Non solo bagnasco, c'è un confronto sottotraccia

Il testamento biologico divide eccome, ma in modo un po' ovattato

Redazione

“Nessuna svolta”, era stato il commento di monsignor Elio Sgreccia, già presidente della Pontificia accademia per la vita. “Nulla è mutato”, ha ribadito ieri, intervistato da Avvenire, il cardinale Camillo Ruini; aggiungendo “in tutta franchezza” di condividere “le preoccupazioni espresse da Giuliano Ferrara”.

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    “Nessuna svolta”, era stato il commento di monsignor Elio Sgreccia, già presidente della Pontificia accademia per la vita. “Nulla è mutato”, ha ribadito ieri, intervistato da Avvenire, il cardinale Camillo Ruini; aggiungendo “in tutta franchezza” di condividere “le preoccupazioni espresse da Giuliano Ferrara”. E di volerlo “rassicurare” sul fatto che scopo della legge, come è tornata a spiegare Eugenia Roccella sul Giornale, sarebbe quello di fermare “il lungo movimento sotterraneo che avrebbe voluto condurre all'eutanasia senza nemmeno passare dal Parlamento”, lasciando il malato “sul pendio scivoloso dell'arbitrio di un giudice”.

    La raffica di autorevoli interventi e precisazioni volti a puntualizzare, e a circoscrivere, le parole del cardinale Angelo Bagnasco all'assemblea della Cei indicano, di riflesso, l'esistenza nel mondo cattolico di un dibattito acceso, pur nei modi tradizionalmente ovattati. La “svolta tattica”, come qualcuno la chiama, sulla legislazione di fine vita è arrivata forse in modo troppo verticale e repentino per essere subito metabolizzata da quei settori più impegnati, e da anni, sui temi bioetici. Realisti e intransigenti discutono nel Movimento per la Vita; e va notato che sull'ultimo numero di Medicina & Morale, la rivista bioetica della Cattolica, Carlo Casini e Maria Luisa Di Pietro, presidente di Scienza & Vita hanno firmato insieme un articolo sul caso Englaro, assai problematico sulle sue eventuali ricadute legislative. Dura contrarietà invece dal comitato Verità e Vita, retto dal bioeticista Mario Palmaro, voce dell'ala intransigente del mondo pro life.

    Non uniforme è anche il mondo dei Medici cattolici, nonostante un comunicato dell'Amci di Milano aveva salutato con “estremo piacere” le aperture che rimbalzavano a fine agosto dal Meeting di Rimini. L'unanimismo non appartiene neppure a un movimento sempre compatto e attento alle indicazioni della Cei come Cl, e che ha visto un politico come Maurizio Lupi (Pdl) tra i primi a schierarsi assieme a Roccella sull'opportunità della legge. Sul giornale online di area Compagnia delle opere, il Sussidiario.net, Assuntina Morresi ha approvato la necessità della nuova linea, motivandola con i rischi del vuoto legislativo dopo il caso Englaro. Le ha risposto senza condividere, tra gli altri, Felice Achilli, presidente di Medicina e persona, l'associazione di settore ciellina. Secondo il quale “il problema non è la sussistenza di un ‘vuoto normativo'”, che invece è adeguatamente presidiato dalla Costituzione e dalla deontologia medica.

    Il nocciolo duro delle perplessità sta nel convincimento di molti che introdurre una legge sul fine vita, anche se verrà fatto con ogni accortezza, finirà per creare mentalità, rafforzando l'idea già diffusa che esista una “vita non più degna”. Inoltre per molti medici, tra cui Achilli, la legge minerebbe la fiducia del paziente nel medico, che invece è proprio il vulnus da curare.
    I segnali maggiori vengono comunque da Scienza & Vita, il pensatoio bioetico ruiniano. L'annuncio di Roccella sulla legge aveva causato più di uno scossone interno, e ieri finalmente si è riunito a Roma il direttivo per decidere la linea da seguire.

    Ne è uscito ovviamente un appoggio a Bagnasco, ma intessuto di molte cautele: “Scienza & Vita ribadisce i principi che ha sempre sostenuto a tutela della vita umana e della sua indisponibilità e auspica che un eventuale intervento legislativo si ispiri a quel ‘favor vitae' che è la vera matrice unificante dei valori costituzionali”, si legge nel comunicato. All'ordine del giorno c'erano anche le dimissioni del professor Adriano Pessina, che aveva abbandonato polemicamente proprio a causa della svolta sul testamento biologico. Le dimissioni sono state respinte, rilanciando almeno nella forma le possibilità di dialogo tra posizioni differenti che, pare di capire, non sono solo quelle di Pessina. Urge dibattito, e al momento sono latitanti molti politici di centrodestra che, negli anni scorsi, si sono più spesso fatti sentire su questi temi.

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