"L'inferno dalla nostra parte"

Così è caduta l'ultima maschera del serbo Radovan Karadzic

Redazione

La maschera di Radovan Karadzic è una barba bianca e folta che ricorda i romanzieri russi, quelli con il passo di Tolstoj e le psicosi di Turgenev. Il rifugio era un ufficio modesto, un ambulatorio medico alle porte di Belgrado: lì aveva accettato di vivere come un uomo normale insegnando tecniche di mediazione.

    Belgrado. La maschera di Radovan Karadzic è una barba bianca e folta che ricorda i romanzieri russi, quelli con il passo di Tolstoj e le psicosi di Turgenev. Il rifugio era un ufficio modesto, un ambulatorio medico alle porte di Belgrado: lì aveva accettato di vivere come un uomo normale insegnando tecniche di mediazione. Gli investigatori delle Nazioni Unite gli hanno dato la caccia per dodici anni. La polizia serba lo ha fermato lunedì su un autobus per Batajnica, palazzi socialisti a un pugno di chilometri dal centro della capitale. Per il Tribunale dell'Aja Karadzic è l'atroce protagonista dell'ultima guerra d'Europa, del conflitto che ha lacerato i Balcani durante gli anni Novanta. E' il boia di Srebrenica, la iena dell'assedio a Sarajevo, lo scientista della pulizia etnica contro croati e musulmani.
    A quel tempo era il leader della piccola Serbia di Bosnia e dirigeva il governo provvisorio da una stanza del Panorama, un hotel sulle montagne che segnano il confine fra le due nazioni dell'ex Jugoslavia, una ortodossa, l'altra musulmana.

    Nell'ambulatorio di Batajnica era tornato a visitare pazienti: firmava ricette e pubblicava saggi con il nome che aveva scelto per la sua seconda vita, Dragon Dabic. Come faceva prima di scoprire la politica, prima che la fine del comunismo mescolasse credo e passaporti nelle terre del maresciallo Tito. La storia di Karadzic è il ritratto di un intero popolo. E' nato in Montenegro nel ‘45. Il padre, nazionalista serbo, è finito in carcere quando i socialisti hanno preso il potere. Ancora ragazzo è partito per Sarajevo, ha studiato da psichiatra e ha scritto una tesi sulla paranoia. Era spigliato, liberale, spettinato. I colleghi di lavoro lo ricordano per il tic della poesia. La passione per la politica inizia negli anni Ottanta ma culmina nel 1992, durante la crisi della Repubblica di Bosnia. Karadzic rappresenta la minoranza serba e incarna le frustrazioni di un popolo che chiedeva la protezione di Belgrado da una presunta minaccia portata dai musulmani. “Oggi neanche i nostri gatti possono convivere con quelli dei musulmani e dei croati – aveva detto durante uno degli incontri con Marzio Mian, autore della biografia “Karadzic. Carnefice, psichiatra, poeta” – I bosniaci non sono comunicativi e quando non parlano tu pensi alle loro intenzioni”.

    E' l'odio letterario dello scrittore Ivo Andric, la paura che colpisce chi combatte: penetra la ragione, intorpidisce i pensieri e rovescia concezioni che sembravano incrollabili. E' la paranoia che il medico Karadzic aveva nutrito nella villetta rosa che divideva con la moglie e i due figli a Pale, l'incubo privato divenuto dottrina di stato nei discorsi ai serbi di Bosnia. A Sarajevo i cecchini hanno ucciso dodicimila persone nell'assedio durato dal 1992 al ‘96. Karadzic amava visitare le postazioni dell'artiglieria in tuta mimetica assieme al capo dell'esercito, Ratko Mladic, ancora latitante. A Srebrenica i morti furono ottomila: nella deposizione all'Aja, un militare ha parlato di 1.200 fucilazioni al giorno. Un carro armato con la svastica e un pene al posto del cannone era la firma lasciata dalle milizie di Arkan sui muri di una fabbrica alle porte della cittadina bosniaca. “Hai già saputo: l'inferno è passato dalla nostra parte – dice una poesia scritta da Karadzic – I cerberi camminano per le strade e cacciano i nostri sguardi teneri”.

    Ne mancano almeno altri due. Dopo l'arresto, il procuratore capo del tribunale serbo per i crimini di guerra ha ordinato l'estradizione di Radovan Karadzic all'Aja, dove sarà giudicato per crimini di guerra. La stessa fine toccata all'ex presidente serbo, Slobodan Milosevic, trovato morto in una cella dell'Aja l'11 marzo del 2006. Karadzic ha definito il primo interrogatorio “una farsa” e avrebbe minacciato di possedere carte segrete capaci di compromettere numerosi leader politici europei. La sua cattura è considerata una vittoria politica del presidente serbo, Boris Tadic: la Commissione europea è pronta a sbloccare l'Accordo di stabilizzazione e associazione con la Serbia, che avvicinerebbe il paese all'Ue. Ma adesso le ricerche si concentrano sugli ultimi due criminali di guerra rimasti in libertà, l'ex capo militare dei serbo-bosniaci Ratko Mladic e l'ex leader dei serbi di Krajina Goran Hadzic. Il nuovo premier, Mirko Cvektovic, ha chiesto ai superlatitanti di consegnarsi alle autorità. Nel frattempo, però, il governo dovrà chiarire come sia riuscito Karadzic a riscrevere la propria vita sotto le mentite spoglie del medico “new age” Dragon Dabic.