Manifesto della “nuova alba”
Viva il socialismo, il primo premier a dirlo chiaro e tondo viene dall'Australia
Kevin Rudd, premier australiano, ha decretato la fine del neoliberismo e sta ponendo le basi per un modello di governo dell'economia che, al pari del thatcherismo e del reaganismo negli anni Ottanta, s'imponga come nuova filosofia. E' la prima volta, da quando è scoppiata la crisi, che un politico redige un manifesto per giustificare le azioni salvaeconomia.
Kevin Rudd, premier australiano, ha decretato la fine del neoliberismo e sta ponendo le basi per un modello di governo dell'economia che, al pari del thatcherismo e del reaganismo negli anni Ottanta, s'imponga come nuova filosofia. E' la prima volta, da quando è scoppiata la crisi, che un politico redige un manifesto per giustificare le azioni salvaeconomia: finora questo era stato il mestiere degli economisti. I governanti – ha sottolineato con asprezza il Wall Street Journal – si erano limitati a usare la crisi per ampliare i loro poteri. Rudd va oltre, “si fabbrica una filosofia”. Con un minisaggio in edicola oggi sul magazine The Monthly – un Foreign Policy australiano cui il premier già in passato ha consegnato i pensieri che più hanno caratterizzato la sua carriera politica – Rudd definisce la struttura filosofica che sta alla base “della nuova alba” dando così una spiegazione ai 26 miliardi di dollari che ieri il suo governo ha stanziato come stimolo all'economia (i dieci miliardi spesi prima di Natale non hanno ottenuto grandi risultati), appaiato al consueto taglio dei tassi da parte della Banca centrale.
Laburista con la passione per la Cina, Rudd non ha certo fatto fatica a trovare gli argomenti per declamare la superiorità della socialdemocrazia sul “grande esperimento neoliberista fatto negli ultimi trent'anni” di cui oggi sancisce “il fallimento”. L'analisi di Rudd parte dalle parole di George Soros – “il punto saliente di questa crisi è che non è stata causata da uno choc esterno, ma dal sistema stesso” – e ripercorre le “involuzioni” del sistema finanziario. Grandi responsabilità sono attribuite alla deregolamentazione degli anni Novanta, ma l'asse portante del manifesto sta nella convinzione che “l'ordine spontaneo” di Friedrich August von Hayek e Ludwig von Mises – che, assieme alla spinta imprescindibile di Milton Friedman, ispirarono quella che Ronald Reagan chiamava “la magia del mercato” – s'è rivelato sbagliato. Così come è sbagliata “la visione hayekiana secondo cui il valore di una persona debba essere primariamente e cinicamente determinato dal mercato”. Il riscatto delle socialdemocrazie di tutto il mondo riparte dal mea culpa recitato dall'ex governatore della Fed, il “Maestro” Alan Greenspan (su cui Rudd si sofferma con sadismo), e dal superamento del pensiero di John Maynard Keynes, “alla luce delle nuove realtà con cui ci confrontiamo a settant'anni dalla pubblicazione de ‘La teoria generale'” di Keynes.
Invocando una collaborazione globale dei nuovi governi nelle sedi adibite come il G20, Rudd sintetizza così il modello del neosocialismo solidale: “La sfida intellettuale per i socialdemocratici non è soltanto ripudiare l'estremismo neoliberista che ci ha portati in questo caos, ma piuttosto promuovere il fatto che gli stati socialdemocratici offrono le garanzie migliori per preservare la capacità produttiva dei mercati propriamente regolati, assicurando che sia il governo il regolatore, che sia il governo il finanziatore o il distributore dei beni pubblici e che sia il governo a compensare le ineguaglianze inevitabili del mercato con un impegno all'equità valido per tutti”. Il Wall Street Journal – che non perde giorno per sottolineare i possibili effetti devastanti del socialismo di governo – ha smantellato il manifesto di Rudd ricordando due fatti della storia economica dell'Australia. Prima di tutto, l'esperimento degli anni Settanta del premier laburista Gough Whitlam, il quale nazionalizzò la sanità e l'istruzione, aumentò i salari del settore pubblico, aumentò la spesa del governo e flirtò con i sindacati ottenendo “la peggior recessione della storia moderna”.
Ecco perché – questo è il secondo punto – anche il Partito laburista appoggiò negli anni Ottanta e Novanta la liberalizzazione del commercio e la deregolamentazione determinando “diciassette anni consecutivi di espansione economica”. La ricostruzione di Rudd non tiene conto di questi passaggi – anche se si schiera contro il protezionismo – e si scaglia contro la politica dei rivali del Partitito liberale, denigrandone anche il modello di pensiero: “Il neoliberismo e il fondamentalismo del libero mercato che ne è derivato si sono rivelati poco più che un'avidità personale travestita da filosofia economica”. Anche il capo della sezione economica dell'influente quotidiano Australian, Michael Stutchbury, boccia il “manifesto Kevinista”: è inopportuno, “l'economia australiana si basa sull'importazione di capitale, non conviene affatto spaventare gli investitori stranieri”.


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