Dal Foglio del 19 giugno

Bill Emmott ci dice che forse l'unica Europa possibile è questa

Redazione

Se la Costituzione europea doveva essere buttata nel cestino, quando ancora gli eurocrati si congratulavano l'un l'altro per l'ottimo lavoro, figurarsi che fine dovrebbe fare il suo succedaneo, quel Trattato di Lisbona che gli irlandesi hanno bocciato decretando una nuova crisi europea.

    Roma. Se la Costituzione europea doveva essere buttata nel cestino, quando ancora gli eurocrati si congratulavano l'un l'altro per l'ottimo lavoro, figurarsi che fine dovrebbe fare il suo succedaneo, quel Trattato di Lisbona che gli irlandesi hanno bocciato decretando una nuova crisi europea. Bill Emmott, ex direttore dell'Economist ora columnist e scrittore (l'ultimo suo libro è “Asia contro Asia”, edito da Rizzoli), non è mai andato con la mano leggera rispetto alla mania europea di dotarsi di trattati e protocolli incomprensibili e alienanti. Racconta al Foglio che nel 2004 aveva dedicato due copertine del magazine britannico alla questione, “una in cui la Costituzione finiva in un cestino, l'altra in cui un arbitro tirava fuori il cartellino rosso contro la Costituzione, con il suggerimento agli europei di fare lo stesso”. Gli europei non avevano certo bisogno di una spinta in quel senso, “ogni volta che votano – dice Emmott – è per dire no”, ma pure Bruxelles se le va a cercare: “Basta vedere il Trattato di Lisbona, cioè un trattato che è nato per evitare nuovi trattati e riavvicinare gli europei all'Europa”.

    Da qualche parte però bisognerà pure incominciare. E' vero che l'euroburocrazia è ormai diventata buona per le barzellette, ma il passaggio da un'istituzione economica a una politica necessita di qualche genere di regolamentazione. “Ci vorrebbe qualcosa di snello e agile – suggerisce Emmott – facile da maneggiare, in modo che poi non si possa dire, come hanno fatto anche gli irlandesi, che ‘il trattato non è stato capito'”. Oppure si potrebbe mettere in pratica la mozione Lucio Caracciolo e Daniel Cohn-Bendit, i quali nei giorni scorsi hanno detto al Foglio che l'Europa andrebbe rifondata, tutti i paesi andrebbero rinterpellati definitivamente per sapere se vogliono stare dentro o fuori l'Unione. “Sarebbe bellissimo – commenta Emmott – ma tanto non succederà mai”.

    La tattica dell'Europa è sopravvivere, “anche in questo caso si è già trovata una mezza soluzione, rinviando il referendum irlandese a data da destinarsi, occupandosi ora delle faccende più urgenti e sperando che il tempo calmi l'euroscetticismo”, dice l'ex direttore dell'Economist. Di bocciatura in bocciatura, l'Unione europea è andata avanti così, in apnea. Eppure aveva alcune sacche di ossigeno cui attaccarsi, ma non ha saputo sfruttarle bene, le ha disperse. “L'allargamento, per esempio, o le possibilità di una maggiore mobilità nel mercato del lavoro – continua Emmott – Bruxelles non è mai riuscita a spiegare agli stati dell'Ue le opportunità racchiuse in questi processi, anzi, ha lasciato che tutto si risolvesse con lo spettro dell'idraulico polacco”.

    Ora c'è il tentativo di Nicolas Sarkozy, presidente francese e presidente di turno dell'Ue a partire da luglio, di concentrarsi sui temi più urgenti (e popolari) e scovare soluzioni. Il suo primo ministro, François Fillon, ieri ha spiegato all'Assemblea nazionale che bisogna trovare parole nuove per spiegare l'anima comune di un'Europa che “deve proteggerci, sedurci, farci crescere”. Sarkozy, com'è sua natura, pensa ai fatti più che alle parole: per immigrazione e sicurezza ci sono piani avviati, cui il Parlamento europeo ha già dato seguito. Ma la domanda di fondo, se quest'Europa vada rifondata completamente o no, non trova risposta. “Non credo che si debba tornare indietro alla versione dell'Ue come area di libero mercato – dice Emmott – L'idea di un'Ue politica deve andare avanti, soprattutto per quel che riguarda la difesa comune, ma alle ambizioni bisogna dare un sostegno pratico e comprensibile, altrimenti restano senza speranza”.

    Sì, ma come? Se non si rifonda da capo, se non si accetta che sia soltanto un'efficiente federazione economica ma neppure che sia una solida istituzione politica, che soluzione c'è per l'Europa? Emmott ride, la domanda se l'è posta tante volte da solo e già da parecchio tempo, ma “la soluzione all'enigma non c'è”. Forse, in fondo, basterebbe ammettere che quest'Europa bistrattata, in perenne periodo di riflessione e con tante inefficienze è la migliore che c'è. Emmott ci pensa un po', spiega che qualcosina andrebbe comunque riformata, però sì, forse sì, forse “non potremo avere un'Europa migliore di così”.