Titoli tossici, cioè all'uranio
Nel 2007 il mostro spaziale delle banche Lehman Brothers ebbe una folgorante intuizione: il prezzo dell'uranio salirà e salirà ancora, dai poveri 13 dollari al chilogrammo del 2001 fino a raggiungere i circa 335 dollari al chilogrammo tra due anni, nel 2009. “Non è mica l'alluminio o il carbone, quelli salgono soltanto perché se lo accaparrano i cinesi. L'uranio, invece, quello sì che tirerà”, diceva il rapporto Lehman. Giusto? Sbagliato.
Nel 2007 il mostro spaziale delle banche Lehman Brothers ebbe una folgorante intuizione: il prezzo dell'uranio salirà e salirà ancora, dai poveri 13 dollari al chilogrammo del 2001 fino a raggiungere i circa 335 dollari al chilogrammo tra due anni, nel 2009. “Non è mica l'alluminio o il carbone, quelli salgono soltanto perché se lo accaparrano i cinesi. L'uranio, invece, quello sì che tirerà”, diceva il rapporto Lehman. Giusto? Sbagliato, oggi l'uranio vale circa 80 dollari al chilogrammo, un terzo meno rispetto al 2007: e il riverito ufficio studi e previsioni di Lehman Brothers non c'è più, inghiottito assieme a tutto il resto dal crac economico. Le materie leggere sopravvissute all'implosione della banca nello scorso settembre – dipendenti e analisti in cravatta con le loro scatole di cartone – si sono già disperse seguendo le correnti fredde del mercato del lavoro. I detriti pesanti restano però saldamente piantati al loro posto. In un caveau canadese ci sono ancora 250 tonnellate di uranio Lehman Brothers, in forma di yellowcake: pasta minerale granulosa e friabile di colorito giallo intenso e leggermente radioattiva, così apprezzata dai cacciatori di combustibile per armi nucleari (era lo yellowcake al centro della tormentata bufala su Saddam Hussein a caccia di uranio in Niger).
Ovvio che a Lehman Brothers s'erano fregati le mani: mettiamo da parte ora e rivenderemo poi, quando il mercato affamato di energia nucleare sarà disposto a pagare a caro prezzo. Viene da chiedersi, affascinati, se Lehman Brothers si è accaparrata anche altri tipi di commodities: forse possiede enormi caveau ancora da scoprire, riempiti con alluminio, potassio, riso, carbone, sale, argento, zucchero, sacchi di frumento o barili di greggio. Se avessero ancora lo stesso lavoro, o anche soltanto un lavoro, oggi i lehmaniani scoprirebbero che l'affare era un abbaglio atomico. Ma hanno commesso prima altri errori più grossi, e oggi il Lehman Brothers Yellowcake Gran Riserva non è la loro preoccupazione maggiore. Il debito della banca è un abisso di circa duecento miliardi di dollari, la somma che si può fare in fase di liquidazione rivendendo l'uranio è di soli 20 milioni di dollari. Tanto più che l'incertezza sulla sorte delle scorte radioattive di Lehman contribuisce a tenere i prezzi rasoterra. Sul mercato tutti sanno che il deposito c'è, se quelli lo svuotano di colpo per fare cassa il prezzo s'abbassa ancora. Ma dalla ex banca fanno sapere: “Non abbiamo una mentalità da saldi, lo venderemo piano nei prossimi due anni”.
Sono gli inconvenienti che capitano quando i grandi poteri vengono giù. Capitò anche dopo la cacciata di Saddam Hussein: gli americani nel luglio 2008 dovettero trasferire a Montreal – sempre lassù in Canada – 606 tonnellate di yellowcake, enorme rimasuglio del programma nucleare iracheno (sul serio! Controllate le agenzie dell'Associated Press dell'epoca).
Che cosa si può fare ora con tutto quell'uranio? I lehmaniani potrebbero rivolgersi al mercato nero, ci sono ottime quotazioni. Ma senza fare la fine dei quattro contrabbandieri cinesi che due anni fa trafugarono da una miniera militare il solito yellowcake, con l'intenzione di rivenderlo al prezzo favoloso di 32 mila dollari al chilogrammo. Fecero l'errore di trasportarlo in semplici bottiglie di plastica e furono trascinati davanti alla Corte in condizioni miserevoli: causa radiazioni, erano diventati pallidi come fantasmi, letargici, con i capelli innaturalmente bianchi. O forse, suggerisce il blog americano Gawker, il gran cattivo, l'amministratore delegato che ha portato Lehman Brothers alla rovina, Richard “Dick” Fuld – “il gorilla di Wall Street”, cinquecento milioni di dollari di paga – dovrebbe usare l'uranio bastante per una bomba atomica per finire in bellezza, rivelarsi finalmente per il malvagio da fumetti che è e prendere in ostaggio almeno una città americana.


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