Tra il loft e la Casa Rosada
Il governo del CaW corre spedito e senza divisioni vere tra la luce e l'ombra
Il problema del governo ombra è che sembra un organo di consultazione e di ratifica, con pochi distinguo, dell'attività cominciata con grande forza dall'esecutivo berlusconiano. Sui dossier principali che impegnano la maggioranza, sicurezza, finanze e spazzatura – ma pure il federalismo che affratella sempre più Roberto Calderoli e Sergio Chiamparino, i quali si vedranno nuovamente la settimana prossima – c'è più concordia di quanto lascino immaginare le polemiche d'occasione o le campagne dell'Unità. Oggi Walter Veltroni riunisce il proprio organismo e lo fa meditando di ricercare una visione meno critica e più alternativa al disegno di Palazzo Chigi.
Roma. Il problema del governo ombra è che sembra un organo di consultazione e di ratifica, con pochi distinguo, dell'attività cominciata con grande forza dall'esecutivo berlusconiano. Sui dossier principali che impegnano la maggioranza, sicurezza, finanze e spazzatura – ma pure il federalismo che affratella sempre più Roberto Calderoli e Sergio Chiamparino, i quali si vedranno nuovamente la settimana prossima – c'è più concordia di quanto lascino immaginare le polemiche d'occasione o le campagne dell'Unità. Oggi Walter Veltroni riunisce il proprio organismo e lo fa meditando di ricercare una visione meno critica e più alternativa al disegno di Palazzo Chigi. E' infatti opinione diffusa, nel loft, che il nuovo governo stia esordendo in modo perfino troppo efficace rispetto alle attese. Nel caso del dicastero ombra affidato a Marco Minniti (Interno), il rapporto con il titolare del Viminale Roberto Maroni si sviluppa in piena continuità con le buone relazioni tra l'ex alleato leghista e Massimo D'Alema. Nella sostanza i due si consultano quasi ogni giorno, oggi si affronteranno con i guanti di seta in un faccia a faccia televisivo (Matrix), e di fatto il reato d'immigrazione clandestina vale per il ministro ombra come un bersaglio benedetto contro il quale pronunciarsi per evitare di apparire come un funzionario di Maroni. Oltretutto Minniti ha fin da subito riconosciuto che una parte consistente dei provvedimenti adottati dal Viminale erano (inutilmente) contenuti nei piani del ministro Giuliano Amato. Discorso non dissimile sul pacchetto economico relativo al decreto legislativo sull'Ici, sui tassi variabili per i mutui e sulla detassazione degli straordinari. Pure in questo caso l'omologo ombra di Giulio Tremonti (Economia), l'ex ministro Pier Luigi Bersani, fatica a trovare una leva sulla quale issare un dissenso credibile. Lo si è notato anche ieri nella assise di Confindustria. Arrivando all'assemblea degli industriali, il massimo del vigore polemico espresso da Bersani è questo: “A giugno entra in vigore la nostra legge che toglie l'Ici al 40 per cento delle case e la riduce a tutte le altre, un intervento già molto significativo”. Circa i provvedimenti che interessano le banche (e non soddisfano i consumatori): “Va tutto bene se si va avanti nella direzione di garantire mobilità al consumatore”. Quindi un residuo di sinistra: “La priorità ora è il potere d'acquisto, in quel quadro potremmo considerare anche l'intervento sugli straordinari”. Sintesi: i rilievi del governo ombra non fanno notizia come le intemperanze pilotate sulle frequenze televisive, come le relazioni cordiali tra Emma Marcegaglia e il governo, come il patto implicito di consultazione tra Maroni e Minniti (più arduo per Bersani stabilire un modus operandi con Tremonti). Al fondo c'è che il consenso di cui gode in questi giorni il governo è uguale se non superiore a quello ottenuto in campagna elettorale. Raramente s'era notata una tensione emotiva così diffusa e favorevole per il governo in carica a un mese dalle elezioni. L'armonia nel CaW aiuta. Dopodiché c'è la questione di Napoli, dove i rapporti di potere sono capovolti poiché sia il comune sia la regione sono amministrati dall'Unione. Ieri il Foglio aveva scritto che il vento soffia forte verso il Cav., il quale però cerca di non strafare nell'affondo contro il governatore Antonio Bassolino. Più a rischio la posizione del sindaco, Rosa Russo Iervolino, la quale però in un'intervista concessa ieri al Corriere del Mezzogiorno mostra d'aver perduto ogni antipatia verso Berlusconi. Il cui piano per eliminare la spazzatura le piace: “Mi sembra articolato e preciso” e “mi toglie le castagne dal fuoco”. Dunque pax napolitana? Il programma è questo: il governo centrale conta di ripulire capoluogo e dintorni entro novanta giorni, dopodiché salterà fuori il nome del candidato di centrodestra, si riprenderà a battagliare contro il successore del dimissionario Bassolino (che nel frattempo avrà recuperato grazie al Cav. un'immagine adeguata per un futuro onorevole) e, una volta sancito il verdetto sulla regione (che s'intuisce favorevole al Pdl), anche le clientele di Iervolino si rivolteranno anticipandone la scadenza del mandato. Fra i berlusconiani si punta sui confindustriali Antonio D'Amato (ma stavolta è lui a sollecitare la chiamata berlusconiana) e Gianni Punzo, o sui più politici Italo Bocchino (il potenziale Alemanno della Campania) e Mara Carfagna. Va da sé che fra questi nomi dovrebbe esserci anche quello del prossimo sindaco napoletano.


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