Tra virgolette

Oneri e onori

Redazione

Pubblichiamo ampi stralci dell'articolo di Rachel Donadio su Giuliano Ferrara pubblicato sul New York Times (Week in Review) e intitolato “L'ateo che esorta l'Italia a essere religiosa”.

Alle elezioni italiane del prossimo fine settimana, il carismatico miliardario e leader del centrodestra Silvio Berlusconi potrebbe riemergere nuovamente dalle ceneri, questa volta per sconfiggere Walter Veltroni, il baby-boomer fan del rock-and-roll che ha appena lasciato l'incarico di sindaco di Roma. Se vincesse, per Berlusconi sarebbe il terzo mandato. Per Veltroni sarebbe la prima volta. Ma non sono queste le figure più interessanti. Sono semplicemente i soliti sospetti di un panorama politico quasi del tutto incomprensibile a chi non lo conosce dal di dentro, in cui gli stessi politici salgono e scendono dalla ribalta del palcoscenico, promettendo riforme ma portando soltanto ristagno o addirittura declino.

    Pubblichiamo ampri stralci dell'articolo di Rachel Donadio su Giuliano Ferrara pubblicato sul New York Times, intitolato “L'ateo che esorta l'Italia a essere religiosa”.

    Roma. Alle elezioni italiane del prossimo fine settimana, il carismatico miliardario e leader del centrodestra Silvio Berlusconi potrebbe riemergere nuovamente dalle ceneri, questa volta per sconfiggere Walter Veltroni, il baby-boomer fan del rock-and-roll che ha appena lasciato l'incarico di sindaco di Roma. Se vincesse, per Berlusconi sarebbe il terzo mandato. Per Veltroni sarebbe la prima volta. Ma non sono queste le figure più interessanti. Sono semplicemente i soliti sospetti di un panorama politico quasi del tutto incomprensibile a chi non lo conosce dal di dentro, in cui gli stessi politici salgono e scendono dalla ribalta del palcoscenico, promettendo riforme ma portando soltanto ristagno o addirittura declino.
    Ma c'è un candidato diverso da tutti gli altri. E' Giuliano Ferrara, un comunista diventato conservatore, l'intellettuale più dinamico e più provocatoriamente mercuriale nel panorama italiano. Direttore di un quotidiano ed ex ministro, Ferrara è noto soprattutto come conduttore televisivo, capace di combinare la teatralità politica di un Abbie Hoffman con la fantasia retorica di un William F. Buckley. La vita politica italiana è sempre stata assurda, ma il tocco teatrale infusole da Ferrara scuote qualcosa di più profondo. E' una specie di barometro culturale, perfettamente in sintonia con la disperazione dell'umore nazionale. Anziché impegnarsi nelle schermaglie politiche dei principali candidati, Ferrara, con la sua insistenza sulle idee, risveglia le ansie italiane sul futuro dell'Europa, sul disfacimento dell'identità nazionale, sull'aumento dell'immigrazione e il declino della fede cristiana. Nell'ultima incarnazione, Ferrara si è candidato al Parlamento per una lista monotematica antiabortista. Ateo dichiarato, ha chiesto una “moratoria” sull'aborto per richiamare l'attenzione sul valore della vita.
    “Vorrei vincere, sarebbe una cosa davvero straordinaria – ha dichiarato in un'intervista rilasciata poco tempo fa – Sono un uomo in cerca di idee, non di voti. Questo è soltanto un mezzo”. La campagna di Ferrara non ottiene riscontri positivi nei sondaggi, ma la sue manifestazioni hanno ricevuto grandi appoggi e suscitato parecchie proteste. La scorsa settimana, a Bologna, alcuni giovani manifestanti gli hanno lanciato pomodori e la polizia è dovuta intervenire per tenere a bada la folla. Ciononostante, Ferrara ha contribuito a porre sul tavolo della discussione importanti questioni sociali – con grande fastidio dei principali candidati, i quali temono che Ferrara possa polarizzare l'elettorato. Berlusconi, per esempio, si è rifiutato di accogliere Ferrara nella sua coalizione di centrodestra.
    Ferrara, già da tempo tra i protagonisti della tragicommedia della politica italiana, è stato fino a poco tempo fa il conduttore di una trasmissione molto seguita, “Otto e mezzo”. Ha rinunciato alla conduzione per candidarsi, ma continua a essere direttore del Foglio, un “gadfly newspaper” (un quotidiano critico e puntiglioso, quasi un insetto fastidioso) da lui fondato nel 1996 grazie all'appoggio finanziario di Berlusconi. Il giornale mantiene una linea eclettica e rara in Italia: allo stesso tempo neocon, teocon e libertario; filoamericano e filoisraeliano, appoggia la guerra in Iraq; si scaglia contro il potere dei magistrati e si mostra amichevole nei confronti del Vaticano. Ha una spiccata tendenza a scioccare i suoi lettori: una volta ha pubblicato un'immagine a tutta pagina di un soggetto omosessuale fotografato da Robert Mapplethorpe.
