I rossoneri oltre Kaká
Le conclusioni della tesi di Lara Comi sul Milan
Le società calcistiche italiane stanno attraversando una fase di radicale cambiamento, volta a conseguire una dimensione più competitiva ed efficiente della loro attività. Operare secondo logiche aziendali ed impostare una struttura realmente efficace ripensando o creando funzioni quali marketing, organizzazione, finanza, deve essere il primo passo verso l'auspicato riallineamento dei club calcistici al modello d'impresa.
Le società calcistiche italiane stanno attraversando una fase di radicale cambiamento, volta a conseguire una dimensione più competitiva ed efficiente della loro attività. Operare secondo logiche aziendali ed impostare una struttura realmente efficace ripensando o creando funzioni quali marketing, organizzazione, finanza, deve essere il primo passo verso l'auspicato riallineamento dei club calcistici al modello d'impresa. La struttura organizzativa di riferimento, che ha dominato per molti anni e che ancor oggi si può riscontrare in realtà importanti, si fonda sul principio cardine del presidente mecenate: un imprenditore di successo, che investe nella squadra, spinto dalla passione e dai profitti. L'approccio al business é in questi casi puramente soggettivo, poco o nessuno spazio viene lasciato a figure manageriali ,delle quali spesso non si avverte l'esigenza.
La scarsa considerazione per le componenti aziendali si riflette sulla struttura organizzativa la quale, sia per realtà di modesta dimensione sia per club di primaria importanza, si limita a prevedere le aree strettamente necessarie alla gestione tecnico-sportiva. Le responsabilità in materia amministrativa, marketing e sponsorizzazioni ricadono direttamente sul presidente, o su persone sprovviste di una professionalità specifica. Il risultato di questo modello aziendale sono: bilanci societari costantemente in perdita, spreco ingente di risorse e di opportunità e basso profilo del servizio offerto al pubblico. L'impulso delle forze di mercato verso un'apertura del settore a logiche competitive e la possibilità di operare, con veste giuridica di S.p.A. a fine di lucro, hanno fatto velocemente emergere i limiti dell'impostazione culturale esistente. Si deve così sollecitare l'innovazione di un modello di gestione di stampo manageriale e di assetti organizzativi adeguati. I club calcistici, in quest'ambito, si configurano prima di tutto come entità sociali, profondamente inserite nel contesto dell'industria dello sport, rivolte al raggiungimento dei risultati sportivi e con uno strutturato sistema d' attività.
La cultura costituisce l'elemento fondante di tali realtà, laddove si manifesta sotto forma di simboli, di miti, ed è sostenuta nel tempo dagli atleti, dai presidenti e dai tifosi. A differenza di altre realtà economiche, essa non vive entro la cerchia ristretta della società, ma coinvolge il pubblico che ne diviene elemento attivo e parte integrante. Nasce così un approccio culturale al management del business sportivo, dove gli obiettivi e le strategie aziendali sono definiti sulla base dei valori, delle idee e dei principi condivisi dai membri dello stesso club (la managerialità culturale).
Le società professionistiche sono in realtà aperte verso l'esterno e proprio dall'interazione con il territorio, con il pubblico e con gli attori del settore sportivo, esse trovano la propria dimensione economica e sociale. Il passaggio dal modello soggettivo al modello culturale delineato non è un cambiamento imposto, ma scaturito, al contrario, dalle pressioni esercitate dal mercato e dalla presa di coscienza della necessità di superare le logiche, proprie del mecenatismo, per competere in un settore, quello sportivo, che richiede ormai competenze manageriali specifiche in ogni area strategica. Il calcio è un'attività in trasformazione: le società diventano aziende e i dirigenti veri e propri manager, esperti di diritto, finanza, problematiche fiscali e tributarie, marketing, organizzazione e tecniche di gestione. A maggior ragione, pensando al progressivo ingresso in borsa delle società calcistiche, è necessario uscire da una logica d'interesse soggettivo a favore di un management competente, attento alle aspettative e alle esigenze di chi, non solo come tifoso ma anche come soggetto economico, ha riposto la sua fiducia nel club.
