Il giornale sarà opera lirica quando Mozart non verrà confuso con la Ventura

Giuliano Zincone

Quand'ero bambino non potevo immaginare un mondo senza la Tisana Kelemata, senza la Magnesia Bisurata, senza la Cisitalia e senza gli orologi Wyler Vetta Incaflex che piovevano negli stadi. Mi dovetti rassegnare. Poi qualche teatro diventò un supermarket, qualche cinema chiuse o risorse come multisala, qualche gazzetta sparì dalle edicole, e ne nacquero altre.

    Quand'ero bambino non potevo immaginare un mondo senza la Tisana Kelemata, senza la Magnesia Bisurata, senza la Cisitalia e senza gli orologi Wyler Vetta Incaflex che piovevano negli stadi. Mi dovetti rassegnare. Poi qualche teatro diventò un supermarket, qualche cinema chiuse o risorse come multisala, qualche gazzetta sparì dalle edicole, e ne nacquero altre. La stagione dei prodotti viene e va. Ma i giornali di carta e inchiostro continueranno a esistere, almeno come piaceri tattili, abitudini, affetti o status symbol per i felici superstiti. A patto che un'offensiva ecologista non decida che il consumo di quotidiani provoca spaventose deforestazioni.

    Il Foglio ha paragonato l'importanza delle emeropagine a quella di Eschilo, di Shakespeare e del melodramma. Boh. Secondo me ogni testata è un contenitore. Nel migliore dei casi è la Scala, non il Don Giovanni. E, per fortuna, tutto cambia. Sono scomparsi gli evirati cantori, Eschilo non si recita più con le maschere e gli zoccoloni, nelle tragedie elisabettiane non recitano più soltanto i maschi. Sono mutati anche i giornali, che ormai dipendono in gran parte dalla pubblicità, dal variabile inciucio politico, dagli interessi materiali degli editori.

    La carta stampata durerà ancora cent'anni, ma deve rifondare se stessa, se non vuole confinarsi in un club per adepti. Perché leggere costa più impegno e più tempo che guardare. Perché non serve dare le notizie che tutti hanno già appreso da Internet, dalle radio e dalle tv. Perché è inutile illudersi di forgiare le opinioni delle masse. Quasi sempre è vero il contrario: il lettore sceglie la testata che conferma quello che egli già pensa, o che gli fornisce argomenti per consolidare le proprie convinzioni. Una vecchia inchiesta sugli omicidi bianchi fu contestata da centinaia di lettere che non smentivano i racconti, ma che protestavano perché non si aspettavano di leggere quelle denunce “sul nostro giornale”.

    E' un puro divertimento democratico confrontare gli argomenti delle opposte sensibilità. Di qualunque cosa si parli (anche del clima), l'Unità conclude che Berlusconi è un porco. Il Giornale, invece, decide infallibilmente che Veltroni è uno scemo. Il quotidiano che compri la mattina ti conforta e ti identifica. Capita spesso di subire pubbliche censure tanto a chi legge il Manifesto (lunga vita a lui!) quanto a chi compra il Tempo. Ma il problema, ovviamente, è altrove. Come e perché possono sopravvivere all'urto degli altri media, le parole stampate sulla carta? Comunemente, si ritiene che il giornale perfetto sarebbe quello lunare, cioè quello che si limita a riferire imparzialmente ciò che avviene nel mondo. Oppure quello dei reportages che svergognano i corrotti, i delinquenti, i razzisti. O, infine, quello che, con i suoi editoriali, sollecita pensieri non conformisti e/o durevoli riflessioni. Ma il panorama m'induce a ritenere che la stampa inseguirà un pubblico affamato di gossip, sputtanamenti e linciaggi faziosi.

    Fidanzamenti del comparto turistico/alberghiero, manette, gogne e indignazioni commerciali. Incandescenze come nei talk show, dove tutti abbaiano cifre e statistiche contrastanti, per cui nessuno capisce dove abiti la verità. Per ora, i quotidiani generalisti offrono un mix di scritture “colte” e di futilità aristovip/televisive. Però, se si osserva la classifica delle scritture più lette nel sito del giornale leader, si constata che gli articoli di fondo e gli interventi nobili sono (quasi) sempre assenti, e che trionfano le cosiddette cronache-monnezza. I potenti pubblicitari ne terranno conto, temo. E' impossibile competere con la potenza di Internet, capace di creare comunità interattive e di esaltare non soltanto le emozioni dei singoli ma perfino la candidatura di Obama.

    Però sarebbe il caso di presidiare la catacomba di carta, che diventerà indifendibile se continuerà ad agitare stereotipi obsoleti, linguaggi novecenteschi paleopolitici, analisi autoflagellanti, spaventi apocalittici, dibattiti polverosi sul fascismo e la Resistenza. Leggere un giornale, oggi, equivale (spesso) a guardare un thriller contemporaneo che ignori l'esistenza dei telefonini. Attenzione (achtung, warning): l'opera lirica era il top dello spettacolo popolare/ passionale e perfino politico (Viva Verdi!). Adesso è una prelibatezza per gli happy few. Domani, forse, la stampa corteggerà la nicchia che preferisce il Don Giovanni all'Isola dei Famosi. Però bisognerà capire che Mozart è diverso da Simona Ventura.