Psico cult tv
Avviso agli intellettuali snob, prima di lagnarvi date almeno uno sguardo a “In Treatment”
Possiamo sempre contare sulla tv per convincerci che i sogni dell'avanguardia (o della neo-avanguardia) vengono realizzati dalle serie tv, non da certi romanzi illeggibili.
Possiamo sempre contare sulla tv come antidoto alle delusioni libresche. Dopo aver letto “La storia di un matrimonio” di Andrew Sean Greer – osannato scrittore che apre il suo romanzo con la frase “Crediamo tutti di conoscere le persone che amiamo”, salvo smentirla per 220 pagine grondanti metafore, similitudini, colpi bassi – abbiamo trovato consolazione guardando “In Treatment”. Altre scene da altri matrimoni, scritte con maggiore sapienza e verosimiglianza. Possiamo sempre contare sulla tv per convincerci che i sogni dell'avanguardia (o della neo-avanguardia) vengono realizzati dalle serie tv, non da certi romanzi illeggibili. “24” raccontava l'antiterrorismo in tempo reale, al netto degli spot pubblicitari.
Per creare dipendenza nello spettatore, “In Treatment” usa la parola, e nient'altro. I quarantacinque episodi della prima serie (sul canale satellitare Cult e fino alla scorsa settimana, urge replica in attesa della seconda, sul sito vendono magliette e cappellini con la scritta “The patient is always wrong”) coincidono con le sedute terapeutiche di cinque pazienti. Nello studio del dottor Paul Weston (Gabriel Byrne) si presentano Laura (nella foto), che allo psicoanalista fa gli occhi dolci; Alex, che ha sganciato una bomba in Iraq uccidendo una dozzina di bambini; la ginnasta sedicenne Sophie, che ha appena avuto un incidente, o forse non era proprio un incidente; Jake e Amy, che volevano tanto un secondo figlio, ma quando lei finalmente resta incinta pensano all'aborto. Il quinto giorno Paul Weston ha una seduta con la sua supervisor Gina (Dianne Wiest): subito capiamo che il rapporti tra maestra e ex allievo non sono esattamente pacifici (e che uno psicoanalista può provare per i pazienti lo stesso odio che il professore di “La classe” riserva ai suoi studenti).
I pazienti raccontano, lo strizzacervelli ascolta e ogni tanto commenta, si esce dallo studio solo in caso di comprovata necessità. Se un paziente sta antipatico, basta saltare il suo giorno, che è fisso come nelle analisi vere (altro vecchio sogno dell'avanguardia – il “fatevi da voi il vostro romanzo” – realizzato senza spargimento di noia). La serie, prodotta dalla HBO in cerca di qualcosa che rimpiazzasse “I Soprano”, ripropone il format “Be' Tipul”, che ogni giorno bloccava Israele per una mezz'ora. Da noi – lo ricordava Aldo Grasso qualche giorno fa – gli intellettuali che sempre si lagnano per la stupidità della tv non ne hanno vista neanche una puntata.


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