Domande da porci

Ecco dove è nata la febbre suina

Redazione

Le squadre del Cdc e dell'Usda sono arrivate in Messico per investigare sulla nuova forma di virus mortale che riesce a passare dai suini agli umani. Il Cdc è il Centro di Controllo e prevenzione delle malattie, erede di una struttura militare americana messa in piedi per sorvegliare i focolai di un possibile attacco batteriologico.

    Le squadre del Cdc e dell'Usda sono arrivate in Messico per investigare sulla nuova forma di virus mortale che riesce a passare dai suini agli umani. Il Cdc è il Centro di Controllo e prevenzione delle malattie, erede di una struttura militare americana messa in piedi per sorvegliare i focolai di un possibile attacco batteriologico. L'Usda è il dipartimento dell'Agricoltura. Gli esperti hanno già i sospetti da controllare: secondo David Kirby, ex giornalista specializzato del New York Times, sono i Cafo – Confined animal feeding operations, l'acronimo si pronuncia cheifo – nati a centinaia negli ultimi anni in Messico. Sono enormi scatoloni per l'allevamento superristretto e intensivo dei maiali secondo procedure industriali. Suini stipati a 2.500 per capannone – alcuni stabilimenti ne allevano assieme centinaia di migliaia – e manodopera al lavoro in ambienti saturi di germi patogeni.

    Secondo un sito specializzato nel seguire le traiettorie e la diffusione delle malattie, Biosurveillance, questo nuovo ceppo mortale di febbre suina arriva proprio da uno stabilimento di questo tipo della Granjas Carroll, una subappaltatrice della americana Smithfield Foods a Perote: un Cafo da 56 mila scrofe fattrici che nel 2008 da solo ha allevato e venduto 950.000 maiali. I problemi laggiù sarebbero cominciati già da tempo, almeno da un mese. I Cafo sono hangar chiusi, lunghi e bianchi, con enormi ventole d'aerazione alle estremità e recinzioni tutt'attorno che tengono alla larga chi sta all'esterno: sono ambienti deboli, vulnerabili e biologicamente depressi, che non sopportano l'arrivo di virus addosso a uno sconosciuto ed emettono vapori asfissianti saturi di ammoniaca, solfato di idrogeno e ossido di carbonio. Per accedere ci sono procedure igieniche precise, come i lavaggi settici e il cambio delle calzature. Nonostante questo, i Cafo messicani sono bombe biologiche.

    Nel sud del paese, dove hanno sostituito i metodi più tradizionali di allevamento, la febbre suina, la “classica” non la nuova mutazione, è endemica. L'area attorno alla capitale – colpita di recente e a più riprese dalla mancanza d'acqua – è invece considerata area “di sradicamento”, nel senso che il virus è presente in pianta stabile e c'è una campagna permanente per sradicarlo. Quando l'epidemia rompe i livelli di guardia, viene interrotta la circolazione degli animali e si procede a sommarie “decimazioni”. Anche nei Cafo europei e americani gli addetti al lavoro sono più esposti ad agenti potenzialmente letali come l'Mrsa (Stafilococco aureo resistente alla Meticillina), l'E. Coli e la Salmonella nella forma immune ai farmaci e ovviamente come la febbre suina. Figurarsi in Messico, dove gli standard sono più laschi. “I Cafo non sono biosicuri – dice la dottoressa Ellen Silbergeld, della Johns Hopkins University che studia le evoluzioni patogene nei Cafo – hanno una ventilazione intensa e numeri enormi di animali che morirebbero per il calore senza la ventilazione. Sono colture batteriche e di virus. Non sono biosicuri né in entrata né in uscita”. Secondo i ricercatori, i dipendenti degli stabilimenti sono più a rischio di malattia e di contagio rispetto a quelli addetti a fattorie con meno animali e procedure non esasperate. Di solito, però, il contagio si fermava alle famiglie dei lavoratori. Ora non è più così.

    Quello che è successo, secondo le prime ipotesi formulate da Kirby, è che un ceppo di febbre suina americano si sia mescolato con uno euroasiatico e con un terzo di febbre aviaria. Un eventualità che le procedure industriali di sicurezza tentano di scongiurare: i Cafo sono coperti, per evitare gli escrementi d'uccelli, sono chiusi, per evitare “incursioni” avicole,  e i lavoranti devono indossare calzature non contaminate per evitare qualsiasi forma di contaminazione. Ma le procedure cautelative potrebbero non essere bastate, e la nuova mutazione avrebbe acquistato la facilità infettiva dell'aviaria.