene con orgoglio. Altamente improbabile in Iran, dove il voto per appartenenza etnica al candidato locale è sempre fortissimo. Nella provincia di Moussavi, Ahmadinejad nel 2005 prese 198.417 voti: nel 2009 ne dichiara  1.131.111, dieci volte di più.

    Due giorni fa il più conosciuto think tank britannico che si occupa di affari esteri, Chatham House, ha pubblicato uno studio comparato corredato di dati e statistiche che prova i brogli alle elezioni del 12 giugno. L'istituto di Londra ha preso i dati delle elezioni del 2009 e li ha confrontati con il censimento nazionale del 2006 e con le precedenti elezioni nel 2005. Le “discrepanze”, per usare il termine dimesso dei Guardiani iraniani, sono chiare. Se si prendono i dati dichiarati dal governo per veri, a questa tornata elettorale si sono presentati tredici nuovi milioni di elettori ultraconservatori, che per qualche misterioso motivo non avevano votato nel 2005.

    Ancora altri dati. In almeno dieci province, per accumulare veramente il numero totale di voti che ha dichiarato, Ahmadinejad avrebbe dovuto avere dalla sua parte: tutti gli elettori che lo votarono nel 2005, di nuovo tutti fino all'ultimo; tutti gli elettori che alle scorse elezioni votarono per il candidato “centrista pragmatico” Hashemi Rafsanjani, che disprezza Ahmadinejad, e domenica s'è visto arrestare cinque familiari per la sua posizione antigovernativa; tutti gli elettori che votarono scheda bianca o nulla –  improvvisamente convertiti alla sua linea ultraconservatrice?; e anche il 44 per cento di quelli che votarono riformatore, e che il 12 giugno dovrebbero essere passati con un balzo al campo opposto anche se da due decenni i due schieramenti si odiano.

    Moussavi ora accusa: “Hanno aumentato i ‘seggi mobili' – quelli che sono usati negli ospedali, e che questa volta sono stati usati anche nelle caserme nelle stazioni di polizia, ndr – , questa volta erano almeno 14 mila, su 45 mila totali. Considerato che a nessuno dei nostri rappresentanti è stato concesso di seguirli durante gli spostamenti può essere successo di tutto. Ci sono 45,2 milioni di elettori registrati, e il giorno del voto c'erano 59,6 schede con numeri di serie stampati sopra. Il giorno prima delle elezioni, ne hanno stampate altre, a milioni, senza numeri di serie. Già questo è discutibile. Ma poi è successo che durante le elezioni sono finite le schede. Come è possibile?”.
    Ibrahim Yazdi, ex ministro degli Esteri iraniano agli albori della Repubblica islamica, ora diventato dissidente, dice che anche le modalità dell'annuncio sono cambiate e sono diventate molto più sospette. “Il ministro dell'Interno ha detto che avrebbe sorvegliato il conteggio finale da solo, nel suo ufficio, con due aiutanti. Una volta proclamavano l'esito distretto per distretto, così gli elettori si potevano fare un'idea. Questa volta non l'hanno fatto”.