    Giuliano Ferrara, cinquantasei anni, ci ha accolto nella sua casa di Roma per parlare della sua evoluzione politica e della sua campagna elettorale. Era venerdì santo, e pioveva a dirotto (…). Ferrara è un uomo dal fisico corpulento, con una folta barba rossa e brillanti occhi azzurri, e potrebbe sembrare un cantante lirico, il quarto tenore. Persona dal carattere esuberante, quel giorno aveva la febbre e appariva visibilmente stanco. Seduto su una poltrona di pelle, si è acceso la prima di molte sigarette. “Candidarmi per l'incarico di primo ministro non mi interessa affatto”, ha dichiarato, aggiungendo: “E' uno stress enorme”. Le idee sono un altro affare. Nato da una famiglia di comunisti della classe medio-alta, Ferrara ha trascorso parte della sua infanzia a Mosca, dove suo padre era corrispondente del quotidiano comunista L'Unità. A vent'anni è diventato il principale responsabile del Partito comunista nella fabbrica torinese della Fiat, quando i rapporti tra imprenditori e operai erano tesi e le Brigate Rosse cercavano di destabilizzare il paese. Ma è entrato in polemica con i comunisti più radicali e nel 1982 ha lasciato completamente il partito, diventando il suo più celebre e tenace apostata. Dopodiché ha scoperto e si è infatuato del filosofo politico Leo Strauss (…). Poi è arrivato il socialismo. Alla metà degli anni Ottanta Ferrara è diventato consigliere del leader socialista Bettino Craxi, il quale era convinto che sarebbe riuscito a riformare e trasformare il paese. Ma all'inizio degli anni Novanta Craxi è rimasto vittima di un enorme scandalo di corruzione. Il collasso del vecchio regime ha aperto la strada alla discesa in campo di Berlusconi, l'uomo più ricco d'Italia. Nel 1994 Ferrara è diventato così un fidato consigliere di Berlusconi e del suo partito Forza Italia, facendo anche il ministro nel primo breve governo Berlusconi. Nel 2003 Ferrara ha scatenato grande scompiglio rivelando, dalle colonne del Foglio, di essere stato negli anni Ottanta un informatore stipendiato dalla Cia, con il compito di spiegare all'agenzia le dinamiche della politica italiana.
    Una traiettoria di questo genere poteva essere possibile soltanto in Italia, dove la linea di demarcazione tra politica e giornalismo, idee ed esibizionismo, apparenza e realtà, rimane confusa. Agli occhi dei suoi sostenitori, Ferrara ha saputo operare una trasformazione che il paese non è stato invece capace di realizzare: lo lodano per avere cercato di introdurre nuove idee nel regno machiavellico della politica. Per i suoi avversari è invece soltanto un opportunista, un consigliere continuamente alla ricerca di un nuovo principe, un misogino ficcanaso che cerca di sottrarre il voto cattolico alla sinistra.
    “Sembra una specie di ping-pong, come un desiderio di spericolate avventure – ha detto Ferrara parlando della sua evoluzione politica – E invece è un segno di integrità. Sono una persona terribilmente noiosa. Le mie idee sono sostanzialmente le stesse, da quando ero un giovane comunista fino a oggi, che sono un anziano ratzingeriano”. La sostanza, ha spiegato, è rimasta la stessa: “Odio l'ipocrisia e la falsità”. E ha citato Churchill: “Preferisco avere ragione piuttosto che essere coerente”.
    Per molti aspetti la campagna antiabortista di Ferrara appare sconcertante. Con tutti i problemi che deve affrontare l'Italia (…), il problema dell'aborto e della ricerca sugli embrioni dovrebbe essere l'ultima delle sue preoccupazioni. Ma un rapido sguardo sui principali candidati delle prossime elezioni può contribuire a spiegare l'impulso a fare gesti teatrali, se non addirittura le stesse idee di Ferrara.
