Operazioni clandestine Lo strano caso del Nobel per la Pace Obama e dei suoi “crimini di guerra” C’è stato un momento in cui si parlava soltanto di droni: erano l’unico strumento certo della politica estera americana, poco democratico ma molto efficace, un programma abbastanza clandestino da piacere a un presidente che tende a non assumersi grandi responsabilità se non in caso di grande consenso, ma comunque utile quando dà la possibilità di dichiarare che “la leadership di al Qaida è stata decapitata”. Poi a un certo punto il drone è diventato un problema per Barack Obama, un problema legale e un problema morale, e stop, non se n’è più parlato. 23 OTT 2013
Casa Yellen Janet Yellen adora la “cafeteria” della Federal Reserve. Quando fu nominata nel board della Fed nel 1994, le fu detto che andare in mensa non era adeguato al suo status, ma lei se ne infischiò: “Mangiare lì con il mio staff è un buon modo per capire che cosa pensano le persone, che cosa hanno in testa”, spiegò. La verità è che in quella cafeteria aveva conosciuto, nel settembre del 1977, il suo futuro marito: fu amore a prima vista, nel giugno dell’anno successivo erano già sposati, lo sono ancora, anzi oggi sono la “power couple” dell’establishment economico americano – e mondiale. 10 OTT 2013
Il presidente, la tv, la pizza e la stagista. Nostalgie pop di shutdown vissuti C’è un video che risale allo shutdown americano del 1995, in cui John Boehner, deputato conservatore dell’Ohio con occhi irresistibili, rispondeva al comunicato con cui il presidente Bill Clinton annunciava l’impossibilità di trovare un accordo con i repubblicani sul budget: “Lo stato è diventato troppo grande e troppo costoso – diceva Boehner – e non possiamo più stare a guardare, e vedere che i nostri figli sono condannati alla bancarotta. Questo non è il momento di giocare a golf, come ha fatto ieri il presidente, questo è il momento di tornare indietro”. 03 OTT 2013
La Merkel non è la Thatcher Le donne al potere hanno il problema di essere donne e come tali di dover sottostare ai paragoni tra donne. Sarà che sono poche, sarà che sono tutte toste (“iron” vi dice qualcosa?), sarà che con i cliché si riempiono articoli con il minimo sforzo, ma ci sono alcune comparazioni che, per quanto affascinanti, non reggono. Per esempio: Angela Merkel non è come Margaret Thatcher. Si potrebbe dire che le piacerebbe, ma non sarebbe giusto nei confronti della cancelliera tedesca che ha mostrato forza e coerenza straordinarie, un profilo basso per una determinazione alta, ma ancora: non è come la Thatcher. 28 SET 2013
Un Obama “incredibilmente piccino” Ieri era l’11 settembre, il dodicesimo anniversario dell’attacco alle Torri gemelle a New York, ed era anche il compleanno di Bashar el Assad, quarantotto anni, e chissà che feste a Damasco per lo strike scongiurato (per ora), e soprattutto per l’accartocciamento della leadership occidentale in diretta tv con il discorso di Barack Obama sulla guerra un po’ giusta e un po’ no in Siria. L’offensiva mediatica del presidente americano – in due giorni sei interviste televisive, lo speech, una quantità inusitata di retroscena che colano stordimento: anche i grandi esperti dell’obamismo sembrano pugili suonati – è quanto di meno offensivo si potessero augurare Assad e i suoi alleati. 12 SET 2013
I due burocrati L’interventismo liberal è rimasto nelle mani tremolanti di Hollande e Kerry Ora che Barack Obama ha deciso di chiedere l’appoggio del Congresso per un’azione in Siria, non gli resta che ottenerlo, quell’appoggio, perché se arriva un no, uno sgarbo plateale, il presidente americano è destinato a non riprendersi più. Ecco che la Casa Bianca ha iniziato un “massive, member-by-member lobbying surge”, come lo definisce Mike Allen di Politico, briefing su briefing, tutti devono sapere che le operazioni siriane s’hanno da fare, non certo e non più per salvare vite umane, quanto piuttosto per salvare la legacy obamiana. Leggi anche Test missilistico nel Mediterraneo orientale - Raineri Obama chiede i superpoteri - O’Bagy Sul fronte della guerra siriana 03 SET 2013
Lo scontro al Cairo L’Egitto contro il “fascismo religioso” In Egitto è in gioco l’identità del paese contro “il fascismo religioso” dei Fratelli musulmani, dice al Foglio l’ambasciatore egiziano in Italia, Amr Helmy, l’occidente dovrebbe esplicitare una posizione chiara e sostenere questa trasformazione, “il progetto dell’occidente con i Fratelli musulmani è fallito”. Helmy ha i toni affabili di un diplomatico di lungo corso – quello in Italia è il suo ultimo incarico, ci dice la sua segretaria, aspettando l’ambasciatore in una delle sale della splendida sede di Villa Savoia a Roma – ma quando si parla del governo dei Fratelli musulmani non risparmia parole dure. 31 LUG 2013
Il peso di Obama “Abbiamo da sempre un buon rapporto con i generali egiziani – ha detto il democratico Richard Durbin, numero due del Senato americano, domenica a ‘This Week’ – Ma dobbiamo chiarire all’Egitto, così come abbiamo fatto con la Libia e la Siria, che sparare sul proprio popolo è inaccettabile da parte di chiunque”. In realtà la soglia dell’accettabilità, per l’America, è ben più in là di dove la posiziona il senatore Durbin, ma quel che più è grave è che nessuno sta ascoltando le “chiarificazioni” di Washington. 30 LUG 2013
Scandalo a New York Ha imparato, Anthony Weiner, che negare l’evidenza quando le prove sono online non è saggio, meglio ammettere tutto e subito piuttosto che inventarsi hacker sconosciuti che entrano nel tuo account di Twitter e spediscono tue foto in mutande, meglio scusarsi in gran fretta con uno show da pentimento reiterato – la presenza della moglie con gli occhi e la voce bassa in questi casi aiuta. Ha imparato, Anthony Weiner, a non essere mai troppo sicuro nel dichiarare la propria riabilitazione, se si sa che c’è ancora una marea di roba, in giro per la rete, in grado di travolgerti nuovamente: meglio mettere le mani avanti, dichiarare che “usciranno altre cose” quando tutti sono disposti a perdonarti perché la penitenza l’hai fatta. 25 LUG 2013
“Un atto di guerra” Il Pentagono ha cinque opzioni in Siria, ma non pensa di cacciare Assad La campagna americana in Siria sarà lunga, costosa e comporta gravi rischi di insuccesso, dice il Pentagono, che ha fornito per la prima volta al Congresso la lista dettagliata delle opzioni militari per fermare la guerra civile in Siria – con una lettera di tre pagine del presidente del Joint Chiefs of Staff, il generale Martin Dempsey, al capo della commissione Forze armate del Senato, il democratico Carl Levin. Il generale sottolinea (letteralmente) che il suo è un consiglio su “come la forza può essere utilizzata in modo da decidere se debba essere utilizzata”, e rivela tutto il suo scetticismo sull’intervento militare. 23 LUG 2013