Il tocco del macabro

Redazione

Nella vita ci sono cose difficilissime da fare. Ad esempio negoziare con l'Iran o arginare le fregole macabre del Cav. quando s'accosta al genere della barzelletta. Al momento fatidico, quando persino gli avversari tracannano cicuta a tutta forza, la cosa gli sfugge di mano, il premier getta la zavorra e prende il volo verso i cieli del cattivo gusto.

    Nella vita ci sono cose difficilissime da fare. Ad esempio negoziare con l'Iran o arginare le fregole macabre del Cav. quando s'accosta al genere della barzelletta. Al momento fatidico, quando persino gli avversari tracannano cicuta a tutta forza, la cosa gli sfugge di mano, il premier getta la zavorra e prende il volo verso i cieli del cattivo gusto. A voler essere sinceri, nel frequentatissimo prontuario berlusconiano quella sui desaparecidos fa scappar da ridere – nel senso che non occupa esattamente la leadership del macabro, è soltanto un reggente. E l'avversario a corto di appigli ne approfitta per condannare con sdegno le offese al popolo argentino: Fassino gli dà del guascone, il sito del Pd ne parla come di “un comico che ha sbagliato mestiere”.

    Che l'Argentina non abbia apprezzato la battuta di Berlusconi (“Fanno paragoni azzardati – ha detto all'ultimo comizio sardo di Cappellacci – dicono che assomiglio a quel dittatore argentino che metteva i suoi oppositori su un aereo, apriva gli sportelli e diceva ‘è una bella giornata di sole andate fuori a giocare a pallone'”) ci sta. Ma in Italia le vesti lacerate della sinistra sono l'arma spuntata di chi finge di non aver capito con chi ha a che fare. Semplicemente il berlusconismo non può abolire la barzelletta incline al grottesco, non ha alternative; è una di quelle cose invise e immortali, come il correttore di word o Sanremo, che in fondo, si dice, fanno parte del gioco. Alla fine l'oscillazione a piacere fra comico e grottesco si affermerà come genere: nei manuali di storia dei nostri nipoti ci saranno le barzellette “alla Berlusconi”, ad intendere quel filone comico che ripropone battute logore nei contesti meno indicati. Di questo si tratta: le gag del Cav. sono ciarpame da osteria elevato a uova di Fabergé.

    Circa un anno fa, davanti ai membri dell'associazione “Amici ebrei di Libia”, ne ha raccontata una di quelle toste. Un ebreo va dal suo rabbino e gli dice: “Devo confessarti che durante la guerra ho nascosto una persona”. “Bravo”, fa il Rabbino. “Sì – lo interrompe l'ebreo – ma gli ho fatto pagare mille dollari al giorno”. “Così tanto? Vabbè, comunque sia ti assolvo”. “Grazie, ma secondo te – aggiunge l'ebreo – gli devo dire che la Guerra mondiale è finita?”. Metà del paese si è sdegnata per un tale affronto alla memoria collettiva; l'altra metà è rimasta delusa, la sapeva già. E sempre in tema, neanche un mese fa a Nuoro il Cav. ha sfoggiato quella del Kapò che dà due notizie ai prigionieri, una buona e una cattiva. Quella buona è che la metà di loro sarà trasferita in un altro campo, ma, con agile piroetta lessicale, si scopre infine che la metà è quella che va dalla cinta in giù. Poi ci sono i malati di Aids a cui il medico consiglia di fare sabbiature per abituarsi a stare sotto terra. Saggi che hanno prodotto sconcerto e polemiche – neanche troppo campate per aria – ma viziate da una confusione dei piani. Il populismo italiano del Cav. sdogana in pubblico quello che tutti fanno nel silenzio di casa propria. Mai riso per una barzelletta su desaparecidos, omosessuali, ebrei? Sicuri?