    Walter Veltroni, un ex comunista dalle buone maniere, ha adottato per la propria campagna lo slogan di Barack Obama, “Yes we can”. Ma probabilmente non è in grado di fare nulla. Non ha il carisma e lo slancio di Obama, e neppure il sostegno necessario per realizzare le riforme economiche di cui c'è assoluto bisogno. Non che Berlusconi appaia smanioso di fare riforme. Anzi, ha persino cercato di mettere insieme un gruppo di investitori (compresi i suoi figli) per acquistare l'Alitalia, che fino alla scorsa settimana sembrava destinata all'assorbimento da parte di Air France-Klm. “L'ipotesi che un possibile primo ministro acquisti la compagnia aerea nazionale e poi nomini il ministro dei Trasporti e delle Finanze è completamente assurda”, ha detto Ferrara. Se vince Berlusconi, ha aggiunto, la residenza del primo ministro, Palazzo Chigi, inizierà ad “assomigliare più alla Casa Rosada (la residenza di Peron in Argentina) che alla Casa Bianca”.
    Chi non è italiano rimane spesso sconcertato dal fatto che Berlusconi possa rimanere allo stesso posto anche dopo essere stato giudicato colpevole, e poi prosciolto, in numerosi processi per corruzione. Ma il cinismo penetra nelle vene della cultura italiana: è opinione comune che i politici si facciano eleggere per poter arraffare più facilmente e che il sistema giudiziario sia esposto a ogni genere di manipolazione politica. Gli italiani sono anche restii al moralismo. (…) Ma, soprattutto, gli italiani non hanno saputo creare una coalizione sufficientemente forte per togliere di mezzo Berlusconi, l'incarnazione stessa di una cultura politica corrotta, nella quale tutti si trovano coinvolti.
    Alla luce di tutto ciò, la campagna di Ferrara appare come una specie di appello alla vita in un paese minacciato dalla morte e dal declino. Ciononostante, la campagna può essere surreale. Quando, in seguito a un controllo sanitario, si è scoperto che era stato effettuato un aborto illegale su un feto con la sindrome di Klinefelter (tra i cui effetti vi è lo sviluppo di grandi mammelle e un'atrofia dei testicoli), Ferrara ha sostenuto che questo non era un motivo sufficiente per abortire, dichiarando che lui stesso potrebbe essere affetto dalla sindrome. Ma Ferrara non è certo la persona più giusta per una crociata antiabortista: ha ammesso che, quando era ancora giovane, tre sue partner hanno abortito. In effetti, nessuno sembra comprendere quali siano realmente le intenzioni di Ferrara. Ha avviato questa sua strana crociata proprio quando, grazie al suo programma “Otto e mezzo”, aveva conquistato una credibilità nazionale, riconosciutagli persino dalla sinistra. La campagna ha lasciato perplessi anche i suoi amici più stretti, come l'editorialista ed ex radicale di sinistra Adriano Sofri, che ha scritto un libro, intitolato “Contro Giuliano”, per chiedergli di riconsiderare la sua posizione.
    Una domanda che sorge spontanea è se Ferrara non stia cercando di aprirsi una via verso la chiesa, ritenuta come l'ultima speranza per una politica delle idee. Ferrara rifiuta quest'ipotesi. “Non chiedo affatto il sostegno della chiesa. E naturalmente è altrettanto vero che non posso contare su di esso”. Tre autorevoli riviste cattoliche hanno criticato la campagna di Ferrara, sostenendo che le questioni di fede devono rimanere nella sfera privata. Ma in occasione di una recente visita in una chiesa nel quartiere in cui abita Ferrara, Papa Benedetto XVI gli ha stretto la mano. Ferrara ha dichiarato di avere una “relazione” con la chiesa, ma nessun legame politico. Molti italiani hanno osservato un ritorno del conservatorismo religioso dopo l'elezione di Benedetto XVI nel 2005. In quell'anno il governo Berlusconi ha approvato una legge per limitare le possibilità di fecondazione artificiale e la stampa cattolica è riuscita a convincere gli italiani a rifiutare un referendum per chiederne l'annullamento. In un articolo pubblicato su New Statesman nel 2006, il giornalista inglese esperto di cose italiane Tim Parks ha scritto che “il mutamento fondamentale” avvenuto nella vita italiana dopo il 2001 è stato “il collasso di ogni grande ideale politico”, cui si è accompagnata “la rinuncia alle proprie radici cristiane” da parte di tutti i politici. Da parte sua, Ferrara dice di rimanere un ateo. “Non mi sono convertito al cattolicesimo. Continuo a essere un non credente, anche se la mia concezione della ragione è quella di una ragione che è aperta al mistero”. Quali che siano le sue motivazioni, la sua nuova crociata è rivelatrice tanto della natura del potere in Italia quanto del vuoto di potere che si è aperto nel paese. Dopo tutto, come aveva osservato il critico Nicola Chiaromonte alla fine degli anni Quaranta, “in Italia la chiesa non offre il paradiso bensì protezione dai colpi della storia”.