I mercati non si sentono al sicuro e non cedono all'Obamamania
L'Obamamania non contagia i mercati, anzi. Martedì, mentre il presidente americano, Barack Obama, pronunciava il discorso inaugurale, si è registrata la performance peggiore dal primo dicembre del 2008, rispetto alla storia, paragonabile soltanto al crollo nel giorno dell'insediamento di Franklin Delano Roosevelt.
Washington. L'Obamamania non contagia i mercati, anzi. Martedì, mentre il presidente americano, Barack Obama, pronunciava il discorso inaugurale, si è registrata la performance peggiore dal primo dicembre del 2008, rispetto alla storia, paragonabile soltanto al crollo nel giorno dell'insediamento di Franklin Delano Roosevelt. Ieri Wall Street pareva più stabile, ma il settore bancario negativo in Europa ha finito per contagiare negativamente anche New York. Secondo gli esperti, sarebbe fuorviante leggere secondo categorie politiche l'andamento dei listini. Però, di certo Obama non ha destato tra i trader gli stessi entusiasmi che ha suscitato nella folla di Washington e nei media di tutto il mondo.
“Le Borse vivono di aspettative – dice al Foglio Francesco Giavazzi, professore alla Bocconi, visiting professor al Mit ed editorialista del Corriere della Sera – Se c'è un effetto Obama, l'hanno già incorporato: almeno dalla vittoria elettorale del 4 novembre, se non dai tempi della convention democratica o ancora prima”. In effetti, se gli operatori finanziari reagiscono alle novità, l'intervento dell'altroieri non ha aggiunto nulla che non fosse già noto. Prosegue Giavazzi: “Sicuramente stiamo vivendo un cambio epocale, ma non bisogna credere che questo basti a risolvere tutti i problemi. Chi lo fa, rimarrà deluso”. Anche Giulio Sapelli, recentemente autore per Bollati Boringhieri del saggio “La crisi economica mondiale”, esprime un punto di vista simile: “Non c'è una correlazione tra la Borsa e l'elezione dei presidenti americani – osserva – Anzi, generalmente i listini scendono quando ci sono i cambiamenti, perché ogni cambiamento apre nuove incognite. Quindi non bisogna preoccuparsi più di tanto”.
Eppure, dalla crisi è forse la sfida più ambiziosa del nuovo presidente, come dimostra anche l'interrogatorio serrato cui è stato sottoposto ieri Tim Geithner, nominato al dicastero del Tesoro, durante le audizioni per la conferma alla commissione del Senato. Retorica a parte, comunque, non si può affermare che il team di Obama si sia messo in rotta di collisione con Wall Street. “Al contrario – chiosa Sapelli – Si è circondato dei bambini che, fino a ieri, avevano le mani nella marmellata”. Roberto Menotti, analista dell'Aspen Institute Italia, è d'accordo con tale interpretazione: “Non c'è un pregiudizio anti obamiano, né, per ora, egli è stato valutato negativamente. Le nomine economiche hanno lo scopo di tranquillizzare il mondo finanziario americano. L'altalena della Borsa, al di là delle loro cause contingenti, forse anticipa il possibile abbassamento delle aspettative”.
“Non credo che le Borse avessero in mente Obama, martedì – conferma Alberto Bisin, economista della New York University ed editorialista della Stampa – La recessione si inasprisce e i listini ne risentono. Soltanto nei prossimi giorni, man mano che Obama dovrà fare i primi passi, si potrà vedere una prima reazione dei trader alla sua conduzione della Casa Bianca”. Se dunque bisogna dedurre l'opinione delle Borse sul discorso del neopresidente, questa è probabilmente di cauta attesa. I trader, persone pragmatiche, non si sbilanciano: né scendono in piazza, né salgono sull'Aventino. Sono semplicemente scettici.
John Fund, editorialista economico del Wall Street Journal, osserva: “Il collasso azionario di martedì si è perlopiù concentrato nel settore bancario e in larga misura non è correlato al fatto che Obama sia diventato presidente. Ma significa che i grandi bailout con cui il governo ha salvato gli istituti in difficoltà, ai quali Obama ha dato il suo appoggio, non stanno funzionando nel senso di ristabilire la fiducia nei mercati creditizi, e questo rappresenta per lui la prima, vera sfida”. In breve, chiude Bisin, “è un bene che le Borse siano meno sensibili del grande pubblico e del mondo politico alle capacità taumaturgiche del presidente. Credo che i valori di Borsa scontino la sua capacità di spostare gli oceani. Però, è possibile che una parte di queste immense aspettative sia tracimata anche in Borsa. Quindi, un po' di disillusione a breve ci sarà da aspettarsela”. I mercati, insomma, non brindano all'insediamento di Obama, ma soprattutto piangono sulle loro disgrazie.


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