Con il diffondersi della pratica sportiva si assiste ad un progressivo aumento dell'agonismo e, di conseguenza, della programmazione dell'attività societaria. La finalità agonistica inizia così a prevalere su quella ricreativa che, in ogni caso, continua a coinvolgere milioni di persone. Il fenomeno della diffusione dell'agonismo determina la progressiva trasformazione dei vecchi sodalizi sportivi, che si sono dotati, con il passare del tempo e l'aumento degli impegni agonistici, di una struttura sempre più complessa sotto il profilo finanziario ed organizzativo. Nelle società italiane è tuttora molto diffusa la figura del “Presidente-Padrone” che, con le proprie risorse, sostiene la gestione di un club, talvolta di grandi dimensioni. Il futuro prospetta cambiamenti: con l'aumentare degli impegni sportivi, le esigenze finanziarie crescono così tanto da non riuscire più ad essere compensate dalle quote sociali o dai contributi volontari di amici. Con l'avvento del professionismo, l'atleta non è più soltanto un appassionato, ma diventa anche un dipendente, una risorsa della società, determinando, così, maggiori costi e responsabilità, una configurazione diversa per l'associazione. La struttura societaria inizia, pertanto, a mutare profondamente. Si assiste ad una scissione tra chi pratica l'attività sportiva e chi si occupa esclusivamente di far funzionare la società stessa, assistendo così ad un aumento delle spese di gestione a fronte delle quali sono necessari sempre più consistenti introiti finanziari. Tra i club calcistici non esiste un modello predominante di organizzazione aziendale. Ogni squadra si gestisce a modo proprio, talvolta cambiando spesso ruoli e persone alla dirigenza della squadra, il più delle volte con effetti destabilizzanti, per lo meno dal punto di vista sportivo. Empiricamente, infatti, il campo da gioco sembra premiare quelle società che hanno puntato ad una continuità aziendale, come il Milan, che da anni ha persone esperte al comando e gli stessi schemi dirigenziali, mentre ha bocciato altri modelli organizzativi come quello dell'Inter che ha più volte modificato la propria strategia non traendone alcun vantaggio. Per questo motivo , nella realizzazione del progetto, è stato utilizzato AC Milan come testimonianza di efficienza organizzativa e gestionale. L'ambiente è accogliente, sembra di essere in famiglia. Il legame tra i giocatori e i dirigenti è molto stretto ed amichevole. E' un rapporto che va oltre il campo da gioco: interessa molte attività ludiche e di beneficenza. E' importante ricordare la Fondazione Milan, una onlus inserita perfettamente nella struttura AC MIlan, così da creare dal profit il no-profit. Anche il legame con gli sponsor è di lunga durata: la partnership con Adidas e General Motors è stabile da 12 anni. Un unico mix di assets per promuovere le diverse attività, avendo anche un potente strumento di comunicazione e supporto globale combinato con un'elevata visibilità televisiva mondiale. Non sempre è tutto oro quel che luccica: il fenomeno Calciopoli ha creato, la scorsa estate, serie difficoltà a club importanti tra i quali Milan e Juventus. Si può parlare di una vera e propria crisi che ha colpito il mondo dello calcio italiano ed europeo, e della quale oggi tanto si discute, ma che in realtà ha avuto inizio negli anni scorsi. Parte della responsabilità è ascrivibile a coloro che hanno gestito il calcio dal punto di vista istituzionale ed economico, conducendolo ,di fatto, sull'orlo di un baratro. Si sono registrate spese che hanno superato di gran lunga gli incassi, e ciò per una impresa come quella calcistica (non bisogna mai dimenticare infatti che i club sono delle società di capitali) di certo non è auspicabile secondo i principi contabili.
