Rivoluzione di strada a Teheran

Perché ora a Moussavi non resta che mirare alla gola di Khamenei

Redazione

A questo punto, con i carri armati  dell'esercito che per precauzione sorvegliano l'entrata del ministero dell'Interno a Teheran e l'arruolamento di arabi prezzolati perché si uniscano alle milizie bassiji e fare il lavoro sporco che i persiani non apprezzano – picchiare altri persiani – la situazione in Iran è andata troppo in là. Ora i due gruppi di potere in lotta al vertice della Repubblica islamica devono mirare alla gola l'uno dell'altro. Per questo motivo entrambi cercano il colpo decisivo. Leggi Morte alle patate - Leggi Ecco perché vogliamo tornare al voto, l'intervista a una studentessa iraniana

    A questo punto, con i carri armati dell'esercito che per precauzione sorvegliano l'entrata del ministero dell'Interno a Teheran e l'arruolamento di arabi prezzolati perché si uniscano alle milizie bassiji e fare il lavoro sporco che i persiani non apprezzano – picchiare altri persiani – la situazione in Iran è andata troppo in là. Ora i due gruppi di potere in lotta al vertice della Repubblica islamica devono mirare alla gola l'uno dell'altro, perché non ci si può più ritirare dal confronto, pena il subire conseguenze definitive. Per questo motivo entrambi cercano il colpo decisivo. Lo schieramento dominante è fortissimo: la fazione del presidente vincente Mahmoud Ahmadinejad, le Guardie rivoluzionarie, l'apparato dell'intelligence, il ministero dell'Interno, le milizie volontarie bassiji, gli elettori delle campagne e sopra tutti la Guida Suprema, l'ayatollah Ali Khamenei. Loro il colpo lo hanno già vibrato: 64 per cento nelle urne al primo turno a favore del presidente, con un distacco così alto da annullare qualsiasi speranza di un rischioso ballottaggio.

    Quello ribelle conta la Vecchia guardia della Rivoluzione: l'ex padrino della “mafia del petrolio” iraniana Hashemi Rafsanjani  – negli ultimi due anni il potere della petroborsa è passato però alla fazione avversaria, che ne ha fatto largo abuso elettorale – Mohammed Khatami e il candidato perdente Mir Hossein Moussavi; il “popolo di Gucci” di Teheran nord, quindi l'élite cosmopolita e alla moda; il settore business che teme altre sanzioni; i giovani irrequieti che snobbano le casse di patate regalate dalla campagna elettorale di Ahmadinejad e violerebbero lo status quo sotto qualsiasi bandiera; l'intellighenzia e le donne di città.

    Questo secondo gruppo non è riuscito a dare il colpo decisivo nelle urne. E' quindi costretto ora a mirare ancora più in alto di Ahmadinejad, contro il reggente e centro solare di tutto il sistema: la Guida Suprema Khamenei. Come nota Trita Parsi, del Council of Foreign Relations, Rafsanjani è andato alla città sacra di Qom a contare i voti di cui dispone dentro al Consiglio degli esperti che presiede. Il Consiglio, composto da 86 religiosi, è l'organismo che può – ipotesi inaudita, ma sono tempi eccezionali – legalmente deporre Khamenei. Anche Moussavi sta tentando di scavalcare o almeno indebolire l'autorità della Guida. Ha spedito una lettera aperta ai mullah di Qom in cui chiede l'annullamento delle elezioni, per combattere Khamenei sul suo stesso terreno di autorità religiosa.

    L'hojatoleslam Ali Akbar Mohtashami-pour, capo della commissione di monitoraggio sul voto, ha risposto richiedendo ufficialmente al Consiglio dei guardiani che il voto sia annullato e ripetuto. Un altro dei reggenti di Qom, il grande ayatollah Sanei, he emanato una fatwa che definisce i brogli “peccato mortale” e ha separatamente definito la presidenza di Ahmadinejad “illegittima”. La polizia ha circondato la sua casa e il suo ufficio. L'ex ministro della Cultura e della Guida islamica, l'ayatollah Mohajerani, ha detto alla Bbc Farsi che la Guida Suprema “non è infallibile” e dovrebbe essere sostituita in caso di “disonestà”. I manifestanti stanno distribuendo in queste ore un manifesto con sette richieste: la più importante è sostituire Khamenei con l'ayatollah Montazeri, un tempo successore designato di Khomeini e ora marja, autorità religiosa, da molti considerato più carismatico e influente della stessa Guida Suprema in carica. Montazeri per ora non ha sciolto il suo silenzio.

    Anche il candidato Mohsen Rezai, ex comandante delle Guardie rivoluzionarie, ha mandato una lettera al Consiglio dei guardiani per protestare: “Le elezioni sono illegittime”. L'ex pasdaran Rezai – che naturalmente conserva influenza e carisma con i suoi ex sottoposti e collaboratori – è delusissimo, credeva di ricevere tra i tre e i sette milioni di voti, ne ha presi soltanto un milione. Il suo passaggio all'opposizione segue la manovra contro Khamenei: dividere la teocrazia, e dopo dividere anche per quanto è possibile l'establishment militare.

    Si accumulano gli indizi che l'elezione di Ahmadinejad è stata manipolata grossolanamente. In effetti la gara in Iran è sempre  già falsata in partenza: i candidati sono scelti dall'alto e nessuno costituisce un'autentica sfida al potere. Ma la Repubblica islamica ha sempre riposto molto orgoglio nella finzione ben interpretata del voto, come rito di rinnovamento e conferma dell'amore tra il popolo e la Rivoluzione. Questa volta i dati sono meno credibili del solito. Il candidato Karroubi ha preso meno voti nella sua città natale di Oligudarz di quanti erano i suoi volontari per la campagna elettorale. La tv di stato ha annunciato sabato la vittoria di Ahmadinejad anche nelle province sunnite di confine del Sistan Belucistan, che lo odiano: così inverosimile che poi ha ritrattato la notizia. Venerdì sera i seggi hanno chiuso alle dieci. Ma già all'una, in tre sole ore, le commissioni pretendevano di avere contato a mano l'81 per cento di 39 milioni di voti, e si affrettavano ad annunciarlo in tv.(Nella foto: Una manifestante iraniana minacciata nelle vie di Teheran - foto Reuters)

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