Carlo Caracciolo

Redazione

Nacque il 23 ottobre 1925. Nacque in una famiglia napoletana il cui nome ritorna spesso nei libri di storia e di storia della letteratura. Imparò a cavalcare nelle pianure della Turchia dove il padre era diplomatico.

    Nacque il 23 ottobre 1925. Nacque in una famiglia napoletana il cui nome ritorna spesso nei libri di storia e di storia della letteratura. Imparò a cavalcare nelle pianure della Turchia dove il padre era diplomatico. Studiò in Svizzera, mentre il padre era console d'Italia a Lugano. Ebbe come professore Ugo La Malfa. Dopo l'8 settembre 1943 il padre, principe di Castagneto e duca di Melita, raggiunse a Napoli gli alleati, divenne sottosegretario del primo governo Badoglio. Carlo entrò in Italia per unirsi in Val d'Ossola ai partigiani socialisti della brigata Matteotti. Sparò, gli spararono, uccise, fu fatto prigioniero. Con la pace si laureò in Giurisprudenza alla Sapienza di Roma, partì per Boston per addottorarsi presso la scuola di legge di Harvard, per diventare amico di Gianni Agnelli. Invece che all'avvocatura si dedicò all'editoria. Aveva gia fondato (1951) l'Etas Kompass, la reggeva da quattro anni, quando l'amico Cesare Musatti, già il più importante psicanalista freudiano d'Italia, gli fece una curiosa proposta. Adriano Olivetti, alfiere in Italia del capitalismo progressista, progettava con Enrico Mattei, l'onnipotente presidente e direttore generale dell'Ente nazionale idrocarburi, la costituzione delle Nuove Edizioni Italiane, una casa editrice che avrebbe dovuto lanciare una nuova testata. Non era necessario che Caracciolo avesse i soldi, i capitali li avrebbe messi quasi tutti Olivetti. Il nome della testata sarebbe stata L'Espresso, il direttore Arrigo Benedetti, che aveva lavorato al Mondo di Mario Pannunzio. Come il Mondo di Pannunzio l'Espresso avrebbe avuto il formato grande, da quotidiano, avrebbe usato le fotografie con cura, si sarebbe dedicato al giornalismo di inchiesta. Il 2 ottobre del 1955 arrivò in edicola il primo numero. Partì una prima inchiesta clamorosa, sulla speculazione edilizia a Roma. Si poneva un'equazione: se la capitale era corrotta, la nazione non poteva essere sana. Per opportunità politica Olivetti si decise dopo un solo anno a lasciare la società. Regalò la sua quota di grande maggioranza a Caracciolo che si trovò padrone della testata. Seguirono inchieste che sarebbero restate nella storia del giornalismo. Padrone discreto, ma attento agli umori della politica, il principe-duca che si compiaceva nella somiglianza fisica con lo scrittore asceta Samuel Beckett, il socialista che era stato compagno di divertimenti e ora era cognato del re Gianni Agnelli, guardò con grande benevolenza l'appoggio che il suo giornale dava alla svolta politica di centro-sinistra. Quando Benedetti lascia, nomina Eugenio Scalfari, già tra i fondatori del partito radicale che si appresta a entrare nel partito socialista.

    Da Valpreda alla Mondadori
    Nel 1968 l'idillio si spezza, Scalfari e Lino Iannuzzi conducono per l'Espresso l'inchiesta sul Sifar che rivela il pericolo appena scongiurato di un colpo di stato. Con la firma di Camilla Cederna il settimanale asseconda il sessantotto. Difende Pietro Valpreda dall'accusa di essere l'autore della strage di piazza Fontana, pubblica contro il commissario Calabresi una condanna che non sarà priva d'effetti luttuosi. Dal punto di vista editoriale il giornale va a gonfie vele, nel nuovo formato tabloid risponde bene al comune sentire dell'intellegenza del paese. Il principe, che ha smesso di votare socialista per dare il suo voto al ci, decide, con l'appoggio della Mondadori, di impegnare la società dell'Espresso nell'avventura di un nuovo quotidiano. Nel 1976 è in edicola la Repubblica, fondata da Eugenio Scalfari. Non passa molto tempo che, interpretando gli umori di sinistra, Repubblica si rivela un serio concorrente per il Corriere della Sera. Il principe rosso ha messo le basi per acquistare il gruppo Mondadori. Ma Silvio Berlusconi glielo soffia. Fra il “mascalzone” e il principe seguono una cena imbarazzata  e un lungo, aggrovigliato e tormentato affare giudiziario. Nel 2006 Caracciolo lascia la presidenza del gruppo a Carlo De Benedetti. Presidente onorario, racconta le sue memorie. E' morto ieri, 15 dicembre.