Anche hostess e steward hanno firmato

Alitalia - Il gioco del vero e del falso

Redazione

Ore di trasmissioni televisive e centinaia di pagine di giornali sono state dedicate in questi giorni ad Alitalia. Politici e sindacalisti, piloti e operai, manager ed economisti, tutti hanno detto la loro sul caso. Il comandante Fabio Berti è ormai una presenza fissa nel palinsesto televisivo, dove si affaccia con maggior frequenza di Simona Ventura.

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    Ore di trasmissioni televisive e centinaia di pagine di giornali sono state dedicate in questi giorni ad Alitalia. Politici e sindacalisti, piloti e operai, manager ed economisti, tutti hanno detto la loro sul caso. Il comandante Fabio Berti è ormai una presenza fissa nel palinsesto televisivo, dove si affaccia con maggior frequenza di Simona Ventura. Si è arrivati a intervistare anche i congiunti dei dipendenti per sapere come se ne usciva da questo rebus nazionale. Va da sé che in questo profluvio di informazioni siano stati divulgati dati contraddittori che hanno annebbiato il tema. Proviamo a ricostruire l'affaire, ora che la vicenda si avvia a lieto fine, fissando alcuni punti.

    Piloti pigri. Da qualche settimana sappiamo tutti come sono efficienti i comandanti di Air France (650 ore di volo) e Lufthansa (700), esempi virtuosi per il personale navigante. E' una verità quindi che le aquile tricolori volano meno (570). E' altresì una verità quanto sostiene Anpac, ossia che il contratto Alitalia consentirebbe di superare tedeschi e francesi, poiché il limite d'impiego è fissato in 900 ore annue. “Se ciò non avviene, è colpa dell'azienda che mal ci impiega”, affermano i sindacalisti. C'è però una terza verità da aggiungere, dentro la compagnia tutta la direzione che supervisiona l'attività di volo e che malimpiega i piloti è un monocolore Anpac. I posti chiave sono tutti presidiati da iscritti al sindacato di Berti.

    Commissario immune e timido. E' stata spesso criticata la timidezza del professor Augusto Fantozzi (nella foto). Critiche che hanno un fondamento, l'ex ministro ha svolto un ruolo passivo, attendendo gli eventi e non attivandosi per farli accadere. Ci sono però due critiche da respingere. Nonostante le pessime condizioni in cui versa, Alitalia è una società conosciuta in tutto il mondo e la notizia del suo fallimento ha fatto il giro del mondo. Da Osaka a Seattle non c'è stata compagnia aerea o fondo di private equity che non sapesse che Alitalia era in vendita. Il bando pubblicato da Fantozzi non era quindi tardivo, ma inutile. Inoltre è scorretto parlare di una presunta manleva per gli atti che compirà l'ex ministro. Il testo della nuova Marzano limita il periodo di esenzione di responsabilità dal 18 luglio 2007 al 28 agosto 2008 e copre quindi gli atti deliberati dai cda presieduti da Maurizio Prato e Aristide Police. Nessuna “sanatoria” è stata invece prevista per Fantozzi.

    I banditi. I componenti della Compagnia aerea italiana sono stati definiti più volte “banditi”. Puntare il dito contro Roberto Colaninno e gli altri componenti della cordata, per usare una metafora cara a Pierluigi Bersani, è come prendersela con il termometro perché segna la febbre. Cai non ha certo responsabilità per lo stato di rigor mortis in cui versa la compagnia. Si è sostenuto che la cordata voglia acquisire la parte buona di Alitalia a soli 300 milioni a fronte di una flotta che nell'ultimo bilancio era iscritta per quasi due miliardi di euro. Va precisato che quella valutazione si riferiva ai 109 aerei che la compagnia possiede (esclusi i leasing) e che Cai intende acquistare meno della metà di questi.

    Fenice prudente e know how. Fondata è invece la critica sul piano industriale poco coraggioso. Sono quasi cento gli aerei di Alitalia e Air One che il piano Fenice lascia alle due bad company di Fantozzi e Toto. Si poteva ambire a una flotta più consistente che, tra l'altro, avrebbe permesso minori esuberi. Al contrario non pertinenti appaiono le riserve sulle diverse attività in cui sono impegnati gli imprenditori in cordata. Il ruolo di amministratore non va confuso con quello del manager. Poco importa che Ligresti e Aponte siano esperti di hangar, hub e cockpit, l'importante è che la materia sia conosciuta dal management che sceglieranno. Non solo, l'esempio di Sergio Marchionne insegna che il capoazienda può essere anche un novizio della materia. Il know how, tanto invocato dai sindacalisti, deve trovarsi tra le prime linee dove si compiono le scelte strategiche.

    L'innocenza dei lavoratori. E' certamente vero che la crisi Az non è addebitabile ai dipendenti. Con serenità di giudizio, però, va anche detto come nel sistema capitalistico è naturale che i default di società provochino conseguenze sugli innocenti lavoratori. Anche i dipendenti di Swissair non avevano responsabilità per la folle politica di acquisizione di partecipazioni di minoranza messa in atto dall'ex ceo Philippe Bruggisser. Per non parlare dei lavoratori di Lehman Brothers che in poche ore dopo il crac erano in strada con scatoloni da trasloco. Ruolo della classe politica, che ha tra i valori il welfare state, è di ammorbidire l'uscita dal ciclo produttivo dei lavoratori in esubero.

    Air France migliore, Lufthansa preferita. Una cosa è certa: il piano di Air France-Klm del marzo scorso era migliore sotto quasi tutti i punti di vista. Maggiore solidità industriale, più investimenti, meno esuberi, migliori sinergie, minori costi per il contribuente. Piccola consolazione è che il partner estero sarà uno dei soci di Cai. Tutti gli attori in commedia (Colaninno, Berlusconi, sindacati) esprimono preferenze per Lufthansa. Una scelta di campo apparentemente irrazionale. Illuminante è il giudizio di una fonte molto vicina al dossier: “D'accordo che noi siamo il paese che cambia sempre alleato in guerra, ma per quale motivo dovremmo mandare a monte i francesi, dopo che a Parigi è stato chiesto di fare un gesto concreto per riaprire la trattativa?”. Il riferimento è alla lettera di Jean-Cyril Spinetta (nella foto) consegnata a Palazzo Chigi con cui Air France-Klm confermava interesse per entrare in Cai. Non era una novità, tanto che la lettera era datata 28 agosto, ma rappresentava un segnale concreto utile al superamento di alcuni ostacoli negoziali con i sindacati. L'anticipata rottura dell'alleanza con i francesi comporterebbe un aggravio per la collettività, la penale prevista infatti verrebbe assorbita dalla bad company. Come evidenziato dal Sole 24 Ore i soci di Cai hanno già espresso la loro intenzione a vendere al partner estero dopo i cinque anni di lock-up. La difesa dell'italianità ha quindi la data di scadenza di un lustro. A meno di un auspicabile clamoroso successo.

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