L'anno zero della televisione

“Guarda che io non ho mai avuto accanimento anti Cav.”. Parla Santoro

Redazione

“Guarda, io non ho mai avuto questo accanimento antiberlusconiano che mi si attribuisce; è evidente che gli italiani hanno votato per Silvio Berlusconi e che lui ha un certo consenso. Il fatto che lo abbia, però, non ci impedisce di riflettere su come questo consenso si viene a creare”.

Leggi Senza Bea

    Guarda, io non ho mai avuto questo accanimento antiberlusconiano che mi si attribuisce; è evidente che gli italiani hanno votato per Silvio Berlusconi e che lui ha un certo consenso. Il fatto che lo abbia, però, non ci impedisce di riflettere su come questo consenso si viene a creare”. Michele Santoro, che giovedì sera è tornato su Raidue con il suo “Annozero” accompagnato dalla fiorettista Margherita Granbassi (nella foto) in questa intervista al Foglio spiega che più che “la normalizzazione berlusconiana, ormai superata”, il vero disastro dei nostri tempi “è l'omologazione televisiva e culturale”. “Viviamo – avverte – l'erosione delle libertà in tv. Non c'è più lo spazio di libertà che c'era negli anni Ottanta. Le farò una rivelazione. Quando io ho lasciato la Rai per andare a Mediaset, eravamo nella seconda metà degli anni Novanta, Bettino Craxi mi fece sapere, da Hammamet, che stavo commettendo un errore. ‘Perderai – questo il senso del suo messaggio – credibilità e solo restando in Rai non avrai questo deficit'”.

    Santoro si ferma un attimo, poi ritorna sull'omologazione. “Se guardo alla tv degli anni Ottanta, quella della Prima repubblica, mi accorgo che c'era un tipo di lottizzazione governativa che però garantiva maggiore libertà. Con il maggioritario gli spazi liberi si sono ristretti. Oggi, parlando di Rai, vediamo che tutti i programmi sono in outsourcing e i produttori di format non fanno certo dei prodotti nuovi bensì assecondano il bisogno di stabilità del sistema. Rassicurano. Il network, avendo esternalizzato tutto, non ha più una forza culturale, produttiva e politica: sono dei passaveline (tranne eccezioni) e dai fornitori esterni, se il network non è un vero editore, prevale ciò che sembra neutro”.

    Santoro spiega la sua semantica dell'omologazione televisiva contemporanea. “Una volta la Rai e le reti di Berlusconi avevano due pubblici diversi: per gusti, tendenze, abitudini. La vera genialità di Berlusconi, anche perché i suoi oppositori sono dei fessi, è stata di uniformare, omologare. Oggi questa marmellata non cambia, neppure quando vince le elezioni politiche il centrosinistra. Tanto che noi, sull'idea di fare e offrire un prodotto Rai che sia diverso e non omologo, siamo davvero gli ultimi giapponesi. Perché Berlusconi prepara sempre le sue vittorie politiche prima di tutto sul piano tv. E noi siamo dinosauri in via di estinzione. Per questo io omaggio Gianfranco Funari: perché la tv di parecchi anni fa dove i Santoro, i Funari, i Ferrara e i Minoli se le davano di santa ragione non tornerà più. A questo punto voi del Foglio mi chiederete: ma perché Berlusconi ha già perso due elezioni? E io vi rispondo: perché questa resta una democrazia, ma malata e comunque la forza del Cavaliere ha radici nell'immaginario collettivo, nella cultura televisiva omologata. L'egemonia è sua, tanto che se vuoi assistere a un film dove si veda ancora una bandiera rossa devi guardarlo sulle reti Mediaset. Mi chiedo, come mai la Rai non fa una controprogrammazione a ‘Striscia la notizia'? Potrebbe farla, ha tre reti, invece manda i pacchi”.

    Prima di scartabellare negli ultimi venticinque anni di piccolo schermo, poniamo a Santoro una domanda sull'etica della vita e sulla sua posizione: “Non tutto il dibattito etico sulla vita – annota – si può sovrapporre con la politica e con le leggi. C'è uno spazio di libertà individuale che si incunea e bisogna essere rispettosi di questo spazio, senza farsi trascinare dalle fazioni in campo”. Un flash, prima di tornare al viaggio nella storia della tv dove dai pacchi risaliamo allo sdoganamento di Lega e Msi, con quel ruolo importante che all'epoca fu giocato dai suoi programmi, da Samarcanda in avanti. “Il primo che accettò – rammenta – di confrontarsi con Gianfranco Fini in tv fu Luciano Lama, ex partigiano combattente e uomo di sinistra. Con Fini, poi, abbiamo fatto anche una simulazione in diretta per la sfida a sindaco di Roma, prima che si candidasse, contro Rutelli; e vinse Rutelli. Una sfida – sottolinea con un certo orgoglio – che poi divenne la sfida reale, e con lo stesso vincitore, perché i sondaggi, quando sono fatti bene, servono”. Altri tempi, altra tv, quando l'Umberto Bossi spiegava “che la Lega era fuori dal sistema informativo e che programmi come Samarcanda” si innestavano e creavano (in parte) l'immaginario del popolo padano. Altro che quelle veline e quelle cosce tutte uguali.

    Leggi Senza Bea