Ma non avevano esportato "verboten" nel mondo?
Non ci sono più i tedeschi di una volta
Basta con i divieti, dicono i tedeschi, cioè quel popolo ordinato e disciplinato e ligio che ha esportato in tutto il mondo la parola “verboten”, divieto appunto. Una rivoluzione. Lo smantellamento di un'immagine che è più di un luogo comune: la disciplina dei tedeschi è un simbolo di una cultura.
Basta con i divieti, dicono i tedeschi, cioè quel popolo ordinato e disciplinato e ligio che ha esportato in tutto il mondo la parola “verboten”, divieto appunto. Una rivoluzione. Lo smantellamento di un'immagine che è più di un luogo comune: la disciplina dei tedeschi è un simbolo di una cultura, soprattutto per i popoli mediterranei notoriamente disordinati e, per dirlo à la Fallaci, parecchio minchioni. L'ultimo atto di questo stravolgimento è la decisione della Corte federale tedesca di dichiarare “incostituzionale” la legge che ha introdotto il divieto di fumo nei luoghi e locali pubblici all'inizio dell'anno. Il provvedimento non era piaciuto un granché, ma se i minchioni italiani – tanto per fare un esempio – avevano reagito, quando era stato il loro turno, allo stesso divieto con rassegnazione teutonica (che i giornali stranieri prontamente registrarono con grande stupore), un nutrito gruppo di gestori di piccoli locali tedeschi si era ribellato: in questo modo si favoriscono i ristoranti che hanno la possibilità di separare i fumatori dai non fumatori, è concorrenza sleale, sostenevano i ribelli. La Corte federale ha dato loro ragione.
Così dall'altro ieri nelle Kneipen (piccole osterie) dove si servono soltanto bibite e non cibo e dove non hanno accesso i minorenni, si può di nuovo fumare. “Noi tedeschi vi siamo infinitamente grati – dice Martin Sonneborn, ex direttore di Titanic, il più noto giornale satirico tedesco – Voi italiani ci avete insegnato tre cose fondamentali: come perdere le guerre, come corrompere e come raggirare le leggi”. Accidenti, i luoghi comuni. Il fatto è che i segnali di uno sfilacciamento della solida cultura teutonica erano già stati piuttosto sorprendenti. L'uomo germanico contemporaneo non è più quello di una volta. In principio ci fu Helmut Kohl e i finanziamenti illeciti alla Cdu. Ora c'è la Siemens: 1,3 miliardi di euro di fondi neri finiti non si sa bene dove. La più grande vicenda di corruzione della storia tedesca, scriveva la Frankfurter Allgemeine mercoledì. Con alcuni dei più noti manager del paese sospettati, se non di avere approfittato, almeno di aver lasciato correre.
Se l'ammontare stupisce, ecco la reazione di uno degli editorialisti di punta della Bild: “Dio mio, il mondo va avanti a mazzette. Come al solito noi tedeschi vogliamo essere anche campioni di morale”. Poi c'è l'evasione, il rapporto contrastato con il fisco. La vicenda è esplosa in febbraio grazie a un paio di cd-rom che i servizi segreti tedeschi hanno acquistato da un ricattatore: mille i cittadini, tra questi anche l'ex presidente della Deutsche Post Ag, Klaus Zumwinkel, che hanno pensato bene di affidare i loro soldi ai caveaux del Lichtenstein, piuttosto che alle casse dello stato. In tutto 4 miliardi di euro evasi.
Ma c'è anche il sesso, e c'è anche la droga. Risale a due anni fa, ma la notizia delle “gratifiche” sottobanco elargite a uno dei rappresentanti sindacali della Volkswagen, perché appoggiasse la linea del management ha fatto il giro del mondo. I bonus comprendevano viaggi di piacere in Brasile e mantenimento dell'amante. Sempre in tema di affari strettamente privati, resta memorabile l'affaire “swimmingpool”, che nel 2001 costò il posto al ministro della Difesa dell'Spd, Rudolf Scharping. Mentre il Bundestag decideva l'invio dei soldati tedeschi in Macedonia, lui sguazzava con l'amante in una piscina di Palma di Maiorca. Poi ci sono anche le vacanze sponsorizzate. Era il Capodanno del 2000. Il presidente della Bundesbank Ernst Welteke decideva di trascorrerlo con la famiglia (e fidanzata del figlio appresso) a Berlino. Scende nell'albergo più blasé della capitale, l'Adlon (settimana scorsa ha ospitato Barack Obama). Quattro giorni, tre notti, per la bellezza di 7.761 euro, pagati da una consociata della Dresdner Bank. E poi c'è stato quel passaggio fulmineo di Gerhard Schröder da cancelliere a manager della Gazprom. “Rassegnatevi – commenta Sonneborn – La storia insegna che ogni mille anni si conclude un ciclo di cambiamento antropologico. Ci siamo quasi. Siamo noi gli italiani del futuro”.


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