Da “La chiusura della mente americana” di Allan Bloom
Università piene di eunuchi guardiani e ciarlatani
Cornell era all'avanguardia di certe tendenze nelle scienze umanistiche, come pure in politica. Per diversi anni c'era stata un'operazione di naturalizzazione delle idee della sinistra radicale francese in letteratura comparata. Da Sartre, attraverso Goldmann, fino a Foucault e Derrida, ogni ondata successiva ricadeva sulle spiagge di Cornell. Queste idee dovevano dare nuova vita ai vecchi libri.
Pubblichiamo uno stralcio del libro “La chiusura della mente americana” di Allan Bloom edito da Lindau e in libreria in questi giorni (pp. 414-418)
Cornell era all'avanguardia di certe tendenze nelle scienze umanistiche, come pure in politica. Per diversi anni c'era stata un'operazione di naturalizzazione delle idee della sinistra radicale francese in letteratura comparata. Da Sartre, attraverso Goldmann, fino a Foucault e Derrida, ogni ondata successiva ricadeva sulle spiagge di Cornell. Queste idee dovevano dare nuova vita ai vecchi libri. Una tecnica di lettura, una struttura interpretativa – Marx, Freud, lo strutturalismo e così via – potevano incorporare questi stanchi libri e renderli parte della coscienza rivoluzionaria. Almeno c'era un ruolo attivo, progressista per gli umanisti, che erano stati soltanto antiquari, eunuchi guardiani di un harem di cortigiane invecchiate e ormai poco attraenti. Inoltre lo storicismo quasi universale prevalente nelle discipline umanistiche preparò l'anima al culto per l'emergente. A ciò si aggiungeva la speranza che in tali mutamenti la cultura avrebbe preso il sopravvento sulla scienza. L'ideologia antiuniversitaria degli intellettuali, della quale ho parlato, si espresse in queste condizioni, perché fu possibile pensare che l'università fosse uno stadio storico. Pochi mesi prima di morire Lucien Goldmann mi disse di essere privilegiato perché aveva vissuto tanto da vedere suo figlio di nove anni gettare un sasso contro una vetrina nella Parigi del 1968. I suoi studi di Racine e Pascal culminarono in questo. Humanitas rediviva! (…) In queste discipline le tentazioni di alterare i fatti sono enormi. Premi, punizioni, denaro, lodi, biasimo, senso di colpa e desiderio di far bene, tutto gira turbinosamente attorno a esse, stordendo i loro seguaci. Ciascuno vuole che la storia narrata dalla scienza sociale si adatti ai suoi desideri e ai suoi bisogni. Hobbes disse che se il fatto che due più due fa quattro dovesse assumere rilevanza politica, ci sarebbe una fazione che sostiene che non è vero. La scienza sociale ha avuto più della sua quota di ideologi e ciarlatani. Ma ha anche prodotto studiosi di grande probità, le cui opere hanno reso più difficile il trionfo della politica disonesta. Fu dunque la scienza sociale a essere colpita per prima dai radicali. Un gruppo di attivisti neri interruppe la lezione di un docente di economia, quindi andò in presidenza e tenne in ostaggio per tredici ore il presidente e la sua segretaria (che soffriva di cuore). L'accusa naturalmente era di razzismo, perché il professore usava uno standard occidentale per valutare l'efficacia degli studenti di colore nella sua materia. Gli studenti furono elogiati per aver richiamato l'attenzione delle autorità su questo problema, il rettore si rifiutò di sporgere denuncia contro di loro e il docente scomparve miracolosamente dal campus e non fu mai più rivisto. Questo genere di soluzione dei problemi era tipico, ma non piacque ad alcuni professori di scienze sociali. Agli storici si chiese di riscrivere la storia del mondo e in particolare quella degli Stati Uniti, in modo da dimostrare che le nazioni erano dei sistemi che cospiravano per il dominio e lo sfruttamento. Gli psicologi furono tormentati perché dimostrassero il danno psicologico causato dall'ineguaglianza e dall'esistenza delle armi nucleari e provassero che gli uomini di stato americani erano paranoici nei confronti dell'Unione Sovietica. I politologi furono energicamente invitati a interpretare i nordvietnamiti come nazionalisti e a togliere all'Unione Sovietica le stigmate del totalitarismo. Qualsiasi concepibile idea radicale sulla politica interna o estera chiedeva supporto alle scienze sociali. In particolare la scienza sociale doveva esorcizzare i crimini di elitarismo, maschilismo e razzismo ed essere usata come strumento per combattere loro e un ottavo peccato capitale, l'anticomunismo. Nessuno naturalmente avrebbe osato confessare uno di questi peccati e dalla scena scomparve persino un serio dibattito sulla questione di base, l'uguaglianza stessa. Come nel Medioevo quando tutti, salvo qualche intrepida e pazza anima, professavano il cristianesimo e l'unico dibattito era sull'ortodossia costituita, la principale attività degli studenti di scienza sociale era identificare gli eretici.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
Fare esercizio fisico va bene, ma non allenatevi troppo
