Chi pressa Giulio

Redazione

Giulio Tremonti non ci sta e rimanda al mittente le nefaste previsioni sul futuro dell'economia italiana giunte ieri da Bankitalia: “Un esercizio congetturale, seppure realistico”, ha commentato il ministro dell'Economia in una conferenza stampa che ha anticipato di qualche minuto la pubblicazione del bollettino economico di Palazzo Koch.

    Le previsioni del ministro. Giulio Tremonti non ci sta e rimanda al mittente le nefaste previsioni sul futuro dell'economia italiana giunte ieri da Bankitalia: “Un esercizio congetturale, seppure realistico”, ha commentato il ministro dell'Economia in una conferenza stampa che ha anticipato di qualche minuto la pubblicazione del bollettino economico di Palazzo Koch che prevede, per il 2009, una contrazione del pil pari addirittura al 2 per cento. Quelli che stanno troppo sui dati “non hanno capito di cosa stiamo parlando”, ha aggiunto il ministro: “Mi pare che guardino il dito e non il cielo”. Cosa si vede dunque alzando la testa? “Meno 2 per cento vuol dire che torniamo al 2006, non al medioevo”. Sta di fatto che dal rapporto di Bankitalia non traspare nulla di buono, considerata anche la recessione mondiale. Uno scetticismo che ha trovato man forte nelle previsioni, diffuse sempre ieri, di Confindustria e Confcommercio. Di fronte a tutti questi segnali negativi, Tremonti ha ribattuto: “Siamo a gennaio: fare previsioni sulla crescita di quest'anno, con l'attuale incertezza, vuol dire fare congetture”. Dichiarazioni che riportano indietro nel tempo: ai tempi della sua prima esperienza in via XX settembre, in aperto contrasto con l'allora governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio, Tremonti non utilizzò mezze misure per apostrofare chi “gioca al computer” con i modellini econometrici. Insomma, la dialettica tra i vertici del dicastero dell'Economia e di Palazzo Koch continua, seppure con toni meno virulenti.

    L'appello degli industriali.
    Ma ieri il titolare del Tesoro non si è dovuto confrontare soltanto con i numeri dell'Istituto di via Nazionale. Infatti dalla Confindustria è giunta la richiesta di una manovra espansiva: “In Italia occorre riallocare in fretta un ammontare di risorse ben maggiore dei circa 4 miliardi previsti dal decreto anticrisi per il 2009”, è scritto nel documento del centro studi della confederazione presieduta da Emma Marcegaglia che ha sottolineato la necessità di adottare riforme strutturali “che portino risparmi nei prossimi anni e accrescano la credibilità del paese”. Confindustria ha giudicato “ancora troppo modesti nell'ammontare e lenti nel varo per invertire la marcia della crisi” i pacchetti di stimolo all'economia adottati dai governi. C'è invece una lettura diversa, seppure indiretta, dal Tesoro: “Negli Usa – ha dichiarato Tremonti – gli stimoli hanno fatto molto poco. Noi abbiamo fatto la nostra manovra (il decreto anticrisi ha ottenuto la fiducia alla Camera, ndr)”. L'impostazione tremontiana è riassunta in queste parole: “Non sosterremo la domanda facendo nuovo debito, non è la politica giusta perché il problema non è nell'economia reale ma nell'economia finanziaria”. Anche perché “l'esperienza fatta fuori dall'Italia dimostra che il ricorso al deficit non è efficace. Si vede che cosa è avvenuto negli Stati Uniti”. Tremonti continua a fare affidamento sulle risorse dell'Unione europea: “Siamo un paese che deve ancora spendere 112 miliardi di euro fino al 2012, risorse pari a molti punti di pil che riteniamo importanti per gestire la crisi economica”.

    I dati della Confcommercio. Ieri erano attesi anche consuntivi e previsioni dal settore del commercio. Per il presidente della confederazione di settore, Carlo Sangalli, “non c'è stato a Natale un crollo dei consumi ma la crisi c'è e morde. Per il 2009 – ha detto Sangalli parlando a margine della presentazione delle previsioni della Confcommercio – vediamo una crisi meno acuta ma più lunga dal momento che i primi segnali di superamento ci saranno solamente nel secondo semestre del 2010”. A preoccupare il presidente di Confcommercio è l'incognita della disoccupazione: un aumento superiore alle stime (1,9 milioni di disoccupati nel 2009, pari all'8 per cento) potrebbe determinare un effetto depressivo sui consumi e quindi aggravare la crisi. Il “Rapporto consumi 2008” presentato ieri ha sottolineato il rischio che “alla fine del 2010, la spesa pro capite degli italiani possa risultare inferiore rispetto a quella del 2006”.