Anni fa un'analoga situazione si è verifica nell'ambiento dello sport professionistico americano. Sebbene siano presenti notevoli differenze tra lo sport squadra statunitense e quello europeo, per ambedue non è possibile prescindere da alcuni principi basilari come quelli contabili che regolamentano tali soggetti giuridici.
In Europa lo sport ha una struttura piramidale (Federazione Internazionale, nazionale, club che partecipano ai rispettivi campionati) e gli sport di squadra si basano sul principio della promozione e della retrocessione. In America, invece, gli sport di squadra professionistici sono regolati da Leghe con un sistema chiuso: possono farne parte quelle società sportive che sono in grado di sostenere i costi necessari per affrontare il campionato. Questo implica che le società sportive sono sottoposte ad un necessario “vincolo di bilancio”. E' noto che il sistema della promozione e retrocessione produce, non solo dal punto di vista agonistico, risultati eccellenti, dal momento che la prospettiva di una promozione e retrocessione per una squadra rappresenta un incentivo importante che spinge l'atleta ,e quindi la squadra, ad impegnarsi al massimo. Tale impulso è foriero, per il pubblico, di notevoli valenze sotto il profilo emotivo, che si estrinsecano nella tipologia sociologica del “tifo”. Un aspetto debole di questo sistema consiste nel fatto ,che esso può considerarsi veramente valido solo quando è la componente popolare a prevalere: quando invece prevale l'aspetto professionistico, è il sistema americano ad essere più efficiente.
Se una Lega sportiva si fonda sul principio del rispetto del vincolo di bilancio, sia le finalità tecnico-agonistiche, sia quelle economiche, raggiungono una situazione di sostanziale equilibrio. Introducendo il vincolo di bilancio, non risulterebbe in alcun modo compromesso lo spirito agonistico, che dello sport racchiude le caratteristiche più affascinanti ,fin dai tempi più remoti. Non si possono dimenticare che vi sono discipline sportive in cui gli atleti mostrano un alto senso dell'agonismo, pur ricavando economicamente molto poco dalle loro prestazioni. Una lega sportiva professionistica che si fondi al contempo sul rispetto del vincolo di bilancio e sul meccanismo di promozione e retrocessione, sicuramente avrà società con il bilancio in ordine, essendo costrette a ben programmare le entrate e le uscite, la qual cosa comporterà per esse notevoli benefici soprattutto nei rapporti con i soggetti giuridici come pubbliche amministrazioni, banche e con i mercati finanziari. Tutto ciò comporterebbe anche una maggiore fiducia da parte degli azionisti ,che hanno investito nella squadra del cuore, soprattutto se quest'ultima s'impegna a rispettare i principi di trasparenza e di correttezza, oltre che ad informare il modus gerendi ad una ineccepibile disciplina contabile. All'insegna della trasparenza oggi le squadre devono spendere ciò che possono in termini di bilancio vero e trasparente e non quello che desiderano, alla luce di conti immaginari e gonfiati.
Una soluzione che si può adottare, che non è l'unica ma che forse rappresenta quella più realistica, è di sottoporre i club di serie A e di serie B al controllo di un'unica società di revisione tra quelle più accreditate e indipendenti, al fine di garantire l'uniformità del metodo di valutazione e l'uguaglianza del trattamento scelto.
Altra iniziativa potrebbe essere quella di non consentire l'acquisto delle prestazioni agonistiche di giocatori a quelle società che, a seguito della revisione dei bilanci, mostrino l'esistenza di perdite. I nuovi acquisti potrebbero essere vietati anche a quei Club che, pur avendo i bilanci in attivo, hanno impegni finanziari da sostenere superiori alla loro reale disponibilità. In questo caso l'atto negoziale potrebbe essere considerato nullo e nei casi più gravi si potrebbe conseguire l'esclusione dal campionato.


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