Mariastella del pop
Perché Mariastella Gelmini può essere considerata a buon diritto un ministro di riferimento nel panorama governativo è presto detto. Intanto, stare al ministero dell'Istruzione è una faccenda maledettamente complessa.
Leggi Da Vasco al Cav., il ritratto di Mariastella Gelmini
Perché Mariastella Gelmini può essere considerata a buon diritto un ministro di riferimento nel panorama governativo è presto detto. Intanto, stare al ministero dell'Istruzione è una faccenda maledettamente complessa: chi ha provato a fare riforme non ce l'ha fatta, chi le ha fatte le ha fatte male e chi le ha fatte bene si è visto la piazza entrare a gamba tesa, gli è toccato fare pasticci e somministrare cure peggiori dei mali. Giusto Gentile si è difeso, ma erano altri tempi. Poi, la trentacinquenne Gelmini, appena arrivata se l'è dovuta vedere con la disputa femminile tra colleghe, chi è più bella, chi è più brava eccetera, e alla presentazione del governo ha subito messo in chiaro le cose: bene il grigio Carfagna, bene il blu Prestigiacomo, bene anche la soluzione sabbiosa della Meloni, ma con il gessato non si scherza. Infine, il lavoro, quello vero. E qui un tripudio di cose buone e giuste, condite da un cattolicesimo di sostanza, figlio della provincia bresciana, da dosi massicce di buon senso e un po' di rock, perché i gusti musicali della Gelmini non puzzano di naftalina. Dalla task force contro i bulli, alla possibilità (anche solo l'emozionante possibilità) di riesumare gli esami di riparazione, fino al conservatorismo sublime del grembiule, tutto è stato letto, approvato e sottoscritto. Uno scivolone lo doveva fare anche lei.
Quando venerdì scorso Enzo Iacchetti dal palco viareggino dov'era di scena il festival dedicato a Giorgio Gaber, lanciava la proposta di introdurre lo studio del Signor G nelle scuole, forse non si immaginava che Mariastella Gelmini potesse raccogliere la palla. E invece domenica sera ai microfoni del Tg5 il ministro dell'Istruzione ha rilanciato: si potrebbe introdurre Gaber nelle scuole, creare dei percorsi per farlo conoscere e rendere oggetto di studio quel gran genio del nostro tempo. Atto assai rischioso, come avverte anche la figlia del Signor G, Dalia Gaberscik, spaventata dall'idea di costringere alla cattività un uomo impossibile da addomesticare.
Perché non Lino Banfi?. Studiare Gaber: sì, ma perché? Il ministro Gelmini, da donna di buon senso, dice che i testi di Gaber sono uno strumento di lettura del nostro tempo. Vero, ma mettendola su questo piano la lista sarebbe lunga. Perché non un seminario su Lino Banfi e la commedia all'italiana, oppure un esame monografico su Edwige Fenech? Senza contare i manuali che andrebbero scritti sulla poetica degli 883, nata quando ancora Mauro Repetto ballava come un ossesso vicino a Max Pezzali e insieme scrivevano la colonna sonora degli anni 90. Non sono pagine della storia recente italiana? Certo, non saranno geniali e impegnate come quelle di Gaber, ma ognuno ha la storia che si merita.
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