Di Pietro ci spiega il suo piano politico per le europee
“Lasciate che i girotondini vengano a me. E magari nel mio giornale”
Sull'Unità di guerra che si sta costruendo zitto zitto (vedi Foglio di giovedì) Antonio Di Pietro bluffa ma anche no. Su tutto il resto il suo passo di marcia è invariato e rumoroso. Per lui l'opposizione si fa con “chiarezza del linguaggio e determinazione nell'azione”, cosa che manca al Pd.
Roma. Sull'Unità di guerra che si sta costruendo zitto zitto (vedi Foglio di giovedì) Antonio Di Pietro bluffa ma anche no. Su tutto il resto il suo passo di marcia è invariato e rumoroso. Per lui l'opposizione si fa con “chiarezza del linguaggio e determinazione nell'azione”, cosa che manca al Pd, soprattutto sulla giustizia, perché “quelli parlano in un modo e agiscono in un altro”. Chi, come Walter Veltroni, pensava di essersi scelto un alleato solo un po' giustizialista, chi, illudendosi di essere più furbo, non considerava che di fronte aveva un giocatore di poker, uno di quelli che sanno bene quando è il momento di abbassare le carte, che sanno quando bluffare e quando è il momento di ritirarsi. “Hanno fatto un grosso errore di valutazione”, dice Di Pietro al Foglio.
E quindi via con l'agenda di settembre. Se fosse Tony Blair direbbe: giustizia, giustizia, giustizia. Ma qui parliamo di Toni Di Pietro, che a settembre a Vasto, terzo appuntamento annuale della festa dell'Idv, e consegnerà i moduli e le penne ai suoi militanti, perché comincino con la raccolta firme per “fermare il pacchetto giustizia del ministro Alfano”, perché se non ci pensa lui quelli là, quelli di Veltroni, “con il loro milione di firme… ne bastavano anche la metà per il nostro referendum”. Non sarà però solo giustizia: da Vasto prenderà il via anche la campagna elettorale per le regionali dell'Abruzzo di novembre. Non conferma e non smentisce, Di Pietro, su una possibile sua candidatura, ma, dice “è ancora presto”.
E sulle alleanze? “Non abbiamo aperto alcun dialogo elettorale, tantomeno con Rifondazione comunista. Noi restiamo fuori da qualsiasi ipotesi di coalizione storicamente intesa”. Di Pietro nella regione vuole “il ricambio generazionale, finché non si conoscono le facce, non se ne fa nulla” e lui la sua non ce la mette se non sa chi c'è sotto. Novembre sarà il banco di prova delle prossime elezioni europee: vuole creare “grappoli di liste che rappresentino nuove alleanze”. In mente ha le liste civiche, questa volta create ex novo, che radunino “personalità che siano fuori dalla politica”. Nel 2009, però, non commetterà lo stesso errore del 2004, quando, convinto di poter essere alla testa dei girotondi e del popolo del Palavobis, con il Cantiere di Occhetto e Chiesa formò le liste “Di Pietro-Occhetto” per poi pentirsene amaramente e scoppiare con una causa per i rimborsi elettorali. Oggi non ci casca Tonino e il simbolo rimane quello suo, il gabbiano.
Spiega: “Che significa poi girotondi? Tutto e niente! Noi siamo aperti, come abbiamo fatto per le elezioni politiche con Pardi e Giulietti”. Al massimo, quindi, l'Idv farà da “contenitore pronto a ospitare personalità che vogliano rappresentare il loro mondo”. Nessun timore, nemmeno questa volta, di perdere un'altra possibilità di creare una classe dirigente del partito, perché tanto “l'Idv c'est Moi”, liberamente tradotto dal dipietrese, “in Europa ci vanno persone che devono rappresentare l'Italia, non l'Italia dei valori”. Di Pietro sa che in quell'occasione potrebbe veramente fare il salto. E' pienamente consapevole dei suoi successi e, da giocatore quale è, punta forte, sapendo quando è il momento di fermarsi. Così sarà anche con la Vigilanza Rai, per cui, dice, “l'ostracismo non è sulla candidatura alla presidenza di Orlando, ma sull'Italia dei valori”.
Non cederà e andrà fino in fondo, rischiando le sedute a oltranza annunciate dai presidenti delle Camere, a cui si rivolge: “Hanno una responsabilità politica e istituzionale e non possono lasciare alla maggioranza anche la facoltà di scegliere il presidente di una commissione così importante”. Mette in guardia pure Udc e Pd: “Oggi a noi, ma domani a voi”. A proposito d'informazione, al centro della scena estiva c'è l'editoria di partito: l'Unità scarica Padellaro per imbarcare Concita De Gregorio. Marco Travaglio e Furio Colombo pensano a un'alternativa che coinvolgerebbe anche il Tonino nazionale, il quale da sempre sogna un giornale tutto suo. Ci aveva provato con il quotidiano l'Italia dei valori, diretto dalla socialista Delia Cipullo sotto la regia del napoletano Aniello Formisano.
Ma poi Di Pietro, dal giorno alla notte, decise di chiudere con la giustificazione moralistica e politica che l'Idv non poteva sfruttare i finanziamenti all'editoria di partito. Oggi, se fosse, dice “mi leccherei i baffi, ma non è così”, per ora “nessuno mi ha chiesto nulla e credo che non abbiano nemmeno bisogno del cappello dell'Italia dei valori”. Forse il cappello no, ma i finanziamenti? Tonino devia il discorso, ma non troppo: “Con ogni mezzo darei a quelle firme e a quelle personalità la possibilità di continuare a scrivere”.


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